L'ATTUALITÀ DELLA REGOLA DI S. BENEDETTO


LA RADICALE VITA CRISTIANA

Un esercizio di immaginazione spirituale

 

Estratto e tradotto da "The radical Christian life - A year with Saint Benedict (La radicale vita Cristiana – Un anno con San Benedetto)" di Joan Chittister O.S.B. - Liturgical Press 2011 [1]


 

Ci sono due storie, una dei maestri Sufi e una dei monaci del deserto, che potrebbero avere molto da raccontare su cosa significhi vivere una vita cristiana radicale ai nostri tempi.

Nel primo, i Sufi raccontano di un anziano spirituale che chiese ai discepoli di indicare quale fosse la qualità più importante nella vita: la saggezza o l'azione? "E' l'azione, ovviamente" dissero i discepoli. "Dopo tutto, a che serve la saggezza se non si manifesta in azione?" "Ah, sì," disse il maestro, "ma a che serve l'azione che procede da un cuore non illuminato?" O, per dirla in altro modo, l'operosità da sola non è sufficiente per qualificarci come persone spirituali. Dobbiamo essere impegnati nelle cose giuste.

Nel secondo racconto dei monaci del deserto, Abba Poemen dice che Abba Giovanni Nano aveva pregato Dio di allontanare da lui le passioni in modo che potesse essere liberato da ogni sollecitudine. "In effetti", Abba Giovanni gli riferì: "Ora mi trovo in pace totale, senza un nemico". Ma Abba Poemen gli disse:" Davvero? Bene, in quel caso, vai a chiedere a Dio di suscitare ancora un conflitto dentro di te, perché è attraverso il conflitto che l'anima progredisce". E dopo di ciò, quando arrivò il conflitto, Abba Giovanni non pregò più di esserne liberato. Ora pregava semplicemente: "Signore, dammi la forza di lottare".

Osservazione: non intendiamo essere osservatori a distanza della vita. Dobbiamo dedicarci noi stessi per modellarla, per quanto difficile possa essere al giorno d'oggi.

Questo impegno per la co-creazione è un grande compito, un nobile compito per cui dare una vita, ma non è per niente semplice. Siamo in un momento cruciale del tempo in cui viviamo - a metà strada tra la certezza del passato, le esigenze del presente e la prospettiva del futuro. È di nuovo un momento nella storia umana che ha bisogno di una profonda saggezza e richiede una sacrosanta lotta.

All'alba del ventunesimo secolo, il mondo sta cambiando. In effetti, il mondo si muove vertiginosamente. Come cultura, ci stiamo spostando dall'essere isolazionisti ed indipendenti all'essere globali ed interdipendenti.

È un mondo in cui "Cattolico e Protestante" si sono fusi nell'essere semplicemente cristiani uniti ed i nostri nuovi vicini ed i loro templi, monasteri e moschee, sono Indù, Buddisti, Ebrei e Musulmani.

Il nostro compito ora è di essere comunità Cristiane radicali - qui ed ora - non fossili di una realtà passata, non resti di un'epoca d'oro precedente. Ora abbiamo bisogno di una nuova saggezza e di un nuovo tipo di lotta per determinare ciò che dobbiamo essere e fare nel mezzo di questi tempi mutevoli.

Le nostre scelte sono chiare: possiamo andare avanti ancora e diventare qualcosa di nuovo per far lievitare il nuovo, oppure possiamo riandare indietro nel tempo nel tentativo di mantenere ciò che conosciamo meglio ma che è già passato.

La domanda è quindi: cosa significa essere una radicale comunità Cristiana in tempi come questi? E come svolgiamo questo compito?

La scelta è nostra. Ma non facciamoci ingannare: non solo non è una scelta facile; non è neanche un compito facile.

La stessa mappa del mondo sta cambiando mentre siamo qui: persone muoiono di fame sugli schermi televisivi nei nostri alloggi familiari. Persone che hanno lavorato duramente per tutta la vita temono per il loro pensionamento mentre si continua a mettere più soldi in strumenti di distruzione in questa società di quanto non si faccia nei programmi per lo sviluppo umano. L'economia è in una situazione distorta. Solo quelli che non devono lavorare guadagnano davvero. Nel contempo c'è un numero crescente di persone molto ricche ed un numero ancora maggiore di persone molto, molto povere.

La vita è valutata come un nulla. L'aborto è la forma più popolare di controllo delle nascite nei paesi in via di sviluppo.

Centinaia, migliaia di civili dappertutto - la maggior parte di loro donne e bambini - muoiono in guerre che gli uomini progettano per "proteggerli". E noi continuiamo a praticare la pena capitale anche se sappiamo che questa cosiddetta "deterrenza", che ci rende proprio come quelli che odiamo, non serve come deterrente. In realtà, i dieci stati degli Stati Uniti d'America senza pena capitale hanno tassi di omicidio più bassi di quelli che la praticano.

