CAPITOLO SECONDO
L'uomo, così come è descritto nella Bibbia appare come un fascio di relazioni.
La prima di queste relazioni è quella che egli tiene con Dio: questa relazione
costitutiva si esprime in modo sorprendente nel tema dell'uomo “immagine„ di
Dio.
I. I
TESTI
Leggiamo inizialmente i testi dove si esprime più chiaramente questo tema
dell'immagine (1).
1. Genesi
1,26-27.
Dio disse: “Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza„.
“Facciamo„:
questo plurale non è in nessun modo una traccia di politeismo - non c'è traccia
di politeismo nel documento P! È un plurale di deliberazione di Dio con sé
stesso o forse con la corte celeste supposta presente.
Facciamo “l'uomo„: si tratta di un nome comune, con quasi il senso di:
facciamo
“dell'uomo„,
“A nostra immagine„: la parola immagine traduce la parola ebrea “sélém„
che designa l'immagine-statua. Così, in Am 5,26, il profeta ironizza sugli
Israeliti che trasportano statue di dei stranieri (statua
=
sélém).
“Immagine„ è dunque da prendere qui in un senso molto concreto.
Secondo “la nostra somiglianza„: la parola somiglianza traduce la parola
ebrea “démut„. Il termine è più astratto di “sélém„. Può tuttavia essere usato
nella Bibbia in modo più concreto e materiale: è il caso in 2 Re 16,10 ss. Ci
viene detto che il re-sacerdote Acaz in visita presso il re dell'Assiria vede un
altare che trova molto bello; ne invia le misure ed il disegno (démut) al
sacerdote di Gerusalemme Uria affinché questo nuovo altare sostituisca nel
tempio l'altare tradizionale.
2.
Genesi
5,1:3.
Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio … Adamo aveva
centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua
somiglianza, e lo chiamò Set.
Adamo
(= l'uomo)
è creato a somiglianza (démut) di Élohim. Ed a sua volta Adamo genera un
figlio a sua somiglianza e secondo la sua immagine. Si può dunque dire che
l'immagine si trasmette; l'immagine è un bene permanente dell'uomo, che esiste
anche nell'uomo peccatore.
3. Genesi
9,6.
Chi sparge il sangue dell’uomo,
dall’uomo il suo sangue sarà sparso,
perché a immagine di Dio
è stato fatto l’uomo.
Dopo il diluvio il peccato rimane presente, in particolare il peccato di
omicidio qui evidenziato. Yahvé istituisce la vendetta del sangue, e questa
regolamentazione rappresenta un progresso nel modo di concepire la giustizia. Un
giorno, quando la vendetta del sangue diventerà la vendetta che si trasmette per
generazioni e che si ucciderà ciecamente per una semplice ferita, si
istituiranno tribunali, si tenterà di regolamentare la vendetta con la legge del
taglione: “Occhio per occhio, dente per dente„ (cioè: divieto di versare più
sangue di quanto non ve ne sia stato
versato).
Qui l'omicidio è stigmatizzato e punito a causa di questa “immagine„ di Dio che
è in qualsiasi uomo. Ci può sembrare abbastanza curioso vedere questo tema
dell'immagine di Dio menzionata in questo contesto molto concreto: l'uomo
concreto, l'uomo esistente con la sua carne ed il suo sangue, è immagine di Dio
poiché Dio si interessa affinché il suo sangue non venga versato.
Riassumendo:
-
“Sélém
=
generalmente
una
statua.
- “Démut„
= un'immagine,
che corrisponde al greco “eikôn„ (Cf. icona).
- Abbiamo potuto renderci conto che, in questi testi, l'uomo è considerato in
quanto uomo, l'uomo inviolabile, la cui prerogativa rimane, nonostante tutti le
avversità della sua storia: il fatto di essere immagine di Dio è per l'uomo un
bene permanente.
II. SIGNIFICATO
DI QUESTO TEMA
1. L'uomo
“rappresenta„ Dio.
