CAPITOLO OTTAVO

L'UOMO PECCATORE

E LA RINASCITA DELL'UOMO

estratto da " L'UOMO SECONDO LA BIBBIA" - A. Gelin - Edizioni Ligel 1968

(Libera traduzione del testo francese) 

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Parlare della rinascita dell'uomo peccatore ci riporterà al tema dell'immagine e del paradiso, poiché il peccato è stato una negazione di questa grandezza dell'uomo, posizionato come immagine di Dio, tra Dio che non uguaglia e gli animali su cui predomina.

I. IL PECCATO NELLA BIBBIA (1)

Abbiamo bisogno di “ritrovare la fonte„ della nostra nozione del peccato nella Bibbia.

1. Lestorie esemplari„.

Per farsi un'idea del peccato nella Bibbia, occorre partire dalle “storie esemplari„ che essa racconta: “storie modello”, storie che possono essere prese in considerazione da tutti gli uomini, poiché sono realmente tipiche e piene di senso per noi.

a) Il peccato di Adamo ed Eva. C'è in primo luogo, fra queste “storie esemplari„, quella del peccato di Adamo ed Eva, i “progenitori” (Traduzione letterale: i “protoplasti”. Ndt).

Peccato “tipico„ e molto bene caratterizzato da Gn 3, 5, 6, 22. È l'aspirazione alla conoscenza del bene e del male. La conoscenza? Conoscere nella Bibbia è una nozione dinamica che esprime allo stesso tempo esperienza intima, personale e “potere su… „. Qui, dato il clima stranamente morale di tutto il capitolo, è un potere per decidere del bene e del male: è un’orgogliosa rivendicazione d'autonomia morale. Non si rimprovera precisamente ad Adamo di avere voluto diventare una specie di Prometeo che aspira con le proprie sole forze alla totalità della civilizzazione; gli si contesta di avere voluto decidere personalmente ciò che è bene e ciò che è male senza riferirsi alle norme divine. Quest'ultima precisazione è del resto di capitale importanza. Vedete il re Salomone (1 Re 3,9) che chiede a Dio nella sua preghiera: “Concedi al tuo servo un cuore (= intelligenza) docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso? „ La lettura di 2 Sam 14,17 conferma completamente quest'idea: che i re decidono del bene e del male secondo le norme divine. È a Dio che appartiene la decisione suprema dal punto di vista morale.

Pensiamo dunque che il primo peccato, peccato tipico ed esemplare per eccellenza, sia un’orgogliosa rivendicazione d'autonomia morale; è una forma d'hybris, ovvero di dismisura (1 bis).

Osserveremo ancora che il peccato, secondo questo testo della Genesi, è la rottura di un rapporto personale con Dio. Suppone l'esperienza di un interlocutore, di un corrispettivo (In francese “un vis-à-vis”, uno che gli sta di fronte. Ndt). Adamo si nasconderà ed è a questo momento che scopre, ma ormai è troppo tardi, tutta la gravità del suo peccato: Dio era un corrispettivo per lui ed egli ha rotto i legami che lo univano a lui: “Dove sei Adamo? „

Il peccato ha una dimensione religiosa. Non confondiamolo con una non so quale esperienza di colpevolezza più o meno morbosa, come pensa il Dottor Hesnard (Famoso psicanalista francese. Ndt). Non è, per esempio, una specie di colpa infantile che ci tocca al livello delle tendenze sessuali. Il peccato nella Bibbia è un atto spirituale, è una presa di posizione spirituale, una libera rottura con Dio.

Altri insegnamenti importanti del testo:

- Il peccato di Adamo ed Eva è commesso nello stato d'innocenza e d'integrità. Ciò vuol dire che non si è colpevoli per il fatto di essere stati creati. Nessun sentore gnostico in questa storia biblica. La condizione umana non è cattiva di per sé. L'essere creato è buono, secondo la Genesi. E la perfettibilità non avrà come conseguenza la mortificazione di sé stessi. I libri sapienziali partiranno da questo dato: l'uomo è perfettibile.

- L'uomo ci è anche presentato come vittima. Egli è travolto, ristretto nella sua fragilità. Occorre parlare nuovamente qui della figura del Serpente (Nahash) che rappresenta una tensione esterna all'umanità: Satana è presente ed occorre credere alla sua azione quando si legge la Bibbia.

