LE CONFERENZE SPIRITUALI
di GIOVANNI CASSIANO
8.a CONFERENZA
SECONDA CONFERENZA DELL'ABATE SERENO
GLI SPIRITI CHE
SI DICONO PRINCIPATI
Estratto da “Giovanni Cassiano –
Conferenze spirituali” – Edizioni Paoline
Indice
dei Capitoli
I - Cortesia dell’abate Sereno;
II - Domande sulle diversità
che si riscontrano tra gli spiriti maligni;
III - Risposta: la sacra
Scrittura racchiude diversi alimenti;
IV - Nella interpretazione della sacra
Scrittura si possono avere due sentenze diverse;
V - La risposta al quesito
proposto
è
da computarsi tra le opinioni liberamente dibattute;
VI - Dio non ha
creato nulla che sia cattivo;
VII - Origine dei Principati o Potestà;
VIII - Della caduta del diavolo e degli angeli;
IX
- Obiezione: la caduta del diavolo incomincia con la seduzione di Eva;
X - Risposta riguardante l’origine della caduta del diavolo;
XI - Il
castigo riservato a chi inganna e a chi
è
ingannato;
XII -
Demoni che a schiere popolano l’aria e loro movimenti;
XIII - Le schiere degli angeli buoni e di quelli malvagi esercitano tra loro
le stesse battaglie che suscitano tra gli uomini;
XIV - Da dove
è derivato il nome di
Principati e Potestà agli spiriti maligni;
XV - Non senza una ragione gli
spiriti celesti hanno ricevuto il nome di Angeli e Arcangeli;
XVI - La
sottomissione che i demoni osservano nei confronti dei loro capi viene
dimostrata attraverso la visione di un monaco;
XVII - Ogni uomo ha due
angeli attorno a sé;
XVIII -
Due filosofi dimostrano la diversità di malizia
esistente tra gli spiriti maligni;
XIX - Niente possono i demoni contro gli
uomini, se prima non s'impossessano della loro mente;
XX - Domanda
riguardante quegli angeli ribelli dei quali si legge, nel libro del Genesi, che
ebbero rapporti con le figlie degli uomini;
XXI - Soluzione della questione
proposta;
XXII - Come si può imputare ai figli di Seth la loro unione con le
figlie di Caino, se quella unione non era stata proibita in antecedenza?;
XXIII - Risposta: fin dall’inizio dei tempi la legge naturale rese gli uomini
passibili di giustizia e di pena;
XXIV - Coloro che peccarono prima del
diluvio furono puniti giustamente;
XXV - Come si deve intendere il Vangelo
quando dice che il demonio è « bugiardo e padre della menzogna »
[1].
I
-
Cortesia dell’abate Sereno
Dopo aver compiuti gli atti che il giorno festivo esigeva, quando l'assemblea si
sciolse, noi tornammo alla cella del santo vecchio, dove ci fu offerta una lauta
refezione. Invece della solita salsa condita d’una goccia d’olio, che costituiva
il suo cibo quotidiano, quel giorno l’abate Sereno preparò un intingolo nel
quale versò una razione d’olio più abbondante del solito.
Ho detto prima che ogni monaco, quando sta per prendere il suo cibo quotidiano,
vi lascia cadere una goccia d’olio, ma non lo fa per avere qualche piacere nel
gustarla. Del resto la quantità è così piccola che, oltre a non poter
accarezzare le papille della gola, direi che non è neppur capace di
raggiungerle.
L’uso della goccia d’olio ha lo scopo di reprimere la superbia, che in seguito
alle penitenze straordinarie, tenta accortamente e nascostamente d’insinuarsi
nel cuore. Quella goccia vuole spuntare le armi dell’orgoglio, perché quanto più
l’astinenza è segreta e nascosta allo sguardo degli uomini, tanto più diventa un
motivo di sottile tentazione per colui che l’esercita.
Oltre all’intingolo, Sereno ci offrì sale arrostito e tre olive per ciascuno;
poi portò un canestro con ceci abbrustoliti — quei ceci nel linguaggio dei
monaci si chiamano
Trogalia
o Zuccherini — e noi ne prendemmo soltanto cinque per ciascuno. Prendemmo
inoltre due prugne e un fico secco, perché in quel deserto sarebbe una colpa
oltrepassare una tal misura.
Terminata la refezione, chiedemmo al nostro ospite di mantenere la promessa e di
continuare la trattazione del tema. Al che Sereno rispose: proponete la domanda
di cui abbiamo rimandato l'esame a questo momento.
II -
Domanda sulle diversità che si riscontrano tra gli spiriti maligni
Germano allora incominciò: vorremmo sapere da dove nasce questa sì grande
varietà e molteplicità di potenze nemiche collegate fra loro ai danni dell’uomo.
Di queste potenze parla l'Apostolo quando dice: « La nostra lotta non è col
sangue e con la carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori
del mondo delle tenebre, contro gli spiriti maligni dell'aria
»[2]
e ancora: « Né angeli, né principati, né virtù, né alcun’altra creatura potrà
separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù Signor nostro »[3].
Da qual parte, io domando, ci son venuti contro
tanti nemici gelosi e malintenzionati? È forse vero che il Signore ha creato
queste potenze nemiche perché facessero guerra agli uomini con diversità e con
gradi diseguali?
III -
Risposta: la sacra Scrittura racchiude diversi alimenti
Sereno - Tra le
tante verità che la divina Scrittura offre alla nostra istruzione ve ne sono
alcune che sono rivestite di assoluta chiarezza, anche per le menti meno colte;
quelle verità non soltanto escludono un senso nascosto sotto i veli
dell’allegoria, ma non hanno bisogno neppure di una spiegazione letterale: ogni
parola mostra chiarissimo il suo significato. Altre verità, invece, sono così
nascoste e coperte da veli che, per essere spiegate e comprese, chiedono una
applicazione vasta e profonda.
I motivi per cui Dio ha voluto così, sono certamente molti. Il primo è questo:
se i segreti di Dio non si nascondessero sotto il velo del senso spirituale,
potrebbero conoscerli tutti, senza alcuna distinzione tra iniziati e profani;
tutti avrebbero la stessa facilità e si annullerebbe la differenza tra gli
indolenti e coloro che s’impegnano a cercare con fatica e prudenza. In secondo
luogo la sacra Scrittura, per il fatto che offre profondità vertiginose da
esplorare, presenta una ragione valida per rimproverare ai cristiani pigri la
loro negligenza, e per lodare l’ardore e l’impegno dei cristiani fervorosi.
La sacra Scrittura si può opportunamente paragonare a un campo ricco e fertile,
che produce una mirabile varietà di cibi; ma alcuni di questi sono atti a
diventare cibo del- l’uomo, così come son nati, senza che sia necessaria la
cottura; altri invece sono sconvenienti o nocivi a chi li usa se prima non hanno
perso, attraverso la cottura, la loro naturale asprezza, che dev’essere
sostituita da una tenera appetibilità. Ci sono poi altri prodotti dei campi che
si prestano ad essere mangiati cotti e crudi; anche se non sentono il fuoco, la
loro asprezza non è disgustosa, né può causare mali di sorta. Tuttavia, quando
sono cotti al fuoco, acquistano una più alta virtù nutritiva. Una gran parte dei
prodotti della natura son destinati agli animali privi di ragione: alle bestie
da soma, alle bestie selvagge, agli uccelli. Quei prodotti non andrebbero bene
come cibo dell’uomo, ma sono ottimi per conservare la vita degli animali bruti,
ai quali convengono, così come la natura li ha prodotti, senza bisogno d’alcuna
cottura.
Qualche cosa di somigliante avviene — almeno così mi pare — in quel paradiso
ricchissimo che è la sacra Scrittura. In esso si trovano alcune espressioni così
luminose ed evidenti che, senza bisogno di spiegazioni più profonde, nutrono lo
spirito col semplice suono delle parole. Ecco qualche esempio: « Ascolta,
Israele: il Signore Dio nostro è il solo Dio »[4];
e ancora « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con
tutte le forze »[5].
