LE ISTITUZIONI CENOBITICHE
di GIOVANNI CASSIANO
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JOANNIS CASSIANI ABBATIS MASSILIENSIS
DE COENOBIORUM INSTITUTIS LIBRI DUODECIM
Praefatio, AD
CASTOREM PONTIFICEM. |
PREFAZIONE |
1. Veteris Instrumenti narrat historia sapientissimum Salomonem post acceptam divinitus sapientiam prudentiamque multam nimis, et latitudinem cordis quasi arenam maris innumerabilem (III Reg. IV): ita ut Domini testimonio nullus ei similis retroactis temporibus exstitisse, neque post eum surrecturus esse dicatur, illud magnificum Domino templum exstruere cupientem, alienigenae regis Tyri auxilium poposcisse. Qui misso ad se Hyram filio mulieris viduae, quidquid divina sapientia suggerente praeclarum in templo Domini, vel in sacris vasis moliebatur, ministerio ejus ac dispositione perfecit (III Reg. VII). |
1. La storia dell'Antico Testamento
racconta che il sapientissimo Salomone aveva ricevuto dall'alto
"sapienza e intelligenza molto grandi e una mente vasta come la sabbia
che è sulla spiaggia del mare" (1 Re 5,9 (3 Re; Vulg.), e Dio stesso
testimonia che nel passato non era mai esistito un uomo simile a lui e
che neanche nel futuro ne sarebbe sorto uno simile (Cfr. 1 Re 3,12).
Pertanto, quando desiderò elevare al Signore il suo famoso e magnifico
tempio, sollecitò l'aiuto del re straniero di Tiro (Cfr. 1 Re 5,16-20).
Chiram, figlio di una vedova, fu mandato da lui e (Salomone) fece col
suo aiuto ed il suo consiglio tutto ciò che di splendido la Sapienza
divina gli suggeriva riguardante la casa del Signore e gli arredi sacri
(Cfr. 1 Re 7,13-51). |
2. Si ergo ille universis regnis terrae sublimior principatus, et Israelitici generis nobilior excellentiorque progenies (III Reg. VII), illaque sapientia divinitus inspirata, quae cunctorum Orientalium et Aegyptiorum disciplinas et instituta superabat, nequaquam pauperis atque alienigenae viri consilium dedignatur; recte etiam tu his eruditus exemplis, beatissime papa Castor, verum ac rationabile Deo templum, non lapidibus insensibilibus, sed sanctorum virorum congregatione, nec temporale et corruptibile, sed aeternum atque inexpugnabile aedificare disponens, vasa etiam pretiosissima Domino cupiens consecrare, non multo auri metallo, argentive conflata, quae post rex Babylonius capta concubinarum suarum ac principum deputet voluptati (Daniel. V), sed animabus sanctis quae innocentiae, justitiae et castitatis integritate fulgentes, regem Christum in semetipsis circumferant commorantem, egenum me, omnique ex parte pauperrimum, ad communionem tanti operis dignaris adsciscere. |
2. Se, dunque, un sovrano superiore
a tutti i re della terra, di nobiltà superiore, con l'eccellenza della
discendenza di Israele e con una saggezza divinamente ispirata che
superava tutte le discipline e le istituzioni dell'Oriente e
dell'Egitto, non disdegnò i consigli di un uomo povero e straniero, è a
giusto titolo che anche tu ti degni di chiedere la partecipazione ad una
così grande opera ad un uomo bisognoso e del tutto indigente come me.