I cristiani, i seri cercatori, ora devono scegliere. Possono ritirarsi da questa lotta all'interno di un qualche paradiso di sdolcinati sensi di pietà dove poter distorcere ed ammorbidire gli interrogativi del tempo e l'ingiustizia dell'epoca, con fioretti spirituali [2] e proteste inefficaci - dove possono vivere come virtuosi infiltrati nel cuore di un mondo contorto e chiamano quella farsa pace e "religione" -, oppure possono raccogliere le loro forze per la lotta che sarà necessaria per portare questo mondo più vicino al regno di Dio ora.

Ma cosa si può fare in questo mondo fuori controllo, in mano a pochi potenti, da parte di tutti noi che non proviamo odio e non vogliamo guerre, che non abbiamo influenza ma abbiamo alti ideali, che ci definiamo cristiani e affermiamo di dirlo sul serio!

Chi siamo noi adesso? E chi vogliamo essere?

Soprattutto, dove possiamo andare a cercare un modello su come iniziare ad essere una testimonianza cristiana radicale in una società in cui siamo quasi totalmente lontani dai suoi centri di potere e totalmente fuori dai suoi centri di influenza?

Il mio suggerimento è di smettere di attingere il nostro senso di umana efficienza dai periodi di esplorazione e distruzione dei popoli nativi, o dal periodo dell'industrializzazione e del suo spostamento di persone, o dai periodi delle guerre mondiali e del conseguente sterminio di popoli.

Il mio suggerimento è che la gente comune - persone come te e me - inizi a guardare di nuovo al sesto secolo ed all'immaginazione spirituale ed alla meravigliosa saggezza che l'hanno reso nuovo. Perché questa è davvero la buona notizia.

 

Un antico modello

Nel sesto secolo Benedetto da Norcia era un aspirante giovane studente al centro dell'impero Romano con tutto lo sfarzo ed il fascino e con tutta l'evanescenza della gloria e l'oscuro potere che implicava [3].

Roma aveva ammaliato, raggirato e sottovalutato i barbari lungo la frontiera che stavano aspettando - solo aspettando - di riversarsi attraverso il sistema da tutte le parti.

Roma - ROMA! - l'invincibile, era stata saccheggiata. Come nel libro di Daniele [4], la scrittura era sulla parete, ma pochi, o nessuno, erano in grado di leggerla.

Anche nel nostro mondo le notizie importanti sono nei nostri giornali, ma pochi, se non nessuno, le stanno leggendo.

Ma nel sesto secolo, una persona, questo giovane, decise di cambiare il sistema non affrontandolo, non gareggiando con lui per essere più grande, migliore o più efficace, ma erodendo la sua inverosimile credibilità.

Come scriverà Blaise Pascal: "La forza, e non l'opinione, governa il mondo, ma l'opinione fa uso della forza. È la forza che fa l'opinione".

Questa singola persona nel sesto secolo - senza i soldi, senza la tecnologia e senza il tipo di supporto sistemico che la nostra epoca considera così essenziale per il successo e quindi usa per spiegare il suo fallimento nel cambiare le cose - semplicemente rifiutò di diventare ciò che un tale sistema aveva modellato ed arrivò ad avere un'influenza importante nella nostra storia.

Questa persona decise semplicemente di cambiare le opinioni della gente su ciò che la vita doveva essere, vivendo diversamente per conto suo, rifiutandosi di accettare gli standard morali attorno a lui, formando altre persone in comunità organizzate per fare la stessa cosa: per bandire la schiavitù in cui erano tenuti; per dedicarsi alla condivisione dei beni come lui; per impegnarsi a prendersi cura della terra; per insegnare e modellare una nuova prospettiva sul nostro ruolo nell'universo.

E grazie a lui - anche se i numeri, come attesta la storia, non sono mai stati i suoi criteri per il successo - altre migliaia di persone hanno fatto la stessa cosa, secolo dopo secolo.

Per oltre 1.500 anni, papi e popolazioni attraverso i secoli hanno invocato Benedetto da Norcia come patrono d'Europa ed hanno avvalorato lo stile di vita Benedettino che egli ha sviluppato nei periodi più bui della storia occidentale, assieme alla conservazione della stessa cultura europea.

I valori che ha modellato hanno contribuito a mantenere l'ordine sociale ed hanno tutelato la conoscenza. Inoltre, questi valori hanno dato protezione ai viandanti ed hanno contribuito a creare delle norme di comportamento durante i conflitti che hanno portato dal caos alla pace.

Quei valori trasformarono un'Europa devastata dall'invasione e dall'abbandono in un nuovo giardino. Hanno modellato l'uguaglianza dei popoli. Hanno fornito un collegamento tra il cielo e la terra - tra questa vita, caotica com'era, e la volontà di Dio per tutta la vita. Ovunque. Sempre,

Ma come è stato fatto tutto ciò? E cosa c'entra con noi oggi? La risposta capovolge tutto ciò che la nostra stessa società indica essere essenziale per l'efficacia.

Lo stesso modello di vita che Benedetto da Norcia ha dato al mondo fu esattamente l'opposto di ciò che, alla fine, lo stava davvero distruggendo.