Altri passi del Libro sacro, invece, se non si ammorbidiscono con una
spiegazione allegorica e non si addolciscono alla prova del fuoco spirituale,
anziché fornire all’uomo interiore un alimento vitale, immune da ogni germe
d’infezione, possono portare un danno serio. Daremo anche a questo riguardo
qualche esempio: « I vostri fianchi siano cinti, e le lucerne stiano nelle
vostre mani »[6];
e ancora: « Chi non ha una spada venda la tunica e se la compri »[7];
oppure: « Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me »
[8]. Quest’ultima parola del Vangelo, da
certi monaci molto austeri, che possedevano « lo zelo di Dio ma non secondo
scienza »
[9],
fu presa alla lettera; perciò si costruirono delle croci di legno che portavano
continuamente sopra le spalle. Ma così facendo non dettero edificazione al
prossimo, anzi mossero tutti al riso.
Altri passi della sacra Scrittura possono essere intesi storicamente e
allegoricamente, sempre con vantaggio di chi legge: in tutti e due i casi
l’anima vi trova vital nutrimento. Ecco anche qui alcuni esempi: « Se uno ti
percuote sulla guancia destra, mostragli la sinistra »
[10]; e ancora: « Quando vi perseguitano
in questa città, fuggite in un’altra »
[11]; e infine: « Se vuoi essere
perfetto, va’ vendi quel che possiedi, donalo ai poveri ed avrai un tesoro in
cielo; poi vieni e seguimi »
[12].
Ma la sacra Scrittura produce anche il fieno per
le bestie da soma
[13];
anzi di quel fieno sono ripieni tutti i campi delle Scritture: intendo dire il
senso storico — letterale puro e semplice. Anche le menti prive di cultura e
incapaci di una perfetta penetrazione del senso mistico, vi trovano un alimento
proporzionato al loro stato, rispondente ai loro bisogni, un alimento che dona
vigore e forza soltanto per l’escremo della vita attiva. È per questo che il
salmista ha detto al Signore: « Tu salverai gli uomini e le bestie »[14].
IV -
Nella interpretazione della sacra Scrittura si possono avere due
sentenze diverse
Nei casi in cui la sacra Scrittura parla con evidente chiarezza, possiamo
affermare la nostra interpretazione senz’alcun timore, esprimere con certezza il
nostro pensiero.
Ma in quelle verità che lo Spirito Santo ha profondamente velato, allo scopo di
somministrare materia alla riflessione e alla ricerca, in quelle cose, dico, che
il Signore ha voluto farci apprendere per semplici indizi e congetture, occorre
avanzare con cautela, a passi circospetti, in modo che chi parla sia libero di
affermare o no, e chi ascolta sia libero di accettare o non accettare.
Può darsi infatti che sopra uno stesso argomento
si abbiano due spiegazioni, e tutte e due ragionevoli. Allora si potrà, se non
c’è pericolo per la fede, scegliere l’una o l’altra: dare alla prima un assenso
condizionato, tale cioè che non escluda assolutamente la seconda sentenza.
Esempi di questa doppia interpretazione sono: Elia è venuto nella persona di
Giovanni Battista e dovrà tornare ancora per annunziare l’ultima venuta del
Signore[15];
oppure: l’abominio della desolazione, posto nel luogo santo[16],
indica la statua di Giove che sappiamo essere stata collocata nel tempio di
Gerusalemme, o può significare la profanazione della Chiesa con l’avvento
dell’Anticristo. Allo stesso modo, ciò che nel Vangelo segue alla desolazione e
profanazione del tempio può essere inteso come profezia che si è compiuta prima
della distruzione di Gerusalemme, o che dovrà compiersi prima della fine del
mondo. Nessuna delle due interpretazioni esclude l’altra, e la prima maniera di
spiegare non rende vana e inutile la seconda.
V -
La risposta al quesito proposto è da computarsi tra le opinioni
liberamente dibattute
La questione da voi proposta non pare sia stata molto discussa per l’addietro e
resta ancora oscura alla più gran parte degli uomini, perciò quel che io dirò
potrà apparire poco sicuro a molti. In vista di ciò non sarò perentorio nelle
mie affermazioni.
La fede della santissima Trinità non soffrirà
alcun danno per il fatto che la mia spiegazione sia presentata come soltanto
probabile, pur non appartenendo essa al numero delle opinioni che si fondano
semplicemente sopra supposizioni e congetture, ma essendo basata su
testimonianze chiarissime della Scrittura.
VI -
Dio non ha creato nulla che sia cattivo
Lungi da me la volontà di affermare che Dio ha creato qualcosa di
sostanzialmente cattivo; la sacra Scrittura infatti ci attesta che tutto quanto
Dio fece era assai buono[17],
Se ammettessimo che gli spiriti maligni furono creati da Dio come sono oggi,
oppure che furono destinati fin dal primo momento a ingannare e rovinare gli
uomini, andremmo contro l'affermazione già citata nella sacra Scrittura e
accuseremmo Dio di essere il creatore e l’inventore del male; perché in tal caso
avrebbe creato lui queste volontà e nature malvage, affinché rimanessero fisse
nella loro malizia, senza mai poter giungere a sentimenti di bontà.
Ecco dunque la ragione della diversità tra le
potenze del male, come si può apprenderla alle fonti della sacra Scrittura,
secondo la tradizione dei nostri Padri.
VII -
Origine dei Principati o Potestà
Nessun cristiano dubita che Dio, prima di creare questo mondo visibile, creò le
virtù spirituali e celesti[18],
le quali, consapevoli di essere state create dal nulla per un’altissima gloria e
beatitudine, dovevano rendere continue azioni di grazia alla benignità del
Creatore e unirsi a lui in un canto incessante di lode.
Non dobbiamo infatti pensare che Dio abbia dato inizio all’opera creativa con la
produzione di questo mondo in cui viviamo, quasi che gli infiniti secoli che
precedettero la nascita del nostro mondo la Provvidenza divina fosse rimasta
inattiva, e Dio, non avendo in chi riversare i benefici della sua bontà, fosse
rimasto in assoluta solitudine, impedito di esercitare la sua munificenza.
Questo equivarrebbe ad avere un concetto meschino e sbagliato della maestà
divina, infinita, eterna e incomprensibile. Molto più che il Signore stesso ci
parla così di quelle potenze: « Quando gli astri apparvero in coro, tutti i miei
angeli mi lodarono a gran voce »
[19]. Se dunque gli angeli erano presenti
alla creazione degli astri; se, al veder tutte le creature materiali balzare dal
nulla, proruppero in canti d’ammirazione e di lode, bisogna evidentemente
ammettere che essi furono creati prima di quel «
principio
» che segue l’inizio del cielo e della terra.
Prima dell’inizio dei tempi, che secondo il senso letterale e giudaico dato al
Genesi, segna l’età del mondo, è fuori dubbio che Dio creò le potenze e virtù
celesti. Abbiamo detto « secondo il senso letterale e giudaico », per escludere
il senso cristiano, per il quale Cristo è principio di tutte le cose. Il Padre
ha tutto creato in Cristo, secondo quella parola evangelica: tutto fu fatto per
mezzo di lui e senza di lui niente fu fatto
[20].
Di queste nature spirituali, create prima del
mondo, san Paolo ci dà il catalogo quando dice: « In Cristo furono create tutte
le cose nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le invisibili, siano i
Troni, siano le Dominazioni, siano i Principati, siano le Potestà. Tutto per
mezzo di lui e in lui fu creato »
[21].