Istruito da tali esempi, o Castore,
beatissimo Padre, a tua volta sei risoluto nell'edificare al Signore un
tempio vero e spirituale, non con l'aiuto di pietre insensibili, ma con
una comunità di uomini santi, un tempio che non è temporale e
corruttibile, ma eterno ed inespugnabile. Inoltre, sei desideroso di
consacrare a Dio preziosi vasi, non di quelli che, ricavati da un
metallo muto come oro o argento, possono in seguito essere portati via
dal re di Babilonia e destinati ai piaceri delle sue concubine e dei
suoi principi (Cfr. Dn 5,2), ma (vasi ricavati) da anime sante, che
portino in sé il Cristo-Re nell'immacolato splendore della loro
innocenza, giustizia e castità. |
3. In provincia siquidem tua coenobiorum experte, Orientalium maximeque Aegyptiorum volens instituta fundari, cum sis ipse cunctis virtutibus scientiaque perfectus, et universis ita refertus divitiis spiritualibus, ut perfectionem quaerentibus satis abundeque non modo tuus sermo, sed etiam sola vita sufficiat ad exemplum, me quoque elinguem et pauperem sermone atque scientia, ut aliquid ad explementum tui desiderii de inopia sensus mei conferam, poscis, praecipisque ut instituta monasteriorum, quae per Aegyptum ac Palaestinam custodiri conspeximus, ita ut ibi nobis a patribus tradita sunt, quamvis imperito digeram stylo, non leporem sermonis inquirens, in quo ipse apprime es eruditus, sed sanctorum simplicem vitam simplici sermone fratribus in novello monasterio tuo cupiens explanari. |
3. Tu vuoi stabilire nella tua
provincia inesperta di cenobitismo le istituzioni degli Orientali e
soprattutto degli Egiziani. E sebbene tu stesso sia perfetto in tutte le
virtù e le conoscenze, così pieno di tutte le ricchezze spirituali che,
alle anime alla ricerca della perfezione, la tua parola, cosa dico anche
solo la tua vita, è più che sufficiente per fornire un esempio (da
seguire), tuttavia tu vuoi, inabile come sono nello scrivere e povero di
linguaggio come anche di conoscenza, che io concorra con la mia
indigenza alla realizzazione dei tuoi desideri. Tu mi chiedi e mi
ordini, per quanto maldestro possa essere il mio modo di scrivere, di
esporre le norme dei monasteri che abbiamo visto osservare in Egitto e
nella Palestina, così come ce le hanno tramandate i padri. Tu non cerchi
la piacevolezza della parola, dove tu stesso sei erudito al massimo
grado, ma il tuo desiderio è che la vita semplice dei santi sia spiegata
in uno stile semplice ai fratelli del tuo nuovo monastero. |
4.Cui rei quantum me pius ardor desiderii tui provocat obedire, tantum multiplices aestuum moles volentem obtemperare deterrent. Primum quia nec vitae meae ita aequiparant merita, ut confidam me res tam arduas, tam obscuras, tam sanctas, digne posse animo ac mente complecti. Secundo quod ea quae a pueritia nostra inter eosdem constituti atque ipsorum incitati quotidianis adhortationibus et exemplis vel agere tentavimus, vel didicimus, vel visu percepimus, minime jam possumus ad integrum retinere, tot annorum circulis ab eorum consortio et imitatione conversationis abstracti; praesertim cum harum rerum ratio nequaquam possit otiosa meditatione doctrinaque verborum, vel tradi, vel intelligi, vel memoria contineri: |
4. Tanto il pio ardore del tuo
desiderio mi provoca ad obbedire a questa istanza, altrettanto (sento)
il peso di molti scrupoli che dissuadono la mia volontà
dall'ottemperarvi.
Prima di tutto perché i meriti della
mia vita non sono sufficienti per darmi la sicurezza di poter
abbracciare degnamente col cuore e con la mente delle realtà così ardue,
così oscure e così sante.
In secondo luogo, ciò che io ho
provato a praticare, ciò che ho imparato, ciò che ho visto con i miei
occhi vivendo fin dal tempo della mia giovinezza tra i padri, incitato
dalle loro esortazioni e dai loro esempi ogni giorno, è impossibile per
me oggi ricordarlo pienamente, dopo tanti anni che ho lasciato la loro
compagnia e che ho smesso di imitare le loro vite.