Per un mondo che valorizzava le grandezze - le grandi ville, le grandi città, i grandi eserciti, i grandi sistemi - Benedetto creò una serie di piccole ed intense comunità in cui le persone, con una visione unanime, si riunivano per sostenersi a vicenda, per trovare la forza per la lotta. La loro lotta era per la sopravvivenza, ma la loro forza era nella comunità.

Ad un impero con un'estensione globale - Francia, Gran Bretagna, Egitto, Costantinopoli - Benedetto fornì una linea interminabile di gruppi locali la cui sollecitudine per le persone e la comprensione dei problemi dell'area da cui provenivano era basata sul loro stesso DNA. La lotta di tali piccoli gruppi era sì per la sopravvivenza, ma la loro forza era l'impegno totale nella condizione umana.

Ad un impero intento a centralizzare tutte le culture in una, Benedetto diede un modello di autonomia, di azione, di autosviluppo individuale ad una cultura che aveva comunemente riconosciuto la sottomissione e la schiavitù molto, troppo facilmente. Malgrado tutto ciò, la lotta era sì per la sopravvivenza, ma la loro forza era nel senso della dignità umana e delle possibilità personali - in un'epoca che non aveva né l'una né l'altra.

Per un mondo incline a monumenti intesi a caratterizzare la storia e la gloria di un impero, Benedetto abbandonò la nozione di una storia istituzionale comune e costruì invece una comune tradizione presa da molte parti distinte. La lotta era per la sopravvivenza di questi piccoli gruppi autonomi. La loro forza era il singolare impegno generato in ogni singolo gruppo, affinché ognuno di questi portasse con sé la pienezza della tradizione.

In un ordine civile strettamente definito da specifici ruoli e responsabilità, Benedetto scelse di creare uno stile di vita piuttosto che definire un compito fisso che gli anni potevano erodere o che l'evolversi della cultura poteva far abbandonare. La lotta era sicuramente per la sopravvivenza; ma la garanzia di ciò, in ogni gruppo, era la creatività e l'adattamento.

In un mondo fatto di potenti istituzioni, Benedetto non creò un'istituzione; diede invece inizio ad un movimento – un libero gruppo di cercatori altrettanto seri ed imparziali che hanno dato al mondo nuovi modi di considerare l'autocrazia ed il narcisismo, l'oppressione e l'ingiustizia, la disuguaglianza e l'autoritarismo. La lotta era davvero sopravvivenza; la forza era un'energia ed un dinamismo che influenzavano l'intera società.

Ed infine, in un mondo in cui la parola di un imperatore significava morte, Benedetto costruì un mondo in cui la parola di Dio ridonò vita, giorno dopo giorno, a tutti quelli che vennero in contatto con lui.

 

Una tradizione che si trasforma

Ed a poco a poco, questo piccolo movimento di seri cercatori, piccoli piuttosto che grandi, locali piuttosto che globali, autonomi anziché centralizzati, più intenti ad una tradizione comune che ad una storia comune, più un movimento che un'istituzione, più impegnati nel Vangelo che al sistema - uniti come adulti di pari dignità nelle comunità di cuore e di mente, si insinuarono lentamente nella cultura che li circondava, affascinarono la sua durezza di cuore, convertirono la sua anima e, in un piccolo luogo dopo l'altro, plasmarono il mondo intero di nuovo.

Allora, perché funziona? Cosa può fare qualcosa di così piccolo, così fragile da poter dare così tanto al mondo?

Com'è possibile che qualcosa di costruito su singoli membri in piccole case individuali, per le quali la sopravvivenza è sempre all'ordine del giorno, possa proprio avere "salvato la cultura europea" per poi diffondersi in tutto il vasto mondo? Dopo tutto, i singoli monasteri benedettini sono andati e venuti in gran numero, secolo dopo secolo, ma la tradizione è sopravvissuta.

Il fatto è che Benedetto ci ha lasciato una struttura certamente molto semplice, ma l'ha lasciata su pilastri molto profondi.

Egli la stabilì su valori che attraversavano tutta l'esperienza umana - non su regole o su attività specifiche che sarebbero crollate e si sarebbero sgretolate con la rovina dell'epoca e delle culture.

Egli basò la vita su intuizioni umane e spirituali che non passano mai di moda: sui bisogni umani fondamentali come, per esempio, la comunità, il lavoro ed il servizio; su profonde pratiche spirituali, come la preghiera, la contemplazione e l'umiltà; su importanti questioni sociali, come la gestione responsabile e l'ospitalità, l'uguaglianza e la pace; sui principi organizzativi di base, come la leadership ed il processo decisionale comunitario; sul servizio reciproco e l'obbedienza reciproca.

E così, come ogni epoca alle prese con i propri programmi e le proprie questioni, l'importanza o la consapevolezza di ciascuno di questi valori benedettini è diventata il dono che i benedettini hanno dato ad una cultura non sincronizzata con i suoi migliori interessi.

Nel primo Benedettinismo, la comunità stessa ed il bisogno di ospitalità, generati dalla rottura della sicurezza pubblica dovuta alla caduta dell'impero, erano il vero problema. Quando pellegrini e viaggiatori venivano violentati, derubati e saccheggiati sulle strade, queste comunità costruivano alloggi - interi centri di ospitalità - per proteggerli.