VIII -
La
caduta del diavolo e degli angeli
Molti di questi spiriti, e proprio quelli di più elevata dignità, caddero
miseramente. Ce ne fanno fede le lamentazioni di Ezechiele o d’Isaia, nelle
quali si geme e si piange sul principe di Tiro e su Lucifero che sorgeva
splendente al mattino. Riguardo al principe di Tiro, ecco come il Signore parla
ad Ezechiele: « Figlio dell’uomo, intona una lamentazione sul re di Tiro e gli
dirai: Così parla il Signore Dio: tu eri sigillo di perfezione, pieno di
sapienza, al colmo dello splendore: eri nelle delizie del paradiso di Dio, ogni
sorta di pietre preziose ingemmava la veste che ti copriva, il sardio, il
topazio, lo iaspide, il crisolito, l’onice, il berillo, lo zaffiro, il
carbonchio, lo smeraldo, l’oro fu apprestato in servizio della tua bellezza e la
filigrana era creata per il giorno in cui saresti stato creato. Tu eri un
cherubino che stende le ali protettrici, io ti avevo posto sul monte santo di
Dio e tu incedevi in mezzo a pietre infocate. Perfetto nei tuoi procedimenti dal
giorno in cui fosti creato fino a tanto che l’iniquità fu ritrovata in te.
Nell’immensità del tuo traffico il tuo interno si riempì di iniquità e hai
peccato, e io ti scacciai dal monte di Dio e ti mandai in perdizione o cherubino
protettore, di mezzo le pietre fiammeggianti.
Il tuo cuore s’innalzò nella tua bellezza, e nella tua bellezza hai perduto la
tua sapienza. Io ti ho gettato a terra, nel cospetto dei re ti ho esposto,
affinché ti contemplassero. Per l’eccesso delle tue iniquità, per la malvagità
del tuo traffico hai profanato il tuo sacrario »[22].
Di Lucifero dice Isaia: « Come sei caduto dal cielo, o Lucifero, che nascevi
all’aurora? Sei stato abbattuto a terra, tu che straziavi le genti, tu che
dicevi nel tuo cuore: al disopra degli astri di Dio innalzerò il mio trono,
sederò nel monte del convegno dei numi, nei penetrali aquilonari; salirò sulla
sommità delle nuvole, sarò simile all’Altissimo »[23].
I due non furono soli a precipitare dal loro altissimo grado di beatitudine; la
sacra Scrittura ci attesta che il Dragone travolse nella sua rovina un terzo
delle stelle[24].
Uno degli Apostoli è ancor più esplicito a tal proposito: « Gli angeli che non
riconobbero la loro dignità, ma abbandonarono la loro dimora, li riservò per il
giudizio del gran giorno, nelle tenebre, stretti in eterne catene »[25].
E quelle parole che si leggono nei Salmi: « Voi al par degli uomini morrete, e
come uno dei
principi
cadrete »[26],
che cosa significano, se non s’intendono dette dei Principi celesti che caddero
in gran numero?
Da tutti questi indizi noi possiamo scoprire la
ragione della diversità tra le potenze del male. Esse possono aver conservato le
loro differenze a seconda del grado in cui ciascuna schiera angelica fu creata,
oppure, dopo essere precipitate dall’alto dei cieli, hanno cercato di imitare
gli angeli fedeli a Dio, nel nome e nella dignità, distinguendosi —
contrariamente a quelli — a seconda della malizia e della perversità.
IX -
Obiezione: la caduta del diavolo incomincia con la seduzione di
Eva
Germano
- Noi credevamo fino ad ora che la causa per cui il diavolo prevaricò e cadde
dalla dignità degli angeli, fosse stata l'invidia dimostrata quando, con la sua
astuzia gelosa, sedusse Adamo ed Eva.
X -
Risposta riguardante
l'origine
della caduta del diavolo
Sereno - Il libro
del
Genesi afferma
chiaramente che il principio della ribellione e della caduta di Satana non fu
quello che voi dite. Prima ancora che i progenitori fossero sedotti, la
Scrittura santa ritenne giusto chiamare Lucifero col nome di serpente; dice
infatti: « Il serpente era il più sapiente — o il più astuto, come recano i
testi ebraici — di tutti gli animali della terra, creati dal Signore Dio »
[27].
Da ciò potete intendere che prima di aver ingannato Adamo, il demonio era già
decaduto dalla santità degli angeli. Non solo meritava già di essere designato
col nome di serpente, ma era dichiarato superiore a tutti gli altri animali
della terra per quanto riguarda i raggiri della malizia. La sacra Scrittura non
avrebbe mai chiamato un angelo fedele a Dio con nome infamante, essa non
parlerebbe mai degli angeli fedeli con termini come questi: « Il serpente era il
più sapiente fra tutte le bestie della terra ». Un nome di tal genere non solo
sarebbe ingiurioso per angeli come Gabriele o Michele, ma anche per un uomo
rispettabile. Perciò noi diciamo che il termine « serpente » e il paragone con
gli altri animali, non indicano la dignità dell'angelo ma la vergogna del
ribelle. È vero piuttosto che dalla caduta del demonio, già consumata quando
l'uomo fu creato, nacque la gelosia che spinse a ingannare la prima coppia umana
con quegli artifici che conosciamo. Satana non sopportava di vedere quest’uomo
(fatto col fango della terra) chiamato alla gloria che una volta era stata sua,
e dalla quale era caduto quando cessò di essere uno dei principi delle schiere
celesti. È dunque vero che la prima colpa del demonio fu un atto di orgoglio, e
questa gli meritò il nome di serpente: la colpa d'invidia venne in un secondo
tempo.
Prima di peccare per invidia il maligno era
ancor capace di stare eretto, di intrattenere una conversazione e di prendere
una decisione con l'uomo, ma dopo quel peccato la giusta sentenza di Dio lo
abbatte completamente. Ormai egli non potrà più alzare verso il cielo i suoi
sguardi; assumere una posizione eretta: è condannato a strisciare sul suolo, ad
avere per alimento la terra, che significa le opere del vizio. Fino a quel
momento egli era stato per l'uomo un nemico nascosto, ma Dio lo scoprì e stabilì
tra lui e l’uomo una utile inimicizia, una discordia salutare. D’ora in avanti
sarà possibile difendersene come da un nemico pericoloso: egli non potrà più
nuocere all’uomo dissimulando un’amicizia fraudolenta.
XI -
Il castigo riservato a chi inganna e a chi è ingannato
Quanto abbiamo detto deve servire soprattutto a noi, insegnandoci a fuggire i
cattivi consigli. Perché, è vero che il seduttore è stato punito come si era
meritato, ma anche il sedotto non è sfuggito al castigo, anche se è vero che nel
secondo caso la severità è stata minore. Tutto questo è detto chiaramente nella
Scrittura divina.
Adamo fu sedotto, o se vogliamo usare le parole di san Paolo, « non fu sedotto »
[28], ma si arrese, per sua disgrazia, a
colei che era stata sedotta; in conseguenza di ciò si vide condannato alla
fatica e al sudore della fronte. Dove è da osservare che questi mali non sono
l’effetto di una maledizione che cade direttamente su Adamo; sono invece effetto
della maledizione della terra e della sua infecondità. La donna invece, che
persuase l’uomo a commettere il male, si ebbe una colluvie di gemiti, di dolori,
di tristezze. In più essa sarà per sempre sottomessa all’uomo. Il serpente, poi,
che fu il primo istigatore del peccato, fu colpito da una maledizione eterna.
Bisogna dunque star bene in guardia contro i
cattivi consigli, perché se questi ricadono come punizioni su colui che li dona,
non lasciano indenne da colpa e da castigo colui che li accetta.
XII -
Demoni che a schiere popolano
l'aria
e loro movimenti
Lo spazio che si stende fra la terra e il cielo è popolato da un numero
sterminato di spiriti che volano e operano senza un momento di riposo o di ozio.