- Infine, constatiamo che l'uomo peccatore non è chiuso su sé stesso. La promessa di redenzione è donata immediatamente dopo il peccato. Appena commesso, egli entra nel dinamismo di un recupero.

Ecco dunque, in Genesi 3, il peccato descritto in tutto il suo orrore e secondo tutte le sue implicazioni morali e religiose.

b) Il testo di Ezechiele 28. Noi non ci attarderemo sull'episodio della Torre di Babele: si tratta ancora di un peccato di “dismisura„ (Gn 11); ma considereremo, subito dopo il racconto della caduta (Gn 3), il testo di Ezechiele 28, tanto la parentela è evidente. Il re di Tiro è collocato nel paradiso o piuttosto sulla montagna del paradiso (2). Vive là con un essere celeste, un “cherubino„. Poi un giorno commette un atto d'orgoglio: vuole essere come Dio. Ma Dio lo caccia e mette il “cherubino„ alla porta del paradiso perché gli impedisca di rientrarvi. È una rilettura simbolica, molto interessante, della scena “storica„ della caduta (Ez 28,1-19).

c) La lezione di Isaia 14. La lezione è la stessa ma questa volta con il re di Babilonia (Is 14,3-21, soprattutto i versetti 13-15). E ciò ci permette di fare una constatazione interessante: per situare esattamente il peccato, si scelgono delle “storie esemplari„ fuori da Israele: si tratta di Adamo, degli uomini di Babele, del re di Tiro, del re di Babilonia e si tratterà poi di Nabucodonosor (Cf. Qui sotto: Daniele). Gli autori della Bibbia sono universalisti e lo sono in modo molto naturale: essi parlano ovviamente di Israele con queste storie prese fuori da Israele; del resto essi denunceranno anche il peccato proprio di Israele. Ma si sente che qui denunciano il peccato nella sua dimensione specifica che è quella di scagliarsi contro Dio, il trascendente ed il corrispondente nello stesso tempo. E ciò ha valore universale.

d) L'insegnamento del libro di Daniele. Un ultimo libro, quello di Daniele riprenderà gli stessi insegnamenti. È anzitutto questo famoso re Nabucodonosor (un re tipico ed una caricatura): si era “inorgoglito„ e finisce per essere umiliato. Ed il peccato diventa terribile, come attentato sacrilego a Dio, quando Daniele (7, 24-27) ci presenta, in linguaggio apocalittico, Antioco IV Epifane, questo piccolo “corno„ (simbolo di potenza) che si innalza contro Dio e perseguita i suoi servitori.

La Bibbia, con queste “storie esemplari„, ha denunciato il peccato nella sua specifica malvagità.

2. Il peccato si inserisce nel dramma divino-umano dell’Alleanza.

Il peccato acquista tutte le sue dimensioni quando lo si riporta nel contesto dell’Alleanza.

Alleanza, ovvero dialogo di Dio con l'umanità ed Incarnazione come termine finale: ecco tutto il messaggio della Bibbia, ecco tutta la religione. Dio vuole unirsi all'umanità (verità sconvolgente!). Con una meravigliosa pedagogia sceglie un popolo-testimone e fa Alleanza con lui. E poco a poco questa Alleanza, che è comunità, che è unione coniugale (3), si svilupperà in dialogo nella misura in cui Israele diventerà un popolo “qualitativo„ e spiritualmente più adatto a questo scambio (al tempo di Geremia ad esempio). Ed un giorno, perché questo dialogo possa legarsi a fondo, ecco che il Signore stesso viene a prendervi parte e nel modo migliore: riassumendolo nella sua persona, poiché è allo stesso tempo dalla nostra parte e dalla parte di Dio. L’Alleanza riuscirà grazie a lui.

a) Il peccato come ribellione e offesa a Dio che si dona. Alla luce dell’Alleanza che abbiamo appena così definito, cosa è dunque il peccato? È la rottura del legame dell’Alleanza, è come voltare le spalle al Dio che si dona, è il rifiuto del dialogo. E’ un attacco al cuore di Yahvé (non dimentichiamo che Yahvé è un Dio “col cuore„) ed è una rottura del legame coniugale (Ez 16 e soprattutto Ger 3 e 4).