Nel Medioevo, la necessità di sviluppo agricolo e dei servizi sociali divenne fondamentale. Quando intere distese di terra furono bruciate dalla guerra o cadute in disuso, quando i raccolti mancarono per mancanza di buona agricoltura, quando i contadini senza lavoro morirono di fame, piccole comunità eressero fattorie - piccole missioni di tre o quattro monaci - per organizzare il lavoratori e distribuire i raccolti ai poveri. E facevano queste cose mentre cercavano, allo stesso tempo, di creare direttive per la guerra che attenuassero i suoi effetti e controllassero l'insensatezza apparentemente infinita che stava distruggendo, ironia della sorte, esattamente tutto ciò per cui si combatteva.

Con l'ascesa delle città e gli albori della commercializzazione, la creazione di centri spirituali ed educativi divenne una delle principali preoccupazioni dei Benedettini. Dove la cultura era diventata una cosa del passato ed intere aree erano state lasciate spiritualmente affamate, i monasteri si presero cura della conservazione di testi antichi e divennero il rifugio spirituale dei poveri, dei senzatetto, degli oppressi.

Nel diciannovesimo secolo i monasteri Benedettini Europei inviarono alcuni dei loro migliori membri al nuovo mondo per fare la stessa cosa. Era un mondo di culture Cattoliche di contro a quelle Protestanti, un residuo vicino al tramonto ma ancora potente delle guerre di religione lunghe secoli addietro. Il compito Benedettino nel nuovo mondo fu quello di educare le popolazioni Cattoliche immigrate a prendere il loro posto in un mondo che era in gran parte bianco, Anglo-Sassone e Protestante [5]. Fu una missione cristiana molto radicale per quel tempo educare i poveri e gli analfabeti, integrare le visioni del mondo fortemente divise in un tutto democratico ed adattarsi al tipo di pluralismo che il mondo non aveva mai conosciuto. Ed ha avuto successo.

Attraverso tutto questo, per secoli, le comunità Benedettine - piccole, locali ed autonome - hanno lavorato in modi creativi per soddisfare i bisogni delle aree in cui sono cresciute, lottando sempre per plasmare ed equilibrare una vita spirituale profonda e comunitaria con i grandi bisogni sociali intorno ad esse.

Hanno dotato ogni epoca dei tesori del cuore che sono i pilastri del Benedettinismo. Di conseguenza, sono cresciute, si sono concentrate, si sono specializzate e sono cambiate fino a che non ci furono molti altri innumerevoli monasteri benedettini, leggermente diversi ma fondamentalmente gli stessi.

Se il ventunesimo secolo ha bisogno di qualcosa, potrebbe essere un ritorno alla visione vitale e profonda di Benedetto. Forse abbiamo bisogno di una nuova considerazione per l'audace saggezza Benedettina se la civiltà deve essere salvata un'altra volta - e questa volta è il pianeta stesso che deve essere difeso.

I valori che hanno salvato l'Europa Occidentale in un clima sociale simile al nostro sono stati: il lavoro creativo, non la creazione di profitto; il sacro tempo libero, non l'evasione personale; la saggia gestione, non lo sfruttamento; la comunità amorevole, non l'individualismo elevato ad un grado patologico; l'umiltà, non l'arrogante superiorità; ed un impegno per la pace, non per il dominio. Oggi, proprio come 1500 anni fa, quei valori sono stati abbandonati.

Abbiamo di nuovo bisogno di loro.

 

I pilastri della spiritualità benedettina

 

Lavoro creativo

Questa epoca ha bisogno di ripensare al lavoro. Il lavoro nel nostro tempo è diventato qualcosa che ci definisce o qualcosa che ci opprime. Lo facciamo per fare soldi, soldi, soldi o lo denigriamo come un ostacolo alla vita. Siamo una cultura che troppo spesso si colloca tra lo stacanovismo e la pseudo-contemplazione.

Per anni ho visto Sophie, un'anziana signora polacca che abitava dall'altra parte della strada dal monastero, spazzare il marciapiede di fronte a casa sua con mano ferma e forte e poi muoversi metodicamente sul fronte delle case alla sua sinistra ed alla sua destra.

Divenne, di fatto, una specie di barzelletta di quartiere, facendo un lavoro improduttivo. Dopotutto, la strada era già pulita, non è vero? A cosa serviva questa insensata monotonia?

E poi morì.

I nuovi vicini più giovani che si trasferirono nella sua casa non avevano né tempo, né interesse, a spazzare i marciapiedi. E la strada da allora non è mai stata pulita.

Sophie mi ricordò, ancora una volta, cosa intendesse insegnarci l'impegno per il lavoro di Benedetto. Ho riconosciuto in lei che il lavoro che svolgiamo non è così determinante quanto il motivo per cui lo facciamo.

Il lavoro - ogni tipo di lavoro: manuale, intellettuale, spirituale - è destinato ad essere il contributo delle creature umane allo sviluppo della razza umana.