Sono tali e tanti che fu una benigna disposizione della Provvidenza averli
sottratti alla nostra vista. Il loro numero, la mostruosità delle forme che
possono prendere a loro piacere, darebbero agli uomini uno spavento
insopportabile, tale da non permetter loro di reggersi in piedi: occhi di carne
non son capaci di sostenere sì orribile vista. Potrebbe anche avvenire' che
quella vista, con i mali esempi continui che comporterebbe, provochi gli uomini
all’imitazione, e li renda di giorno in giorno più perversi. Da ciò nascerebbe,
tra gli uomini e gli spiriti immondi dell’aria, una dannosa familiarità, una
consuetudine di morte. Nessuno nega che tra gli uomini si commettano molti
delitti, ma sono nascosti dal segreto delle mura, dalla distanza dei luoghi, da
un certo senso di pudore. Ora, se quei delitti si avessero continua- mente sotto
gli occhi, per opera dei demoni, l’umanità sarebbe spinta a più grave smania di
fare il male.
Non ci sarebbe infatti più un istante in cui non
si dovessero vedere di questi delitti, perché i demoni non vanno soggetti come
noi alla stanchezza del corpo, alle preoccupazioni della famiglia, al pensiero
del pane quotidiano; cose queste che ci obbligano, anche con nostro dispiacere,
a interrompere le nostre imprese.
XIII -
Le schiere degli angeli buoni e di quelli malvagi esercitano tra
loro le stesse battaglie che suscitano tra gli uomini
È poi certo che gli spiriti celesti e quelli del male, combattono tra loro le
stesse battaglie che suscitano tra gli uomini. L’origine della discordia sta nel
fatto che i demoni prendono sotto il loro patrocinio alcuni popoli, che hanno
stretto con loro un patto d’unione nella perversità. Di qui discordie, lotte e
una guerra senza fine con gli angeli di Dio.
Una visione del profeta Daniele ci dà la riprova di questa verità. Ecco come gli
parla l’arcangelo Gabriele: « Non temere, Daniele, perché dal primo giorno che,
per ottenere intelligenza, ti sei messo in cuore di darti alla penitenza nel
cospetto del tuo Dio, le tue parole sono state esaudite, e io sono venuto qui in
seguito alle tue parole. Il principe del regno dei Persiani mi ha fatto
resistenza per ventun giorni; quand’ecco Michele, imo dei primissimi principi,
venne in mio aiuto, ed io rimasi qua presso il re dei Persiani. Ora son venuto
per istruirti intorno alle cose che saranno per venire al tuo popolo negli
ultimi giorni »
[29].
Nessun dubbio che questo « principe del regno dei Persiani » è una potenza
maligna, favorevole al popolo persiano e nemica del popolo di Dio. Siccome, per
opera dell’arcangelo Gabriele, stava sul punto di risolversi la difficoltà per
la quale Daniele si era rivolto al Signore, lo spirito maligno vuole impedire
questo effetto; perciò si mette, invidioso, contro l’angelo del Signore, allo
scopo di impedire che la parola di questo giunga a Daniele e conforti il popolo
del Signore, sul quale Gabriele stendeva la sua protezione. Lo stesso Gabriele
assicura al profeta che l’opposizione dello spirito maligno è stata così
violenta che egli non sarebbe arrivato fino a lui se l’arcangelo Michele non
fosse venuto in suo aiuto, non si fosse schierato di fronte al principe del
regno dei Persiani e avesse preso a combattere contro di lui, per consentire a
Gabriele — ormai al riparo dagli assalti del maligno — di recare a Daniele il
messaggio di cui era stato incaricato da ben ventun giorni.
Poche righe dopo la profezia di Daniele riprende così: « Sai tu, disse l’angelo,
perché son venuto a te? Ora ritornerò per combattere la mia causa contro il
principe dei Persiani; mentre io uscivo apparve il principe dei greci che stava
venendo. Ma io ti annuncerò ciò che è registrato nel libro della verità e
nessuno mi dà aiuto in tutto questo al- l’infuori di Michele vostro principe »[30].
E ancora: « In quel tempo sorgerà Michele il principe grande che sta alla difesa
dei figli del tuo popolo »[31].
Abbiamo visto dunque un altro spirito avverso che è il « principe dei Greci »;
questo sta in favore di quel popolo che gli è soggetto e si mostra nemico sia
del popolo di Dio che del popolo persiano.
Da ciò si deduce chiaramente che le discordie,
le rivalità, le guerre, eccitate fra i popoli dalle potenze contrarie, hanno le
loro ripercussioni fra gli angeli buoni e cattivi. Come la vittoria dei loro
protetti li fa godere, così la sconfitta li fa soffrire. Fra queste potenze è
impossibile che si stabilisca una concordia: ognuna combatte, con avversione
implacabile, a favore del popolo che protegge, contro la potenza che protegge il
popolo rivale.
XIV -
Da dove è derivato il nome di Principati e Potestà agli spiriti
maligni
Alle opinioni già riferite bisogna aggiungere che questi spiriti son chiamati
Principati e Potestà per un motivo evidente, cioè perché esercitano sopra i
diversi popoli un vero dominio e una vera presidenza: oppure perché hanno alle
proprie dipendenze altri spiriti e demoni di minor dignità. Dal Vangelo infatti
sappiamo — come essi stessi confessano — che i demoni sono legioni. Sta di fatto
che quegli spiriti non potrebbero chiamarsi Dominazioni se non avessero dei
soggetti sui quali esercitare il loro dominio; né potrebbero chiamarsi
Principati se non ci fosse su chi poter esercitare la loro sovranità. Questa
verità è confermata dalla bestemmia che il Vangelo coglie sulla bocca dei
farisei, quando dicono : « Per virtù di Beelzebub, principe dei demoni, egli
(Gesù) scaccia i demoni »[32].
Altrove leggiamo il nome di « rettori delle tenebre
»[33]
attribuito
ai demoni, oppure troviamo che un altro demonio è chiamato « principe di questo
mondo »
[34].
L’Apostolo però ci assicura che questa specie di gerarchia scomparirà quando
tutto sarà sottomesso a Cristo. Egli dice: « E consegnerà il regno a Dio Padre,
dopo aver; annientato ogni Principato, Potestà e Dominazione »
[35].
E ciò avverrà soltanto quando saranno stati
sottratti all'impero dei demoni coloro sui quali si esercita ora la loro
potenza, il loro dominio, la loro potestà.
XV -
Non senza una ragione gli spiriti celesti hanno ricevuto il nome di
Angeli e di Arcangeli
Non v’è dubbio che questi stessi nomi sono stati opportunamente attribuiti anche
agli angeli buoni, per designare la loro gerarchia, per distinguere i loro
uffici, il merito, la dignità.
È certo dunque che il nome di Angeli, che vuol
dire « messaggeri », è preso dal compito loro spettante di annunciare le divine
volontà. Il nome di Arcangeli deriva dal fatto che questi comandano ai semplici
Angeli, come esprime l’etimologia della parola. Altri spiriti son chiamati
Dominazioni perché realmente dominano su molti altri; altri ancora son detti
Principati perché hanno sudditi che loro obbediscono come a principi; oppure
Troni a causa della stretta unione d’amicizia che li lega a Dio, tanto che la
divina maestà sembra riposare particolarmente in loro, come sopra un trono, e
stabilirsi in loro in maniera più ferma.
XVI -
La sottomissione che i demoni osservano nei confronti dei loro capi
viene dimostrata attraverso la visione di un monaco
Riguardo alla dipendenza di alcuni spiriti immondi da altri peggiori di loro,
non abbiamo soltanto la testimonianza del Vangelo, in cui è riferita la risposta
del Signore ai farisei : « Se io scaccio i demoni in nome di Beelzebub
principe dei demoni...
»[36]
con quel che segue. La stessa cosa ci è confermata da molte visioni ed
esperienze dei santi.