Ti sei prostituita con numerosi amanti.

Tu sedevi sulle vie aspettandoli,

 come fa l’Arabo nel deserto (Ger 3,1-2).

È un rinnegamento della vocazione. E la parola che esprime il peccato, la parola espressiva (e del resto rara) dell’Alleanza spezzata, è “péshà„ (= rivolta).

Leggiamo questo inizio molto bello di Isaia (1, 2-4), dove il redattore del libro ha provato a metterci di primo acchito in pieno clima di Isaia:

Udite, o cieli, ascolta, o terra,

così parla il Signore:

«Ho allevato e fatto crescere figli,

ma essi si sono ribellati contro di me.

Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende».

Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità!

Razza di scellerati, figli corrotti!

Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele,

si sono voltati indietro.

 Il testo gioca sull'opposizione di due parole: “pésha„ = rivolta; “iadà„ = conoscenza. Cos’è la “conoscenza„ di Dio? È l'esperienza di un'intimità quasi coniugale con Dio, la comunicazione con lui (“Koinonia„, dirà san Paolo): una comunione nella fede, un legame religioso. Rompere la conoscenza, non volerla più, è la “rivolta„ (péshà).

b) Aggressività econsistenza del peccato. L'analisi che precede ha fatto avvertire quest'elemento tragico e irrazionale del peccato. Esso è un’aggressione e possiede ciò che io chiamerei “un'aggressività ed una consistenza „ proprie, un carico consistente “di odio„ contro Dio. È Esodo 20,5 che oppone nello stesso versetto coloro che “amano„ Dio e coloro che lo “odiano„.

Aggressività considerevole che esplode nelle detestabili personificazioni che la Bibbia fa del peccato: personificazione di Genesi 4,7, dove il peccato è raffigurato come una bestia selvaggia che sta sulla porta di Caino; il peccato, sarà ancora questa grande donna della visione di Zaccaria (5, 5-11); si tratta di estirpare il peccato da Israele: il peccato è personificato da una donna, una specie di dea impura, di Astarte; la si mette in una immensa “efa„ (L’efa era un contenitore per misurare le granaglie di circa 35 lt. Ndt), con un coperchio di piombo ed altre due donne alate la trasporteranno così in Sinar, a Babilonia, la città degli abomini dove le alzeranno un tempio. Ecco il peccato, ben vivo, bene “in carne„, ben concreto. Quanto alla sua aggressività, la si legge ancora in questa espressione frequente nei salmi: gli “arroganti„, i “beffardi„, coloro che ironizzano su Yahvé, ridono (di Yahvé) (Cf. Sal 1: “Beato l’uomo che non siede in compagnia degli arroganti„). L'espressione passerà anche nel Vangelo (“Guai a voi che ora ridete„: Lc 6,25).

Si vuole vedere questa aggressività portata al colmo? È quando il peccato diventerà un'aggressione contro la persona stessa di Gesù Cristo. “Se non fossi venuto, non avrebbero peccato„. Se il Vangelo è così duro nei confronti del peccato contro lo Spirito-Santo, è per il motivo che il peccato contro lo Spirito-Santo consiste nel non credere al Figlio dell'uomo. E il Figlio dell'uomo è precisamente colui che viene a completare la volontà di Alleanza di Dio. È dunque il peccato al suo parossismo, diventato imperdonabile: significa “calpestare il figlio di Dio„, secondo le espressioni vigorose dell'epistola agli Ebrei, “ritenere profano il sangue dell’Alleanza„, “disprezzare lo Spirito della grazia „ (Eb 10,29-31). In sostanza significa dire di no all’Alleanza, voltare le spalle a Dio che si dona.

c) Il peccatodisgrega il Popolo di Dio, divide la Chiesa. Il peccato si inserisce dunque nel dramma divino-umano dell’Alleanza. Ma se l’Alleanza è relazione intima con Dio, non dimentichiamo che essa costituisce un popolo, il popolo-partner di Dio, un Israele unificato davanti a Dio. Il peccato va precisamente a distruggere quest'unità, “disgregherà„ Israele. Qualsiasi peccato è un peccato contro Israele, che fa abbassare il livello spirituale di Israele. Qualsiasi peccato è un peccato contro la Chiesa. Il filosofo Paul Ricœur ha scritto in modo stupendo riguardo a questa questione: “Se il senso nascosto della moralità è la relazione con Dio, la relazione con l’altro è il criterio manifesto e decisivo „.