Il Benedettino lavora per completare l'opera di Dio nell'edificazione del mondo. Noi lavoriamo, inoltre, anche per completare noi stessi. Diventiamo più abili, più creativi, più efficaci. Quando lavoriamo noi scopriamo che siamo veramente "buoni per qualcosa".

Il lavoro, per come lo vede il Benedettino, è un ascetismo che non è artificioso, non è simbolico. È reale. È un compito che mi mette in solidarietà con i poveri per i quali i benefici del lavoro sono pochi e lontani da loro, mentre le austerità sono costanti e la sicurezza è tenue.

Il lavoro è il nostro dono per il futuro e se il lavoro che facciamo è un contributo all'ordine ed alla venuta del regno di Dio, e se lo facciamo bene, come Sophie, esso sarà necessario, e quando non saremo lì per compierlo, ne sentiremo la mancanza.

 

Sacro tempo libero

Questa età ha bisogno anche di ripensare al tempo libero. Il gioco ed il sacro tempo libero non sono le stesse cose. Il tempo libero è il dono Benedettino della riflessione regolare e della coscienza continua della presenza di Dio. Esso è il dono della contemplazione in un mondo di azione.

Il sacro tempo libero è una pausa necessaria da un mondo esageratamente in movimento che oramai si rivolge incessantemente ad una tecnologia che non concede né lo spazio né il tempo necessario per pensare.

Ricordo il giorno di alcuni anni fa quando un giornalista mi chiamò per un'intervista su un documento che era appena stato rilasciato da Roma.

"Non posso parlarti di questo," dissi io. "Non l'ho visto e non commento nulla che non ho avuto la possibilità di leggere e studiare."

"Bene," disse, "se te lo mando, me ne parlerai allora?"

Ho calcolato il tempo: era giovedì. Il documento non poteva arrivare con la posta prima di lunedì, così ho capito che avrei potuto rispettare la scadenza su cui stavo lavorando in quel momento e avrei potuto leggere il nuovo documento prima che mi richiamasse.

"Va bene," dissi, "Puoi mandarlo".

Qualche minuto dopo ho sentito un insistente ticchettio proveniente da un ufficio in fondo al corridoio.

"Che cos'è?" Dissi alla sorella in ufficio.

"È il fax", disse. "È qualcosa per te da New York ed è già lungo più di ottanta pagine. C'è un appunto su come richiamarti per parlarne oggi pomeriggio".

Questo è un mondo di alta tecnologia, con tempi corti, carente di riflessione.

Il tempo libero benedettino è una vita vissuta con un continuo impegno per lo sviluppo di una cultura con una mente Sabbatica.

I rabbini insegnano che lo scopo del Sabato è triplice: in primo luogo, rendere tutti - schiavi e cittadini - liberi per almeno un giorno alla settimana.

Secondo, darci il tempo di fare ciò che Dio ha fatto: valutare il nostro lavoro per vedere se è buono.

Ed infine, dicono i rabbini, lo scopo del Sabato è riflettere sulla vita, determinare se quello che stiamo facendo e chi siamo è ciò che dovremmo fare e chi vogliamo essere. Il Sabato è pensato per portare saggezza ed azione insieme. Esso fornisce lo spazio di cui abbiamo bisogno per ricominciare.

Se qualcosa ha portato il mondo moderno sull'orlo della distruzione, deve sicuramente essere stata la perdita del sacro tempo libero.

Quando la gente dorme nelle stazioni della metropolitana, è il sacro tempo libero che si chiede perché.

Quando i bambini muoiono per mancanza di cure mediche, è il sacro tempo libero che si chiede perché.

Quando migliaia di civili muoiono a causa della "morte da droni" - i predatori aerei senza equipaggio che bombardano le loro terre e le loro vite senza pietà - è il sacro tempo libero che si chiede, come può essere questa la volontà di Dio?

Dare alle persone lo spazio per leggere, riflettere e discutere le grandi questioni del tempo dal punto di vista del Vangelo può essere uno dei più grandi doni del Benedettinismo in un secolo in cui il caos dell'azione sta prosciugando i più profondi pozzi di saggezza dell'umanità.

Dom Cuthbert Butler [6] scrisse una volta: "Non è la presenza di attività che distrugge la vita contemplativa; è l'assenza di contemplazione".

Il sacro tempo libero è il fondamento della contemplazione e la contemplazione è la capacità di vedere il mondo come Dio vede il mondo. In effetti, la vita contemplativa non sarà distrutta dall'attività, ma dall'assenza di contemplazione.

Nella spiritualità Benedettina, la vita non è divisa in parti, una santa e l'altra mondana. Per la mente Benedettina tutta la vita è santa. Tutte le azioni della vita affrontano l'esame accurato di tutti gli ideali della vita. Tutta la vita è da tenere con mani consacrate.

Chi guiderà le persone verso una vita contemplativa, se non noi?

 

Gestione responsabile [7]

La spiritualità della gestione responsabile, uno dei doni più forti e più grandi del Benedettinismo, deve essere ripensata nel nostro tempo.