Soprattutto perché una fiacca
meditazione ed un insegnamento verbale sono inutili quando si tratta di
trasmettere, comprendere o conservare il significato di queste realtà: |
5. totum namque in sola experientia usque consistit. Et quemadmodum tradi nisi ab experto non queunt, ita nec percipi quidem vel intelligi, nisi ab eo qui ea pari studio ac sudore apprehendere elaboraverit, possunt: quae tamen si collatione jugi spiritalium virorum frequenter discussa non fuerint, et polita, cito rursum mentis incuria dilabuntur. Tertio quia idipsum quod utcumque non pro merito rei, sed pro praesentis temporis statu possumus reminisci, imperitior sermo congrue non valet explicare. Huc accedit, quod super hac re viri et vita nobiles, et sermone scientiaque praeclari, multa jam opuscula desudarunt, sanctum Basilium et Hieronymum dico, aliosque nonnullos, quorum anterior sciscitantibus fratribus super diversis institutis vel quaestionibus non solum facundo, verum etiam divinarum Scripturarum testimoniis copioso sermone respondit; Alius vero non solum suo elucubratos ingenio edidit libros, verum etiam Graeca lingua digestos, in Latinum vertit eloquium: |
5. infatti, (in questo ambito) tutto
dipende sempre dalla sola esperienza
E come (questi insegnamenti) non
possono essere insegnati se non da chi li ha vissuti, così pure non
possono essere ricevuti e compresi se non da chi si sarà applicato per
acquisirli con tanto ardore e fatica (per viverli). D'altra parte,
queste (verità) devono essere spesso discusse e chiarite con continui
colloqui con uomini spirituali, altrimenti si perderanno rapidamente
nella trascuratezza dello spirito.
In terzo luogo, le stesse cose che
io sono in grado di ricordare, per quanto mi è possibile – non per
l'interesse del contenuto, ma in base alla mia situazione di vita
attuale - il mio linguaggio inesperto non sarà in grado di esprimerle in
modo congruo. A ciò si aggiunge il fatto che diversi uomini illustri per la loro vita, famosi per eloquenza e sapienza hanno già composto con fatica molti opuscoli su questo argomento: io parlo di San Basilio, San Girolamo e molti altri. Il primo, rispondendo alle domande dei suoi fratelli su varie regole di vita e diverse questioni, lo fece non solo con un linguaggio fluente, ma pieno di testimonianze delle divine Scritture. Il secondo non pubblicò solo libri elaborati dalla sua ispirazione, ma ne tradusse in latino diversi che erano stati scritti in greco. |
6. post quorum tam exuberantia eloquentiae
flumina, possem non immerito praesumptionis notari, si aliquid
stillicidii hujus inferre tentassem; nisi me ad haec fiducia tuae
sanctitatis animaret, et sponsio, quod vel tibi hae nugae forent
acceptae qualescumque sint; vel eas congregationi fratrum in novello
tantum monasterio commorantium deputares.
Qui si quid a nobis minus
forsitan caute prolatum fuerit, et pie relegant, et cum venia
indulgentiore sustentent, fidem potius mei sermonis, quam venustatem
eloquii requirentes. |
6. Dopo questi fiumi traboccanti
dell'eloquenza di costoro, potrei con ragione essere accusato di
presunzione se tentassi di aggiungervi qualche goccia. Ma quello che mi
anima a fare ciò è la fiducia nella tua santità e la promessa che queste
cose, per quanto piccole possano essere, ti saranno gradevoli e le
destinerai solo alla comunità dei fratelli che risiedono nel (tuo) nuovo
monastero. Se per caso mi dovesse sfuggire qualche leggerezza, (i
fratelli) la leggano con carità e la sopportino con misericordiosa
indulgenza, cercando nel mio discorso la veridicità, piuttosto che
l'eleganza del linguaggio.
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7. Quapropter, beatissime papa, unicum religionis et humilitatis exemplar, tuis precibus animatus, secundum vires ingenii mei opus quod injungis aggrediar, et ea quae omnimodis intacta relicta sunt ab anterioribus nostris, utpote qui audita potius quam experta describere tentaverunt, velut rudi monasterio et veritatem sitientibus intimabo.
Nec plane
mirabilium Dei, signorumque narrationem studebo contexere: quae quamvis
multa per seniores nostros et incredibilia non solum audierimus, verum
etiam sub obtutibus nostris perspexerimus impleta: tamen his omnibus
praetermissis, quae legentibus praeter admirationem nihil amplius ad
instructionem perfectae vitae conferunt, instituta eorum tantummodo, ac
monasteriorum regulas, maximeque principalium vitiorum, quae octo ab eis
designantur, origines et causas, curationesque secundum traditiones
eorum, quantum Domino adjuvante potuero, fideliter explicare contendam. |
7. Con questi (sentimenti) e animato
dalle tue preghiere, o beatissimo Padre, modello unico di religione ed
umiltà, io intraprendo l'opera che mi ingiungi di fare, secondo i mezzi
che la natura mi ha dato. Io esporrò, come si conviene ad un monastero
novizio ed a persone assetate di verità, i punti che i nostri
predecessori tralasciarono di illustrare, da uomini che scrivevano
preferibilmente ciò che avevano appreso per sentito dire, piuttosto che
quello che loro stessi avevano sperimentato.