È molto importante che il Vecchio Testamento abbia già formulato a modo suo, con fatti concreti, questa parola della prima epistola di san Giovanni (4, 20): “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede „. Già per il Vecchio Testamento, conoscere Dio significa amare il proprio fratello. Ne abbiamo una prova nell'apostrofe di Geremia al re Ioiakìm (i profeti sono molto duri nei confronti dei primi, i capi). Questo re trascina il suo popolo al peccato ed il profeta gli grida:

Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia

e i suoi piani superiori senza equità,

fa lavorare il prossimo per niente,

senza dargli il salario,

e dice: «Mi costruirò una casa grande

con vasti saloni ai piani superiori»,

e vi apre finestre

e la riveste di tavolati di cedro

e la dipinge di rosso.

Pensi di essere un re,

perché ostenti passione per il cedro?

Forse tuo padre (Giosia) non mangiava e beveva?

Ma egli praticava il diritto e la giustizia

e tutto andava bene,

tutelava la causa del povero e del misero

e tutto andava bene;

non è questo che significa conoscermi? Oracolo del Signore.

(Ger 22,13-16).

Ecco in modo chiaro una delle parole più profonde del Vecchio Testamento: “Conoscere Dio„, non significa soltanto praticare il culto, ma “tutelare la causa del povero e del misero „.

d) Il comportamento dell’Alleanza. Con il peccato, i “riflessi dell’Alleanzanon entrano più in gioco. Questi riflessi che sono riassunti in alcune parole chiave dell’Alleanza: “héséd„ = la benevolenza, “émét „ = la fedeltà, “sédéq„ = la giustizia. Il testo di Osea (2, 21-22) è intessuto di queste parole che sono i “riflessi dell’Alleanza„:

Ti farò mia sposa per sempre (4).

ti farò mia sposa

nella giustizia e nel diritto,

nell’amore e nella benevolenza,

ti farò mia sposa nella fedeltà

e tu conoscerai il Signore..

Ecco il comportamento dell’Alleanza:

- “Io ti farò mia sposa nella giustizia „: tu somiglierai a me che sono giusto, che creo il diritto e che lo sancisce. Pratica il diritto: io sono giusto, sii giusta.

- “Io ti farò mia sposa nell’amore e nella benevolenza „. L'ebraico “héséd„ implica affezione, relazione reciproca che sia, dal lato di Dio, misericordia e benevolenza e, dal lato dell'uomo, amore.

- “Io ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore Conoscenza di Yahvé: “iadà„. L'opposto è il peccato: non volere conoscere, rivoltarsi, “péshà„.

E con ciò come si va lontano!

A causa di questi legami quasi coniugali che lo collegano a Yahvé, Israele è invitato ad una morale “di conoscenza„ reciproca e d'imitazione: occorre “attaccarsi a Yahvé„, agire come lui. Peccare, è non volere imitare Yahvé (essere infedele all'immagine), allontanarsi dai suoi grandi comportamenti essenziali che noi ora conosciamo: “héséd„: bontà, misericordia, legame d'amore, benevolenza come di un padre o di un coniuge (latino: “pietas„); “émét „: la fedeltà, la solidità, il poter contare uno sull'altro; “sédéq„: la giustizia.

3) Inventario del peccato e peso del peccato.

a) Il repertorio dei peccati. L'inventario del peccato può essere realizzato a partire dal repertorio dei peccati. Si ha il gusto dei repertori di peccati nella Bibbia, il gusto dei decaloghi, ma anche dei peccati raggruppati per tre o per sei. Per il computo per dieci possediamo due decaloghi, o piuttosto lo stesso decalogo ma commentato due volte (Es 20 e Dt 5). Anche il salmo 15 conta per dieci. Isaia conta per tre al capitolo 33,15. Ezechiele al capitolo 18 conta forse per dodici (dodecalogo).