I 180 chili di spazzatura per cittadino degli Stati Uniti che il mondo non può smaltire sono costituiti dai bicchieri di plastica che usiamo e dai barattoli di latta che abbiamo abbandonato anziché riciclato, mentre il resto del mondo riutilizza tre o cinque volte più materiale di noi. Gli umani oggi inquinano la terra, il mare ed il cielo ad un tasso mai visto prima in nessun altro periodo della storia e noi negli Stati Uniti più della maggior parte degli altri.

Ma i Benedettini prima di noi hanno portato ordine e organizzazione, apprendimento, scrittura ed arte, gli strumenti della civilizzazione ed il sostentamento dell'anima.

Essi hanno usato ogni forma umana di educazione e di abilità per portare ordine fuori dal caos, uguaglianza alle masse e risanamento al loro mondo. I benedettini prima di noi coltivavano la terra arida e la rendevano verde. Essi hanno prosciugato le paludi e le hanno coltivate. Hanno seminato l'Europa con colture che hanno contribuito a nutrire intere popolazioni, allevato il bestiame che ha dato nuova vita, distillato liquori e luppolo fermentato che ha portato gioia al cuore e salute al corpo. Non è possibile vivere la vita con un cuore Benedettino e non coltivare i semi della vita per ogni creatura vivente.

In che modo, come Benedettini, se siamo dei seri cercatori (di Dio), possiamo basarci ora su ciò che non è ecologico? Come possiamo immergere le nostre terre in prodotti chimici e coltivare ciò che non è organico? Potremmo forse, come Benedettini, usare ciò che è usa e getta e non indire neanche una riunione di comunità sulle conseguenze per gli altri di ciò che facciamo?

Consentire a noi stessi di diventare dei "chips" in un mondo elettronico, isolati in un universo solidificato, donne e uomini fuori dal contatto con il pulsare vitale di un Dio vivente, indifferenti alla creazione, preoccupati solo di noi stessi, ed ancora ritenerci buoni. Tutto ciò significa scambiare i rituali della religione per le profondità santificanti della spiritualità.

Il cercatore serio sa che siamo qui per diventare le voci per la vita in tutto ed ovunque - come hanno fatto i nostri antenati prima di noi per oltre 1.500 anni.

La spiritualità benedettina, la spiritualità che contribuì a salvare il mondo dal declino, ci chiede di trascorrere bene il nostro tempo, di contemplare il divino nell'umano, di trattare ogni cosa nel mondo come sacra. Abbiamo bisogno della saggezza della gestione della vita ora.

 

Comunità

La comunità è un concetto che la nostra epoca deve riesaminare e rinnovare. Una vecchia signora della mia città natale in Pennsylvania visse da sola nella sua stessa casa fino al giorno della sua morte. Il problema è che morì diciotto mesi prima che il suo corpo fosse ritrovato perché nessuno andò mai a trovarla, nessuno chiamò per vedere se avesse ricevuto i suoi medicinali, nessuno andò a controllare quando le tolsero l'acqua per mancanza di pagamento. E ce ne sono migliaia come lei in questo nostro mondo.

E come stiamo allungando la mano verso di loro? La comunità benedettina accetta per sua stessa natura che noi esistiamo per essere miracolosi collaboratori l'uno dell'altro. È nella comunità umana che siamo chiamati a crescere, è nella comunità umana che veniamo a vedere Dio nell'altro. È nel suo impegno per costruire una comunità che il Benedettinismo deve essere un segno per un mondo al limite dell'isolamento.

Ma una spiritualità benedettina di comunità richiede più che solidarietà - il tipo di comunità più a buon mercato. La spiritualità comunitaria richiede una mente aperta ed un cuore aperto. Essa ci concentra sul Gesù che fu una minaccia per ogni mente chiusa in Israele.

A quelli che pensavano che la malattia fosse una punizione per il peccato, Gesù chiese un'apertura mentale. A coloro che consideravano gli esattori delle tasse incapaci di salvezza, Gesù chiese un'apertura mentale. Per quelli che credevano che il Messia - per essere vero - dovesse essere una figura militare, Gesù fu un richiamo all'apertura mentale.

Il cuore Benedettino - il cuore che ha salvato l'Europa - è un luogo senza confini, un luogo in cui la realtà dell'unità della comunità umana frantuma tutte le barriere, apre tutte le porte, rifiuta tutti i pregiudizi, accoglie tutti gli stranieri e ascolta tutte le voci.

La comunità non può essere data per scontata. Dobbiamo chiederci sempre chi vi di trascurato e sconosciuto - morente per la solitudine, il pregiudizio o il dolore - e che la tua e la mia comunità aspettano che bussino alla porta, per cercarli, per accoglierli, per tenerli fino a che non possano di nuovo vivere.

La vera comunità richiede la consapevolezza dell'intera condizione umana - così che lo spirito Benedettino possa diffondersi come una santa epidemia in tutto il mondo.

 

Umiltà

L'umiltà deve essere riscoperta se vogliamo prendere il nostro giusto posto nel mondo in questa epoca. Era il 20 luglio 1969, la notte in cui gli Stati Uniti sbarcarono il primo uomo sulla luna. Io ero in piedi accanto ad un insegnante di scambio straniera che era venuta dal Messico per insegnarci lo spagnolo.