Uno dei nostri fratelli viaggiava in questo deserto verso Torà del tramonto;
trovò una caverna e vi entrò per compiere la sua prece vespertina. Nella recita
dei Salmi trascorse la mezzanotte e, terminato l’ufficio, il fratello si distese
un poco per ricreare le membra stanche. Subito vide eserciti di demoni che
irrompevano da ogni parte: erano schiere innumerevoli e fitte che avanzavano in
una interminabile sfilata: alcune precedevano il loro principe, altre lo
seguivano. Finalmente arrivò il gran capo: di statura superava tutti gli altri
demoni, d’aspetto era il più spaventoso tra tutti. Fu eretto un trono e quello
vi prese posto, come in un tribunale altissimo, per cominciare un esame
meticoloso della condotta di ciascuno.
Coloro che confessavano di non essere ancora riusciti a far cadere i loro
avversari, li faceva togliere dalla sua presenza come pigri e buoni a nulla;
nello stesso tempo li caricava d’improperi e d’ingiurie, mentre, fremendo di
furore, rinfacciava loro tanto tempo sprecato e tanti sforzi andati perduti.
Quelli invece che riferivano di aver fatto cadere le anime loro affidate, li
copriva d’elogi, fra la gioia e gli applausi di tutti; poi li faceva sfilare
davanti agli altri, come combattenti valorosissimi, degni d’essere additati ad
esempio. Nel numero dei demoni vittoriosi se ne presentò uno particolarmente
lieto, per riferire un trionfo straordinarissimo. Egli fece il nome di un monaco
assai noto, che era caduto dopo quindici anni di assedio. In quella stessa notte
il monaco era caduto in peccato di lussuria con una fanciulla, alla quale aveva
poi fatto promettere che sarebbe vissuta con lui come sua moglie. A questa
notizia si alzarono da tutti grida di grandissima gioia e il vincitore si
ritirò, colmato di elogi e di gloria, dal principe delle tenebre.
Al sopraggiungere dell’aurora la moltitudine dei
demoni dileguò, e il fratello che aveva avuto la visione incominciò a dubitare
sulla verità della notizia data da quello spirito immondo. Era propenso a
credere che, con la sua solita scaltrezza, il demonio avesse tentato di
ingannarlo addossando a un fratello innocente un peccato di lussuria. Gli veniva
alla mente in proposito la parola del Vangelo: « Egli non perseverò nella
verità, perché la verità non è in lui. Quando dice la menzogna parla del suo
perché è bugiardo e padre della menzogna »
[37]. Perciò si recò a Pelusio, dove
sapeva che dimorava il monaco sul quale il demonio affermava di aver riportato
vittoria, Si trattava per di più di un fratello assai noto al monaco della
visione. Dopo averlo attentamente cercato, venne a sapere che in quella stessa
notte in cui il sozzo demonio aveva annunziata la caduta ai suoi compagni e al
suo capo, il poveretto aveva abbandonato il monastero e s’era recato al
villaggio, dove era miseramente caduto in peccato con la fanciulla designata.
XVII -
Ogni uomo ha due angeli attorno a sé
La Scrittura afferma che ciascuno di noi ha vicini due angeli: uno buono e uno
cattivo. Parlando degli angeli buoni, così dice il Signore: « Guardatevi dal
disprezzare qualcuno di questi piccoli, poiché vi dico che i loro angeli, nei
cieli, vedono continuamente il volto del Padre mio che è nei cieli »[38].
E il salmo dice: « S’accampa l’angelo del Signore attorno a quei che lo temono e
li salva »[39].
Negli Atti degli Apostoli si legge a proposito di s. Pietro: « È il suo angelo!
»[40].
C’è poi il
Pastore
di Erma che ha una trattazione completa sull’angelo buono e su quello cattivo[41].
Se infine consideriamo il demonio che tenta
Giobbe, ci accorgeremo che è lo stesso del quale si dice che gli tendeva insidie
senza riuscire a farlo peccare. Per questo domanda al Signore di avere potestà
su di lui, perché sa che Giobbe gli resiste, non per forza propria, ma perché è
continua- mente avvolto dalla protezione divina. Di Giuda poi è scritto che « il
diavolo stava alla sua destra »[42].
XVIII -
Due filosofi dimostrano la diversità di malizia esistente tra gli
spiriti maligni
Sulle diversità che corrono tra i vari raggruppamenti di demoni, siamo stati
bene informati da quei due filosofi che un tempo, per mezzo delle arti magiche,
ne misero ripetutamente alla prova la debolezza, la forza, la ferocia.
I nostri filosofi disprezzavano il beato Antonio, come uomo rozzo e ignorante, e
volevano nuocergli in qualche modo. Dato che non avevano altro mezzo per attuare
il loro disegno, vollero almeno cacciarlo fuori dalla cella con sortilegi e
inganni diabolici. A tale scopo gli mandarono una schiera di spiriti
immondissimi. Li spingeva a fare ciò la gelosia nata in loro a causa delle
grandissime folle che andavano ogni giorno a visitare Antonio, ritenuto servo di
Dio.
Ma il santo monaco, ora si faceva il segno di croce sul petto e sulla fronte,
ora si sprofondava in una preghiera umilissima, e così quei demoni ferocissimi
non ardivano neppure avvicinarglisi; furono anzi costretti a ritornarsene presso
coloro che li avevano mandati senza aver concluso nulla.
Allora furono mandati altri demoni di una
malizia più furiosa, ma anche quelli spesero invano le loro fatiche e dovettero
tornarsene senza aver ottenuto nulla. Una terza schiera, più potente ancora, fu
mandata ad assalire il beato Antonio, già vittorioso di due attacchi; ma neppure
questa poté spuntarla contro il soldato di Cristo. Tutte quelle insidie, ordite
con le più raffinate arti della magia, non valsero ad altro che a far brillare
più luminosamente la singolare forza che si unisce alla professione della vita
cristiana. Quei potenti spiriti che i filosofi ritenevano capaci di oscurare il
sole e la luna — qualora di ciò fossero stati incaricati — non soltanto furono
incapaci di procurare il più piccolo male al beato Antonio, ma non riuscirono
neppure a farlo uscire per un momento dal suo monastero.
XIX -
Niente possono i demoni contro gli uomini, se prima non
s’impossessano della loro mente
I filosofi, colpiti da grande ammirazione, si recarono subito dal beato Antonio,
al quale confessarono di avergli suscitato contro assalti così potenti perché
dominati dalla gelosia; poi domandarono di esser fatti immediatamente cristiani.
Antonio allora domandò in qual giorno erano avvenuti gli assalti di cui gli
parlavano e assicurò che in quel giorno era stato sconvolto da pensieri
dolorosissimi.
L’esperimento fatto dal beato Antonio prova la verità di ciò che dicemmo ieri,
vale a dire che i demoni non possono invadere né un corpo né un’anima, né hanno
facoltà di irrompere in uno spirito, senza averlo prima spogliato di tutti i
santi pensieri che formano la contemplazione spirituale.
Bisogna ora sapere che gli spiriti immondi possono obbedire agli uomini. O sono
soggiogati dalla santità dei cristiani, per mezzo della virtù e della grazia
divina, oppure si lasciano soggiogare dai sacrifici degli empi e dalle loro
formule magiche: allora si assoggettano a loro come ad amici intimi.
Questo secondo modo è quello che ingannò i
farisei quando pensarono che anche il Signore comandasse così ai demoni. Dissero
infatti: « Egli scaccia i demoni per mezzo di Beelzebub, principe dei demoni »
[43]. Pensarono cioè a quei sortilegi per
mezzo dei quali i loro maghi e indovini invocavano Beelzebub e gli offrivano
sacrifici — a lui invero molto graditi — allo scopo di diventargli amici e di
avere potestà sopra i demoni a lui soggetti.
XX -
Domanda riguardante quegli angeli ribelli dei quali si legge, nel
libro del Genesi, che ebbero rapporti con le figlie degli uomini
Germano -
È stata certamente una disposizione della Provvidenza che poco fa sia risonato
nel discorso un passo del Genesi. Quella citazione ci ha persuasi a porre una
domanda che da gran tempo volevamo porre. Si tratta di questo: che cosa dobbiamo
pensare di quegli angeli ribelli dei quali si legge che ebbero rapporti carnali
con le figlie degli uomini?