Questi elenchi, in sostanza ben necessari, ci vengono dagli ambienti levitici, custodi della tradizione sacrale: sacerdoti e leviti insegnavano ad Israele, nel più piccolo dettaglio della vita, come si arrivava a rompere con Yahvé.

Ma è ovvio che i profeti hanno molto più insistito sul fatto che il peccato è una questione di “cuore„, noi diremmo d'intelligenza spirituale. Peccare, per Osea, significa colpire al cuore un coniuge. Peccare, per Isaia, significa offendere la santità, cioè la trascendenza di Dio. Per Geremia che riprende ed “armonizza„ Osea, il peccato ha la sua stessa sede nel cuore; e questo cuore occorre “circonciderlo„, togliere il suo “prepuzio„ (immagine audace: dargli la possibilità di compiere la sua funzione, che è quella di conoscere Yahvé). Ma Geremia scrive nel momento in cui si desidera una rinnovamento dell'uomo tramite Dio: occorre che Dio stesso circoncida il cuore e faccia le modifiche necessarie (Cf. il seguente paragrafo II).

b) Il peso del peccato. Il tema delle due città che corre lungo tutta la Bibbia lo chiarisce abbastanza bene. C’è Gerusalemme e di fronte Sodoma, Babele (Babilonia). Le frontiere di queste due città passano del resto (non lo dimentichiamo!) attraverso il nostro cuore, passano in mezzo ad Israele. Il Vecchio Testamento non è “fariseo„ al punto di ignorarlo. Ed Isaia nel suo folgorante primo capitolo lancia un appello straordinario:

Ascoltate la parola del Signore,

capi di Sodoma;

prestate orecchio all’insegnamento del nostro Dio,

popolo di Gomorra! (Is 1,10).

Ma cosa sono Sodoma e Gomorra, nel contesto? È Gerusalemme che è diventata la “cattiva città„, esattamente come a volte il nostro cuore. Ed il profeta continua dopo avere tuonato contro i sacrifici puramente formali:

Imparate a fare il bene,

cercate la giustizia,

soccorrete l’oppresso,

rendete giustizia all’orfano,

difendete la causa della vedova (Is 1,17).

E’ meraviglioso il fatto che, nella Bibbia, il criterio della moralità è sempre il riferimento al prossimo: il prossimo da non perseguitare, da non opprimere. Ed anche quando il profeta Nathan biasima il peccato di Davide, non gli rimprovera tanto il fatto di avere posseduto Betsabea, quanto di avere preso la donna del suo prossimo. È sempre l’aspetto ingiustizia che è il più sottolineato nella Bibbia (5).

Peso del peccato ancora: è la Bibbia che ci presenta il peccato come una zavorra, un indurimento, un tipo di peccato del mondo, del mondo di Israele, un atteggiamento ereditato dal passato, spesso con la schiacciante responsabilità dei capi (6), un atteggiamento spirituale che si è fissato, si è indurito, che è nella memoria, nell'aria che si respira e quasi nelle membra, come una tentazione permanente. È il compimento di una lunga storia: un peccato-stato collettivo, un peccato-solidarietà.

 

II. IL RINNOVAMENTO DELL'UOMO:

IL GIOCO DELLA GRAZIA E DEL PECCATO

Ad un certo momento della storia di Israele, esattamente dopo il grande periodo profetico segnato da Osea e Isaia, si ha l'impressione quasi fisica di non poterne uscire, di essere “capitolato„, prigioniero di questo peccato d'indurimento, questo peccato “reiterato „ che ci è pervenuto dalle generazioni precedenti, sintetizzate soprattutto nei responsabili. Geremia parla di questo peccato-stato che si fissa alla nostra pelle:

Può un Etiope cambiare la pelle

o un leopardo le sue macchie?

Allo stesso modo: potrete fare il bene

voi, abituati a fare il male? (Ger 13,23).

Questo peccato che è alla radice stessa dei nostri cuori che dovranno essere circoncisi nuovamente. Ezechiele dipinge una specie d'affresco o di “sinfonia sanguinante„, come direbbe Claudel: il sangue degli omicidi, il sangue delle ingiustizie, il sangue dei sacrifici offerti senza convinzione, il sangue delle alture, il sangue delle donne.