Non ho nessuna intenzione di
intessere un racconto pieno di miracoli e di prodigi divini: certamente
ne ho sentito parlare dai nostri anziani ed io stesso ne ho visti
compiere da loro in grande numero e davvero incredibili. Tuttavia
tralascio tutto ciò, poiché è adatto solo ad eccitare l'ammirazione del
lettore senza essergli di alcun insegnamento per (raggiungere) la vita
perfetta. Io mi sforzerò solo di esporre fedelmente, nella misura in cui
mi sarà possibile con l'aiuto di Dio, ciò che ho sentito dai padri sulle
loro istituzioni e sulle regole dei monasteri, in particolare
sull'origine, le cause ed i rimedi dei vizi principali, che loro
dispongono nel numero di otto. |
8. Propositum siquidem mihi est, non de mirabilibus Dei, sed de correctione morum nostrorum et consummatione vitae perfectae, secundum ea quae a senioribus nostris accepimus, pauca disserere.
In eo quoque praeceptis
tuis satisfacere studebo, ut si quid forte non secundum typum majorum
antiquissima constitutione fundatum, sed pro arbitrio uniuscujusque
instituentis monasterium, vel diminutum, vel additum in istis regionibus
comprobavero; secundum eam quam vidimus monasteriorum regulam, per
Aegyptum vel Palaestinam antiquitus fundatorum, fideli sermone, vel
adjiciam, vel recidam [Al. rescindam]: Nequaquam credens
rationabilius quippiam, vel perfectius constitutionem novellam in
occiduis Galliarum partibus reperire potuisse, quam illa sint instituta,
in quibus ab exordio praedicationis apostolicae a sanctis ac
spiritualibus patribus fundata monasteria ad nos usque perdurant. |
8. Quindi, non sono le meraviglie di
Dio, ma la correzione dei nostri costumi e dei mezzi per raggiungere il
compimento della vita perfetta, che io mi propongo di trattare
brevemente, così come ho appreso dai nostri anziani. Anche su questo punto cercherò di soddisfare i tuoi suggerimenti: se per caso vedrò che è stata praticata in queste regioni qualche abrogazione o aggiunta secondo i desideri di ogni fondatore dei monasteri e non secondo il modello stabilito dai padri fin dalla più antica antichità, io sarò fedele nel ripristinare (ciò che è stato abrogato) e nell'abrogare (le aggiunte) secondo quella regola che abbiamo visto nei monasteri di Egitto e Palestina, dalle fondazioni così antiche. Non credo che una nuova istituzione in questi paesi occidentali della Gallia abbia potuto trovare qualcosa di più ragionevole o più perfetto di quelle istituzioni che, dall'inizio della predicazione apostolica, perdurano fino ad oggi nei monasteri fondati dai padri santi e spirituali. |
9.
Illam sane moderationem opusculo huic inserere praesumam, ut ea quae
secundum Aegyptiorum regulam, seu pro asperitate aerum, seu pro
difficultate ac diversitate morum impossibilia in his regionibus, vel
dura vel ardua comprobavero, institutis monasteriorum, quae per
Palaestinam vel Mesopotamiam habentur, aliquatenus temperem: quia si
rationabilis possibilium mensura servetur, eadem observantiae
perfectio est etiam in impari facultate. |
9. Tuttavia mi prenderò la
responsabilità di introdurre in questo libretto una certa moderazione.
Io attenuerò in una certa misura, con l'aiuto delle istituzioni che si
vedono nei monasteri della Palestina o della Mesopotamia, i punti della
regola egiziana che mi sembrassero impossibili, o duri, o difficili (da
osservare) in queste nostre regioni, sia per la durezza del clima, sia a
causa della complessità e della diversità delle abitudini. Quando si
osserva la misura ragionevolmente possibile, la perfezione
dell'osservanza rimane uguale, anche con mezzi disuguali. |
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19 gennaio 2019 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net