[44]. Come è possibile ciò per esseri
spirituali? Inoltre desideriamo approfondire quel testo evangelico che poco fa è
stato applicato al diavolo: « È bugiardo lui e suo padre »
[45]. Ora domandiamo: chi si deve
intendere quando si parla di padre del diavolo?
XXI -
Soluzione della questione proposta
Sereno — Mi avete
rivolto due domande tutt’altro che facili: io cercherò di rispondere meglio che
potrò e secondo l’ordine da voi seguito nell'interrogare.
Non si deve assolutamente credere che una natura spirituale possa avere rapporti
carnali con donne. Se il fatto si fosse avverato una volta, secondo il suono
delle parole scritturali, noi ci chiediamo perché non dovrebbe — sia pur
raramente — avverarsi ancora. Perché non si dovrebbero anche oggi vedere
concepimenti e nascite per opera del demonio, senza concorso di parte maschile?
Sappiamo bene che i demoni si dilettano molto di atti libidinosi; ora, se a loro
fosse possibile, non è vero che preferirebbero compierli essi stessi piuttosto
che provocare a ciò gli uomini? È quello che dice anche
l'Ecclesiaste: «
Che è ciò che è stato? Quello stesso che sarà. Che è ciò che è accaduto? Quello
stesso che accadrà. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, né alcuno può dire:
guarda, questa cosa è nuova, poiché essa fu già nei tempi andati, prima di noi »
[46].
Ma ecco ora come si risolve il problema da voi proposto.
Dopo la morte del giusto Abele, affinché tutto il genere umano non traesse
origine da un fratricida e da un empio, nacque Seth, per sostituire il fratello
defunto e prendere il suo posto in famiglia, ma più ancora per ereditarne la
giustizia e la pietà.
I discendenti di Seth seguirono le orme paterne e si tennero lontani da ogni
contatto con la discendenza del sacrilego Caino. Prova di ciò è la netta
distinzione della genealogia della Bibbia: « Adamo generò Seth, Seth generò
Enos, Enos generò Cainan, Cainan generò Malaleel, Malaleel generò Jared, Jared
generò Enoc, Enoc generò Matusalem, Matusalem generò Lamech, Lamech generò Noè »[47].
La genealogia di Caino è riportata a parte: « Caino generò Enoc, Enoc generò
Cainan, Cainan generò Malaleel, Malaleel generò Matusalem, Matusalem generò
Lamech, Lamech generò Jabal e Jubal »[48].
Le generazioni discese dal giusto Seth, non ammettevano alleanze se non nella
loro linea e nel loro sangue e rimasero per molto tempo fedeli alla santità dei
loro padri e del loro capostipite, senza mescolarsi ai delitti e alla malizia di
quella razza perversa che portava con sé il germe dell’empietà, trasmessa come
un’eredità da Caino.
Finché durò questa separazione, i discendenti di Seth, come piante uscite da
nobile radice, meritarono per la loro santità il nome di angeli del Signore, o,
come dicono molti testi, « figli di Dio ». I discendenti di Caino, invece, per
colpa della loro empietà e per quella dei loro padri, nonché per motivo delle
loro opere terrestri, furono chiamati figli degli uomini.
Questa utile e santa divisione durò fino al giorno in cui i figli di Seth —
detti anche figli di Dio — misero gli occhi addosso alle figlie dei discendenti
di Caino, e, colpiti dalla loro bellezza, scelsero fra quelle le loro spose.
Quelle contagiarono i mariti coi vizi dei loro padri e li ritrassero dalla
santità in cui erano nati, dalla semplicità degli antenati.
Ai figli di Seth si applica giustamente la parola divina: « Io ho detto: voi
siete Dei e figli dell’Altissimo tutti! Ma voi al par degli uomini morrete e
come uno dei principi cadrete »[49].
Essi infatti dimenticarono quella scienza della natura che avevano ricevuto dai
padri e che il primo uomo — venuto al mondo immediatamente dopo le nature
infraumane — aveva potuto apertamente contemplare e trasmettere con sicurezza ai
suoi discendenti.
Adamo aveva visto il mondo bambino; ancor fresco e palpitante nella sua nascita;
pur tuttavia possedeva tale pienezza di scienza e così alto grado di virtù
profetica, che dopo aver abitato sulla terra per un minuto solo, dette il nome a
tutti gli animali, distinse la ferocia delle bestie selvatiche e il veleno dei
serpenti, le virtù delle erbe e delle piante, le qualità delle pietre; conobbe
anche — senza averne fatta l’esperienza — l'avvicendamento delle stagioni.
Perciò potrà dire con verità: « Il Signore mi ha dato la scienza vera delle
cose, sì da conoscere la compagine del mondo e la virtù degli elementi, il
principio e la fine e il mezzo dei tempi, il periodo dei solstizi e i mutamenti
delle stagioni, i cicli degli anni e le posizioni delle stelle, le nature degli
animali e i violenti istinti delle fiere, la forza dei venti e i pensieri degli
uomini, le varietà delle piante e le virtù delle radici. Ciò che è nascosto e
palese, tutto io ho imparato »[50].
La discendenza di Seth, finché rimase segregata dalla razza sacrilega, si
tramandò questa scienza della natura, come una tradizione di famiglia, che passa
di generazione in generazione. La riceve santamente e santamente la usò, sia per
ciò che attiene al culto divino, sia per ciò che riguarda le necessità comuni
della vita. Ma quando si mescolò ai figli dell’empietà, fece servire ad usi
profani e funesti — per istigazione del demonio — quel che aveva imparato come
esercizio di pietà. Allora istituì le pratiche degli indovini, degli stregoni,
dei prestigiatori, dei maghi; coloro che seguirono a questa prima generazione di
traviati impararono anch’essi ad abbandonare il culto del vero Dio e adorare gli
elementi della natura: il fuoco, i demoni, l’aria.
Il nostro argomento non chiede che io spieghi come e perché queste superstizioni
di cui ho parlato, non sono annegate nel diluvio, ma sono invece passate ai
secoli successivi. Pur non essendo necessario all’argomento, dato che
l’occasione è propizia, io dirò qualcosa a questo proposito, richiamandomi ad
antiche tradizioni.
Cam, figlio di Noè, era stato iniziato alle superstizioni, alle arti magiche e
profane. Siccome sapeva che non avrebbe potuto portare nell’arca, dove stava per
entrare col padre e coi fratelli, un libro che descrivesse quei riti, ricorse ad
uno stratagemma: scolpì in lamine metalliche e in due pietre, che non possono
esser distrutte dall’acqua, i precetti della superstizione e le dottrine
magiche. Dopo il diluvio andò a ricercare le sue tavolette con la stessa
diligenza che aveva usato nel nasconderle, poi le trasmise ai posteri come un
seme di sacrilegi e di iniquità[51].
Con questa spiegazione abbiamo fatto giustizia di una credenza che corre tra il
popolo, secondo la quale sarebbero stati gli angeli a insegnare agli uomini le
superstizioni e le pratiche dell'occultismo.
Dall'unione dei figli di Seth con le figlie di Caino, nacque una prole peggiore
dei genitori: cacciatori robusti, uomini violentissimi e furiosi, i quali per
l'enormità del loro corpo, o forse per l’enormità della loro malizia e della
crudeltà, furono chiamati giganti. Costoro furono i primi a devastare le
contrade dei loro vicini; ad esercitare la rapina, contenti di vivere rubando
più che di vivere lavorando e sudando. I loro delitti crebbero a tal segno che
il mondo non poté esser purificato in altro modo che dall'inondazione del
diluvio.