Si rimane assolutamente senza respiro, come dopo la lettura dei tre primi capitoli dell'epistola ai Romani. Peccato ovunque: peccato dei pagani, peccato dei Giudei, nessuno è senza peccato. È il peccato-re! Si direbbe che Paolo accentua la descrizione per farci aspirare ad altra cosa. È esatto: il Cristo viene, egli viene come nuovo Adamo per recuperare l'uomo.

Ma tutto ciò è stato annunciato, è stato preparato nel Vecchio Testamento per quel preciso momento che era proprio il momento auspicato. È la grande svolta segnata da Geremia 31, Ezechiele 36 ed il Salmo 51 (Miserere).

1. Geremia 31: La Nuova Alleanza.

Al capitolo 31 di Geremia, in cui viene annunciata la Nuova Alleanza, si potrebbe collegare il capitolo 24, in cui Dio si incaricherà di rifare il nostro cuore, ci darà un “cuore nuovo„. Voi avete mancato la prima Alleanza per colpa vostra; Dio rifarà una “Nuova Alleanza„. Vi riprenderà partendo da zero, vi perdonerà i vostri peccati: ecco l'iniziativa di Dio, la grazia che precede sempre lo sforzo dell'uomo e che lo rende possibile. Si può dire che il peccato si inserisce nella grazia (come un verme nel frutto), ma è perdonato e come assorbito a sua volta dalla grazia. O meglio: il peccato sarà contrastato, sarà contenuto, “sostituito„ da una nuova grazia.

Non soltanto il Signore riprenderà l'uomo partendo da zero, perdonandogli il suo peccato, ma istituirà qualcosa di nuovo: scriverà la legge nel loro cuore, la legge diventerà in loro come una specie d'istinto interiore, come una sorta di luce interiore:

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore – (7): porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo (8). Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore” (9)

perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato (Ger 31,31-34.)

2. Ezechiele 36: Una risalita dell'uomo.

Ezechiele è un “professore„ ed è maggiormente abituato ad analizzare le idee. Meno soggetto al “dabar„ che fa irruzione, che è spontaneo, Ezechiele sa scrivere, sa fare degli elenchi e tenere i conti: è un sacerdote. Dunque ci dirà molto chiaramente, nel suo capitolo 36, di che si tratta. Si tratta di una rinascita dell'uomo. È necessario di conseguenza, leggendo Ezechiele 36, avere presente Genesi 2,7. C'è il “soffio di Dio„ che edifica l'uomo secondo tutta la sua grandezza: l'uomo ben diritto sui suoi piedi e, certamente, ben vivo; ma soprattutto l'uomo come essere morale ed anche come essere santo. Riprendere questo essere, cosa significherà ciò? Geremia rispondeva: consisterà nel rifare il suo cuore. Ezechiele dirà: occorre rifare l'uomo come all'origine, con un'infusione di “ruah„, di soffio, di spirito.

Mostrerò la mia santità in voi (10) agli occhi delle nazioni. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura (11) e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito ( una“ruah„) nuovo (12), toglierò da voi il cuore di pietra (13) e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi (14) e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme (15) (Ez 36,23-27).

3. Il salmo 51: Il povero che si affida a Dio.

Il salmo Miserere, il più profondo della Bibbia, ha per autore un discepolo di Ezechiele che riprende le espressioni del suo maestro per trarne delle riflessioni. E’ cosa buona predire che nell'epoca messianica sarà così, ma sarà meglio iniziare a vivere fin d'ora secondo i costumi messianici.

Il salmo 51 comincia dunque da un’analisi del peccato, del peccato in tutte le sue implicazioni: la più profonda analisi del peccato che ci abbia conservato la Bibbia. Il “povero„ che parla è là, disperato, che si volta verso Dio e gli dice (16):

Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;

lavami e sarò più bianco della neve.

…Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo. (17)

…non privarmi del tuo santo spirito (18)

...sostienimi con uno spirito generoso. …

(vv. 9,12-14).