"Bene," risi io, guardando in alto nel cielo notturno oscuro, "C'è l'uomo nella nostra luna". Mi sembrava di poterla quasi toccare con mano. Con una voce leggera e concisa, disse "Non è la vostra luna!"

In quel momento ricevetti una lezione sull'umiltà benedettina, sulle relazioni internazionali, sul razzismo e sul multiculturalismo che ne derivano, che nessuna maestra delle novizie era stata in grado di articolare così altrettanto bene.

L'umiltà consiste nell'imparare il proprio posto nell'universo, nel non rendere né se stessi né la propria nazione il proprio dio. Si tratta di realizzare che siamo tutti uguali giocatori in un progetto comune chiamato vita.

Imparare così può cambiare la propria politica. Certamente cambierà la propria umanità - la propria anima.

In una cultura che accumula denaro, titoli, potere e prestigio come oro, Benedetto fa del capitolo sull'umiltà il valore chiave della sua regola di vita, scritta per uomini Romani in una società che valorizzava il machismo, il potere e l'individualismo almeno tanto come la nostra.

Era ed è l'antidoto ad una società competitiva, spinta dal successo, ossessionata dall'immagine, che è il segno distintivo dell'età moderna.

L'umiltà, l'accettazione del nostro essere polvere, è anche l'antidoto al mito del perfezionismo che, mascherato come santità, può affondare l'anima nella disperazione e portarla ad abbandonare il vero pensiero di una vita veramente spirituale di fronte alla paura degli stessi fallimenti.

Ci fa riconsiderare il nostro cosiddetto patriottismo, il nostro sessismo, il nostro razzismo ed il nostro narcisismo, sia personale che nazionale.

Ci fa riconsiderare anche la nostra arroganza spirituale di fronte alle altre grandi tradizioni spirituali del mondo.

Soprattutto, ci permette di imparare e di crescere e di non rimanere mai delusi da ciò che non otteniamo dalla vita perché, ci rendiamo finalmente conto, non è la nostra vita che deve costituire il nostro primo obiettivo.

Abbiamo bisogno della saggezza dell'umiltà ora. Abbiamo bisogno di quella qualità della vita che permetta alle persone di vedere oltre se stesse, di valutare l'altro, di toccare il mondo dolcemente, pacificamente e renderlo migliore man mano che procediamo.

 

Pace

Dobbiamo, soprattutto nel nostro tempo, ripensare al significato della pace. Sopra l'arco di ogni monastero medievale venivano incise le parole, Pax intrantibus, "Pace a chi entra qui".

Le parole erano sia una speranza che una promessa. In una cultura in lotta contro il caos sociale, Benedetto ha delineato un progetto per la pace mondiale. Egli gettò le basi per un nuovo modo di vivere, le cui ripercussioni si estendevano ben oltre il primo arco del monastero in ogni cultura e continente da una generazione all'altra, da quell'era a questa, dal suo tempo ed ora al nostro. Fino a noi.

Questa è la nostra eredità, il nostro mandato, la nostra missione - vivi oggi come non mai, di cui abbiamo più che mai bisogno oggi nel mondo nucleare.

Una volta potevamo insegnare che la principale esportazione degli Stati Uniti era il grano. Ora dobbiamo ammettere che lo sono le armi. Ogni anno armiamo 250 paesi diversi e forniamo quasi la metà di tutte le armi vendute nel mondo, mentre noi condanniamo la loro vendita.

In effetti, come Benedettini dobbiamo ripensare al nostro impegno per la pace benedettina ed al nostro obbligo di proclamarla in questo mondo. La pace benedettina, tuttavia, non è semplicemente un impegno per l'assenza di guerra. È anche la presenza di uno stile di vita che rende la guerra inaccettabile e la violenza ingiustificata.

Anche se domani smantellassimo tutte le macchine da guerra del mondo, non sarebbe certo che avremmo la pace. Gli eserciti del mondo semplicemente dimostrano la guerra che sta avvenendo nelle nostre anime, l'irrequietezza del nemico dentro di noi, l'agitazione della condizione umana andata storta.

A tutte queste cose dobbiamo portare una nuova immaginazione spirituale. Immagina un mondo in cui le persone scelgano il loro lavoro in base al bene che farà per i più poveri dei poveri - perché lo hanno visto in noi.

Immagina un mondo in cui il sacro tempo libero, la riflessione spirituale piuttosto che la convenienza politica, iniziassero a determinare tutto ciò che facciamo come nazione - perché lo hanno visto in noi.

Immagina un mondo in cui la cura della terra è diventata un obiettivo vivente, respirante e determinante in ogni famiglia, in ogni azienda, in ogni vita che tocchiamo - perché lo hanno visto in noi.

Immagina un mondo destinato a diventare una comunità di persone sconosciute che attraversa ogni livello di età, ogni razza, ogni tradizione, ogni differenza sul globo - perché lo hanno visto in noi.

Immagina un mondo in cui l'umile ascolto dell'altro è diventato più importante del controllarlo - perché la gente lo ha visto in noi.