Poiché i figli di Seth — spinti dalla
concupiscenza — avevano oltrepassato quel limite che un istinto naturale aveva
fatto lungamente rispettare fin dall'origine del mondo, fu necessario tracciare
quel limite con una legge scritta: « Non darai ad un figlio di loro la tua
figlia, né prenderai una figlia di loro per il figlio tuo; perché essa
sedurrebbe il tuo figlio a non più seguirmi e a servire invece agli dei
stranieri »
[52].
XXII -
Come si può imputare ai figli di Seth la loro unione con le figlie
di Caino, se quella unione non era stata proibita in antecedenza?
Germano
- Si potevano rimproverare i figli di Seth per essersi uniti alle figlie di
Caino, se intorno a ciò fosse stato posto un comandamento. Ma poiché nessuna
legge imponeva una simile separazione, come si fa ad imputar loro come colpa una
unione alla quale nessuna legge si opponeva? La legge non è solita condannare i
delitti del passato, ma quelli del futuro.
XXIII -
Risposta: fin dall'inizio
dei tempi la legge naturale rese gli uomini passibili di giustizia e di pena
Sereno - Quando
Dio creò l’uomo, gli scolpì nel cuore tutta la scienza della legge naturale, se
l'uomo l'avesse custodita, com’era volontà del Signore e come aveva incominciato
a fare, non ci sarebbe stato bisogno di promulgare quei comandamenti con una
legge scritta. Sarebbe stato superfluo suggerire un rimedio esterno, se quello
interno avesse conservato il suo valore.
Ma quando la legge naturale risultò corrotta dall’abitudine di peccare, le fu
aggiunta — a modo di custode e punitore — la legge di Mosè, con le sue
prescrizioni severe. Secondo la parola stessa della Scrittura, la legge mosaica
doveva essere un aiuto di quella naturale, affinché gli uomini — almeno per
paura dei castighi temporali — si guardassero dallo spegnere nel loro cuore la
scienza morale, che avevano ricevuto come dono di natura. « Dio — dice il
profeta — ha dato la legge come un aiuto »[53].
San Paolo a sua volta ci presenta la legge come un pedagogo dato ai fanciulli[54],
allo scopo cioè d’istruirli e custodirli, affinché per una malaugurata
dimenticanza non si allontanassero da quella scienza morale in cui la natura
stessa li aveva formati.
Che l’uomo abbia ricevuto fin dal momento della creazione la conoscenza infusa
di tutta la legge, appare evidente dal fatto che prima della legge scritta, e
prima del diluvio, gli uomini giusti già osservavano i comandi della legge.
Senza una legge naturalmente scolpita nel suo cuore, come avrebbe fatto Abele —
essendo la legge scritta ancora lontana — a sapere che doveva offrire in
sacrificio a Dio i primogeniti del suo gregge e le più grasse delle sue pecore?
E Noè come avrebbe fatto a distinguere quali animali sono mondi e quali immondi,
senza una legge scolpita nella sua natura? Al suo tempo la legge scritta non
esisteva ancora. Da chi imparò Enoc a « camminare con Dio », se da nessuno fu
illuminato intorno alla legge? Da chi impararono Sem e Iafet la regola che dice:
« Non scoprirai la nudità del padre tuo »
[55], quando camminarono all’indietro per
ricoprire l'ebbrezza scomposta di Noè loro padre? Da chi fu ammonito Abramo
perché rifiutasse, a compenso della sua fatica, le spoglie nemiche che gli
venivano offerte? Da chi imparò a dare a Melchisedech quelle decime che più
tardi saranno prescritte dalla legge di Mosè? Da chi appresero Abramo e Lot a
ricevere cortesemente i pellegrini e gli ospiti, a lavare loro i piedi, quando
il comando evangelico non brillava ancora nel mondo?
E Giobbe, dove imparò quell’ardore di fede, quel
candore di castità, quella scienza dell’umiltà, della mansuetudine, della
misericordia, quell’ospitalità che non abbiamo più visto, ad un grado così alto,
neppure in coloro che sanno il Vangelo a memoria? Qual è quel santo che — pur
vivendo prima della legge — non ha osservato tutta la legge? Quale santo non
osservò il precetto: « Onora il padre e la madre »? Oppure quelli che seguono
nel Decalogo: «Non ammazzare, non commettere adulterio, non rubare, non dire
falsa testimonianza, non desiderare la moglie del tuo prossimo »? I santi che
vissero prima della legge mosaica, osservarono precetti molto più grandi: essi
non anticiparono soltanto la legge di Mosè, ma anche quella del Vangelo!
XXIV -
Coloro che peccarono prima del diluvio furono puniti giustamente
Da quanto detto nasce la convinzione che tutte le cose create furono create da
Dio perfette, fin dall’inizio. Se le creature fossero rimaste in quella
disposizione in cui furono create, non sarebbe stato necessario aggiungere
qualche cosa alla disposizione iniziale, che non era affatto imprevidente o
imperfetta. Ecco perché noi sosteniamo che Dio punì giustamente coloro che
peccarono prima della legge scritta e prima ancora del diluvio: la ragione è che
la colpa di chi trasgredisce la legge naturale è senza attenuanti e merita il
castigo. Noi non cadremo mai nella bestemmia calunniosa di coloro i quali, per
ignoranza di questa verità, se la prendono col Dio dell’Antico Testamento,
criticano la nostra fede e dicono in tono ironico: « Come è venuto in mente al
vostro Dio di promulgare la legge dopo tante migliaia di anni? Perché per tanti
secoli ne ha lasciati privi gli uomini? Se Dio, con l’andar del tempo, ha
cambiato pensiero, appare evidente che al principio del mondo ebbe pensieri meno
alti e meno belli; dunque è stato necessario che l’esperienza lo ammaestrasse,
perché egli potesse formarsi idee giuste e potesse correggere le sue prime
disposizioni »[56].
Questi spropositi ripugnano all’infinita prescienza di Dio e non si possono dire
senza rendersi colpevoli di una grave bestemmia. L'Ecclesiaste (o Qoelet)
afferma: « Ho compreso che tutto quanto Dio ha fatto fin dall’inizio, dura in
perpetuo: nulla ci si può aggiungere e nulla togliere »[57].
Perciò « La legge non è fatta per il giusto, ma per i non giusti e riottosi, per
gli empi e i peccatori, per gli scellerati e i profani »
[58]. I giusti, perché possedevano la
norma pura e certa della legge naturale, scritta da Dio nel loro cuore, non
avevano alcun bisogno di una legge aggiunta dall’esterno e scritta in caratteri
umani: questa fu data dopo, e venne in aiuto alla legge naturale.
Da ciò consegue che la legge scritta non doveva
esser data fin dall’inizio della creazione, perché allora sarebbe stata
superflua, in quanto la legge naturale aveva tutto il suo valore, e da nessuno
era stata gravemente violata. Così pure non poteva essere presentata la
perfezione evangelica prima che l’umanità avesse imparato ad osservare la legge.
Come avrebbero potuto capire queste parole evangeliche: « Se uno ti colpisce
sulla guancia destra, presentagli la sinistra », coloro che, non contenti di
vendicarsi secondo la legge del taglione, rispondevano con ferite mortali ad un
leggero schiaffo, e toglievano la vita a chi li aveva privati di un dente? A
uomini di tal fatta non era possibile dire: « Amate i vostri nemici ». Era già
da ritenersi in loro una grande cosa che amassero i loro amici, stessero alla
larga dai nemici e, pur odiandoli, si guardassero dal molestarli e
dall’ucciderli.
XXV -
Come si deve intendere il Vangelo quando dice che il demonio è «
bugiardo e padre della menzogna »
L’altra parola della sacra Scrittura da cui dite di essere stati colpiti, è
questa: « Egli è bugiardo e il padre suo ». Il tutto riferito al demonio.
Sarebbe assurdo pensare che il Signore abbia dichiarato mentitori il demonio e
suo padre. Abbiamo detto poco sopra che uno spirito non può generare un altro
spirito, né un’anima può generare un’altra anima. Solo la carne può derivare da
un principio carnale.