Sì, è un “povero„, egli si “affida„ (“un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi „). E grida verso il Signore perché realizzi in lui ciò che aveva promesso per mezzo del suo profeta. In questo pensiero tocchiamo con mano questo passaggio dalla “contrizione„ alla povertà spirituale che è aperta a Dio e che ottiene da lui questa rinascita dell'uomo. Colui che prega è soltanto un “entusiasta„, un devoto, ma è ben obbligato a vedere che non può fare nulla per conto suo: e lancia una richiesta alla grazia. È il passaggio dal fariseismo - il fariseismo degli Israeliti proprio al tempo di Ezechiele (19) e che consiste in una certa fiducia nella propria giustizia - al “pubblicanesimo” (Traduzione letterale della parola “publicanisme”. Ndt) che è permeabile a Dio.

4. San Paolo e la rinascita dell'uomo tramite Dio.

Si può trarre un grande profitto riprendendo la lettura del salmo 51 parallelamente alla lettura di quello che è forse il più bel brano di san Paolo:

Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: ... della stirpe d’Israele, ...quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. (Fil 3,4-6).

Nel fondo, un fariseo perfetto questo Paolo pieno di sé stesso: ha forgiato la sua giustizia, forgiato la sua santità! Poi avviene l’incontro con Cristo:

Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore (20). Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui (21), avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge (22), ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede (Fil 3,7-9).

La fede come base, l'apertura a Dio ed a Cristo, il “vuoto„ che Dio colma! Ecco situato esattamente il passaggio di Paolo dal fariseismo al suo sentirsi come il pubblicano della parabola (Traducendo letteralmente il testo francese: al suo pubblicanesimo. Ndt), alla sua povertà. E questa povertà è la ricchezza di Dio; in questa povertà Dio manifesta il suo spirito e rinnova l'uomo. In questo gioco della grazia e del peccato, “la grazia sovrabbondante„, ha l'ultima parola e la vittoria.

 

NOTE

 (1). Riguardo a questa questione, vedere Le péché (Il peccato), coll. « Bibliothèque de théologie », Desclée et Cie, Paris, ed, in particolare, il nostro articolo “Le péché dans l’Ancien Testament (Il peccato nel Vecchio Testamento)„ e quello di Descamps,Le péché dans le Nouveau Testament (Il peccato nel Nuovo Testamento)„ (vi si parla del peccato nell'ellenismo e nelle varie religioni, per quanto in queste religioni si sia arrivati all'idea vera del peccato). Vedere così H. Rondet, Pour une théologie du péché (Per una teologia del peccato), Lethielleux, Parigi. Nel presente articolo non ci è possibile trattare tutto l'argomento: bisognerebbe, ad esempio, studiare le nozioni bibliche di conversione e di redenzione. Rinviamo, per questi punti di vista, al testo Il peccato che è stato appena segnalato.

(1 bis). Hybris – Traslitterazione del gr. βρις, che significa genericamente «insolenza, tracotanza», e nella cultura greca antica è anche personificazione della prevaricazione dell’uomo contro il volere divino: è l’orgoglio che, derivato dalla propria potenza o fortuna, si manifesta con un atteggiamento di ostinata sopravvalutazione delle proprie forze, e come tale viene punito dagli dei direttamente o attraverso la condanna delle istituzioni terrene (per es., la hybris di Prometeo). (Dal Vocabolario Treccani. Ndt).

(2). La montagna degli Elohim, la montagna degli dei che si situa, secondo la Genesi, verso il nord della “Mezzaluna Fertile „, nel luogo dove si trovano quattro fiumi che sembrano uscire da una stessa fonte. Corrisponde all’Olimpo babilonese situato negli stessi posti, nelle montagne del Nord. È in questi luoghi che è dunque situato il re di Tiro.

(3). Di conseguenza: realtà concreta molto pregnante per la percezione, ma che comporta l'idea di collaborazione ad un'opera comune.

(4). E’ Yahvé che parla: Israele è questo popolo scelto che non “restituisce„, che non è fedele all’Alleanza. Yahvé prenderà l'iniziativa di rinnovarlo secondo l’Alleanza.

(5). La Bibbia ed il Vangelo non ci polarizzano, come alcuni pensano, sulla sessualità: la giustizia verso il prossimo vi tiene infinitamente più posto.