Immagina un mondo in cui ciò che crea la pace diventa il fondamento di ogni decisione personale, aziendale e nazionale - perché sono stati invitati a farlo da noi.

Ed ora immagina cosa le comunità ispirate da Benedetto possono fare, devono fare, faranno - consapevolmente, collettivamente, coscienziosamente - portare queste cose in ogni area, regione, strada, città, istituzione qui ed ora.

Risolviamoci ancora per seguire il rivoluzionario Benedetto da Norcia con gli occhi pieni di luce, la cui unica vita illuminò la civiltà occidentale. In altre parole, facciamo vivere la spiritualità benedettina e lasciamo che illumini il nostro oscuro ma meraviglioso mondo [8].

 

Sui Dialoghi di Gregorio [9]

Fu un discepolo di Benedetto, che divenne Papa Gregorio Magno, a tramandarci la vita di San Benedetto in un documento chiamato I Dialoghi di Gregorio. I Dialoghi sono l’unica fonte di materiali biografici che abbiamo su Benedetto e sua sorella Scolastica. Attraverso storie nello stile metaforico del tempo, i Dialoghi danno un'idea delle loro qualità personali e del carattere della loro anima piuttosto che un resoconto di semplici dettagli storici. I racconti possono sembrare fantasiosi per l'uomo d'oggi, ma logici per il cuore. Queste sono le cose di cui è costituita la vera umanità: la vita spirituale e la comunità umana. Di conseguenza, Benedetto e Scolastica non brillano nella costellazione umana delle personalità celebri a causa di chi o cosa sono come individui. No, Benedetto e Scolastica si distinguono nella storia per quello che l'esempio delle loro vite ha costruito per tutte le generazioni che li avrebbero seguiti.

Sono convinto che il modo di vita stabilito da Benedetto più di 1.500 anni fa è un dono ai nostri tempi, un faro nell'oscurità che ci mostra ancora come vivere bene.


[1] Traduzione del testo, in un inglese-americano abbastanza discorsivo, quasi letterale. Le note che seguono sono del traduttore. Link al testo originale.

[2] Letteralmente in inglese "mazzetti di fiori spirituali"

[3] Benedetto nacque nella piccola città di Norcia verso il 480 d.C., in un periodo storico particolarmente difficile. Quattro anni prima (476) era formalmente finito l'Impero Romano d'occidente con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo. Fu contemporaneo di Teodorico il Grande, re degli Ostrogoti, e ne vide fallire nel sangue l'ambizioso progetto di una pacifica convivenza con i Goti ed i Romani; poté assistere agli orrori della terribile guerra fra i Goti e i Bizantini per il predominio dell'Italia (535-553), guerra che lasciò desolato e spopolato il paese tra stragi e pestilenze.

[4] Nel libro attribuito al profeta Daniele, al capitolo 5, costui interpreta una scritta eseguita da una mano mandata da Dio su un muro durante una festa del principe babilonese Baldassàr.

"E questo è lo scritto tracciato: Mene, Tekel, Peres, e questa ne è l’interpretazione: Mene: Dio ha contato il tuo regno e gli ha posto fine; Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente; Peres: il tuo regno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani" (Dn 5, 25-28).

[5] Nel testo vi è la sigla WASP. La locuzione "White Anglo-Saxon Protestant", tradotta in italiano con "Bianco Anglo-Sassone Protestante", indica un cittadino statunitense discendente dei colonizzatori originari inglesi.

[6] Dom Cuthbert Butler (1858 – 1934), fu un Monaco benedettino famoso come storico ecclesiastico, in particolare riguardo al monachesimo nella Chiesa primitiva.

[7] In inglese "Stewardship". Questa parola non può essere tradotta con un esatto termine italiano. Forse la traduzione più vicina è quella di “gestione etica delle risorse e delle relazioni”.

[8] Il papa Gregorio Magno, nel Secondo Libro dei Dialoghi, racconta che, poco prima di morire, san Benedetto ebbe la visione dell’intero universo in un raggio di luce: «Benedetto era in piedi alla finestra e pregava Iddio che tutto può. D’un tratto, nel cuor della notte, vide una luce riversarsi dall’alto: aveva messo in fuga tutte le tenebre della notte e splendeva sempre più al punto che, irraggiando tra le tenebre, superava quella del giorno. Nel suo intento contemplare sopraggiunse un qualcosa di veramente meraviglioso: come poi raccontò, tutto il mondo, come fosse raccolto in una raggio di sole, fu condotto davanti ai suoi occhi» (Dialoghi II, 25,1-2).

[9] San Gregorio Magno (540 circa - 604), eletto Papa Gregorio I, fu l'autore del primo resoconto biografico della vita di San Benedetto scritto tra il 593 e il 594, trent'anni circa dopo la morte di san Benedetto. I Dialoghi di San Gregorio sono una serie di libri inerenti la vita di Santi italiani, abati, diaconi, suore, vescovi e sugli aspetti della vita dopo la morte (paradiso, inferno e purgatorio). Il secondo dei quattro libri è interamente dedicato a San Benedetto da Norcia.


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21 luglio 2018                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net