San Paolo distingue le due sostanze che compongono l’uomo, la carne e l’anima;
nello stesso tempo dice quale è l’origine dell’una e dell’altra: « I nostri
padri secondo la carne ci hanno castigati, e noi li abbiamo rispettati; non
dovremo molto più sottoporci al Padre degli spiriti, per avere la vita? »
[59]. Poteva l’Apostolo usare una
distinzione più chiara di questa? Egli ha detto che il padre della nostra carne
è un uomo, ma il padre dell’anima nostra è Dio solo. Per la precisione bisogna
poi notare che nella stessa formazione del corpo l’uomo esercita soltanto la
parte di strumento; il principale agente è anche in questo caso Dio. Dice David:
« Le tue mani, Signore, mi hanno fatto e plasmato »
[60]. Il beato Giobbe domandava a Dio: «
Non mi hai tu forse fatto colare come latte? Non mi hai rappreso e fatto
coagulare come latte? Di pelle e di carne tu mi hai rivestito »
[61]. Infine, Dio parla così a Geremia: «
Prima che io ti formassi nel ventre, io ti conobbi »
[62].
L'Ecclesiaste
tratta l’origine e il principio dell’una e dell’altra sostanza di cui si compone
l’uomo, poi considera il fine a cui quelle due sostanze tendono: nel parlare
della loro separazione, ha queste parole di sovrana evidenza: « Prima che la
polvere faccia ritorno alla terra, per ridiventare quel che già era; prima che
lo spirito ritorni a Dio che l’ha donato »
[63]. Non era possibile parlare più
chiaramente di così. La carne è chiamata polvere perché trae inizio dal corpo
del padre che è fatto di terra e alla terra ritorna; lo spirito invece, non
nasce dall’unione dell’uomo e della donna, ma è opera di Dio solo: perciò
ritorna al suo Autore. Questa verità ci è ricordata da quel soffio col quale Dio
animò il corpo di Adamo.
Da tutto ciò balza chiarissimo che nessuno, all’infuori di Dio, può esser
chiamato padre degli spiriti: egli li ha creati dal nulla quando ha voluto. Gli
uomini si possono chiamare soltanto padri della nostra carne. Il diavolo dunque,
per il fatto che è uno spirito angelico e fu creato buono al suo inizio, non può
avere altro padre all'infuori di Dio, suo creatore. Quello spirito si gonfiò di
superbia e disse in cuor suo: « Salirò più alto delle nubi, sarò simile
all’altissimo »[64].
Allora diventò bugiardo e « decadde dalla vita »[65].
Ma quando dal tesoro della sua iniquità trasse fuori la prima menzogna, non
divenne soltanto mentitore, divenne anche
padre della menzogna
[66].
Quando disse all’uomo « voi sarete come Dio », non rimase nella verità. Inoltre
divenne anche omicida fin dall’inizio, sia quando precipitò Adamo nella morte,
sia quando istigò al delitto e fece morire Abele per mano di Caino suo fratello.
★
Ma sono già due notti che si prolunga la nostra conversazione, e l’aurora che
sorge viene ora a porle termine.
La mia inesperienza guida ormai la nostra nave, dal mare profondo al porto del
silenzio. Nelle questioni che abbiamo trattato è necessario l’aiuto del Signore,
perché quanto più il soffio del divino Spirito ci spingerà a fondo nel mare
della conoscenza, tanto più le immensità della vita spirituale si manifesteranno
ai nostri sguardi, secondo la parola di Salomone: « Il termine della sapienza si
fa più lontano di quel che era: alta è la sua profondità, e chi può misurarla? »[67].
Preghiamo perciò il Signore affinché il suo timore e il suo amore (quella carità
che mai viene meno) perdurino indefettibilmente in noi. Timore e amore ci
faranno sapienti in tutto, e ci conserveranno illesi dai colpi del maligno. Con
la loro custodia è impossibile cadere nella rete della morte. Questa è la
differenza che corre tra perfetti e imperfetti: i primi posseggono una carità
più radicata e matura (se così posso dire), la quale li fa rimanere più
saldamente e facilmente nella santità. I secondi, invece, posseggono una carità
che, per essere meno saldamente stabilita, si raffredda più facilmente e li
lascia cadere più presto e più frequentemente nelle reti del peccato.
★
Egli tacque, ma la sua conferenza aveva acceso in noi un tale ardore che
sentivamo una sete più viva della sua dottrina, ora, mentre lasciavamo la sua
cella, che prima, quando venimmo ad ascoltarlo.
[1] Gv 8,44.
[2] Ef 6, 12.
[3] Rm 8, 38-39.
[4] Dt 6, 4.
[5] Dt 6, 5.
[6] Lc
12, 35.
[7] Lc
22, 36.
[8]
Mt 10, 38.
[9]
Rm 10, 2.
[10] Mt 5, 39.
[11] Mt 10, 23.
[12] Mt 19, 21.
[13] Sal 103, 14.
[14] Sal 35, 7.
[15] Cfr. Mt
11, 14.
[16] Mt 24, 15 ss.
[17]
Dn 9, 27.
[18]
L'opinione espressa da Cassiano si ritrova in
molti Padri della Chiesa, come Gregorio Nazianzeno, sant'Ambrogio,
sant'Agostino. San Tommaso d’Aquino, però, ritiene più probabile che gli
angeli siano stati creati insieme con le nature corporali (1°, q. 63,
a3).
[19]
Gb 38,7 (LXX).
[20]
Gv 1,3.
[21]
Col 1,16.
[22]
Ez 28, 11-18.
[23] Is 14, 12-14.
[24] Ap 12, 4.
[25] Gdc 6.
[26] Sal 81, 7.
[27] Gen 3,1 (LXX).
[28] 1 Tm 2,14.
[29] Dn 10,12-14.
[30] Dn 10, 20-21.
[31] Dn 12, 1.
[32] Lc 11, 15.
[33] Ef 6, 12.
[34] Gv 14, 30.
[35] 1 Cor 15,24.
[36] Lc 11, 19.
[37]
Gv 8, 44.
[38] Mt 18, 10.
[39] Sal 33, 8.
[40] At 12, 15.
[41] Lib. 2 mand.
6-11 Pastore è un libro che i primi
cristiani credevano ispirato.
[42]
Sal 108, 6.
[43] Lc 11,15.
[44] Gen 6, 2.
[45] Gv 8,44.
[46] Qo 1,9-10.
[47] Gen 4, 30.
[48] Gen 4, 17-21.
[49]
Sal 81, 6-7.
[50]
Sap 7, 17-21.
[51] Non sappiamo
dove Cassiano abbia trovato questa graziosa favola.
[52]
Dt 7,3.
[53]
Is 8, 20 (LXX).
[54]
Gal 3, 24.
[55]
Lv 18,7.
[56]
Questa obiezione ironica sonava sulle labbra
degli gnostici. La
gnosi era un tentativo di ridurre il cristianesimo ad una
qualsiasi filosofia. Contro quella eresia la Chiesa ebbe molto da
difendersi nei primi secoli.
[57]
Qo 3, 14.
[58]
1 Tm 1, 9.
[59]
Eb 12, 9.
[60]
Sal 118,73.
[61] Gb 10, 10-11.
[62] Ger 1, 5.
[63] Qo 12,7 (LXX).
[64] Is 14, 14.
[65]
Gv 8, 44.
[66]
Tutto questo capitolo si basa sopra una falsa
traduzione del testo evangelico in cui il demonio è detto « mendax et
pater eius ». L’obiezione di Cassiano traduce: « Egli è bugiardo e suo
padre lo è pure ». Tutta la risposta di Sereno dimostra che quel passo
evangelico vuol dire: « Egli è bugiardo e padre della menzogna ».
[67]
Qo 7, 24, (LXX).
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4 dicembre 2018 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net