(6). Si è molto duri verso i capi, verso i responsabili, nella Bibbia: essi hanno accresciuto il peccato del popolo. Elia ed Osea sono contro i re, Isaia è contro i politici (i “saggi„), Geremia ed Ezechiele sono contro i re e contro i profeti infallibili.

(7). Questi giorni del 586 (Distruzione di Gerusalemme e del tempio ad opera di Nabucodonosor. Ndt), dopo questa “miseria nera„ dell’assedio, che mette fine ad un certo periodo della storia della salvezza.

(8). Vi riconosciamo la formula dell’Alleanza.

(9). Non c’è dunque più la necessità di ricorrere ai sacerdoti, ai profeti, ai saggi, per cogliere l’essenza della religione (= la conoscenza).

(10). Io mostrerò la mia potenza, la mia trascendenza, con un intervento che creerà le condizioni di una Nuova Alleanza.

(11). E’ un sacerdote che parla ed utilizza immagini liturgiche. Il peccato è per lui un’impurità; le sue tendenze sacerdotali e rituali gli danno questa visione delle cose.

(12). Questo soffio nuovo sarà come una “ricarica„ del vostro soffio originale. Come se l'equilibrio di carne e di spirito fosse insufficiente! E’ ciò che sembra insinuare questo passaggio di Gn 6,3: Dio vide che l'uomo era soltanto “basar„, soltanto “carne„, e che non c'era abbastanza “ruah„ in lui, di spirito. Ebbene, Dio glielo infonderà!

(13). Il cuore di pietra è quello che non “comprende„, che è duro, appesantito, poiché il cuore è la sede dell'intelligenza (Cf. L’avventura di Nabal il cui “cuore gli si tramortì nel petto ed egli rimase come una pietra „: 1 Sam 25,37). Un cuore di carne è un cuore permeabile, aperto, comprensivo.

(14). Io ricomincerò per voi la prima creazione.

(15). Dio opera per fare un nuovo uomo caratterizzato dalla sua fermezza morale.

(16). Si riconosceranno facilmente, in questa citazione, le espressioni di Ezechiele: “purifica„, “crea per me un cuore puro„, “spirito„…

(17). Uno spirito saldo, poiché ora si tratta di dirigermi, di fare di me un essere morale.

(18). Il tuo spirito santo (osserviamo la minuscola = una disposizione santa): tu agirai in me per la mia santità (ed io vi agirò con te), tu agirai al fine di ridurre al minimo in me il peccato.

(19). “Fatevi un cuore nuovo„, diceva Ezechiele prima maniera: 18,31. Ed Ezechiele seconda maniera scriverà: “Io, Yahvé, vi farò un cuore nuovo. „

(20). “Conoscere Gesù Cristo. „ Tutto il cristianesimo consiste in questa formula, come del resto tutta l’Alleanza consisteva, lo è visto, in questa: “conoscere Yahvé. „

(21). In lui = in Cristo, in comunione con lui (“koinonia„).

(22). La frase “avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge” è tratta dalla Bibbia CEI 2008, così come tutte le altre citazioni, mentre la traduzione letterale dal francese è: “Avendo come giustizia la mia piccola giustizia” Ndt.

 

BIBLIOGRAFIA

Lumière et Vie, n° 5 : « Le sens du péché».

À.-M. Dübarle, Le péché originel dans l’Écriture, coll. « Lectio divina », n° 20, Éd. du Cerf, Paris, 21967.

C. TresmontanT, La doctrine morale des prophètes d’Israël, Éd. du Seuil, Paris, 1958.

S. Lyonnet, De notione peccati, 1957.

S. Lyonnet, « Péché originel », dans Dictionnaire de la Bible, Supplément, tome VI, 1963, pp. 509-567.

É. Beaucamp, « La Bible et le sens du péché », dans Catéchistes, n° 49.

Ph. Delhaye, « Le péché dans le Nouveau Testament », dans L’Ami du Clergé, 68, 1958, pp. 745 ss. ; 69, 1959, pp. 17 ss.

 


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16 luglio 2015  a cura di Alberto "da Cormano" Grazie dei suggerimenti alberto@ora-et-labora.net