In che modo l'uomo rappresenta Dio? Si sono proposte, qui, molte teorie.
a) la teoria di Koelher (2). Koelher pensa che l'uomo sia “immagine di
Dio„, che “rappresenti„ Dio tramite la sua dimensione, la sua posizione diritta.
È la postura verticale che differenzia l'uomo degli animali.
Avete certamente osservato, nella Bibbia, l'insistenza con la quale si
sottolinea la differenza tra l'uomo e gli animali: questo è il significato della
sfilata di animali nel più antico resoconto della creazione (Gn 2,18 ss). Dio fa
sfilare davanti all'uomo ogni tipo di animale perché cerchi fra di loro la
compagna che sarà il suo esatto “corrispondente„ (Ndt. In francese “vis-à-vis”)
sul piano fisico e morale - e non si incontrò nessun corrispondente per Adamo. È
per insegnarci, con una storia, quest'orrore della bestialità che non era per
niente sentito nelle civilizzazioni ambientali: i primi uomini - si diceva in
alcuni miti pagani - avevano conosciuto una fase di bestialità, mangiando e
dormendo con le bestie. Nella letteratura biblica si è continuato ad esprimere
quest'orrore della bestialità: in Lv 18,23, si trova l'ordine formale dato da
Yahvé in termini incontestabili: “Non darai il tuo giaciglio a una bestia„. È
qui la legge che corrisponde al racconto mitico e ne condensa la portata.
Secondo Koelher, l'uomo sarebbe dunque immagine di Dio per la sua posizione
verticale. È una teoria attraente; e richiamo i versi di Ovidio nelle sue
Metamorfosi: “Ha dato all'uomo una figura sublime; gli ha ordinato di
osservare il cielo e di tendere i suoi occhi verso le stelle„. È una bellissima
immagine sulla dignità dell'uomo.
Si possono fare, tuttavia, alcune critiche a questa teoria di Koelher.
Sarebbe abbastanza curioso che la “somiglianza„ con Dio fosse presentata in tal
modo (in riferimento con l'altezza corporale) da una tradizione sacerdotale;
la tradizione sacerdotale è la più anti-antropomorfica, la più orientata nel
senso di una spiritualità di Dio intensamente professata. E’ così che, in questa
tradizione, Dio interviene nella creazione, soltanto con la sua voce (ciò che
c'è in lui di spirituale). Sembra difficile supporre che l'autore di P abbia
precisamente voluto dire che l'uomo somiglia a Dio in quanto dotato della
posizione verticale: ciò implicherebbe che Dio stesso fosse visto come uomo, ma
non è così.
D'altra parte, osserveremo che Gn 1,27 afferma che Dio “creò l'uomo a sua
immagine, … maschio e femmina„. Ora, mai nella Bibbia noi vediamo gli attributi
femminili applicati a Dio; da nessuna parte è detto che ci sia una moglie di
Yahvé (all’infuori che nella pratica eretica di Elefantina in Egitto). La sposa
di Yahvé non è altro che il popolo di Israele.
b) teoria di E. Jacob. Comunque, anziché pensare con Koehler ad
un'analogia fisica, sarebbe più soddisfacente vedere nell'idea di
rappresentazione di Dio attraverso l'uomo la seguente asserzione: l'uomo riceve
da Dio una funzione reale, una delega per dominare sulle bestie.
È ciò che è espresso in Gn 1,26:
Facciamo l'uomo, dice Dio, a nostra immagine, secondo la nostra rassomiglianza:
dòmini … su tutti gli animali.
Ciò
è ripetuto nel Salmo 8 - che è il
migliore commento sul tema dell'immagine. Questo salmo
ricorda che Dio è trascendente:
lo si mostra che non ammette uguali, si parla della sua maestà, della sua
gloria che è nel più alto dei
cieli; lungo tutto
il salmo si esprime l'ammirazione per l'opera delle sue dita
(3).
Così orientato dapprima sulla trascendenza di dio, l'autore arriva a dire:
“Che
cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
(di “un divus„.
di un élohim, cioè praticamente un angelo);
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
(cioè gli animali selvaggi),
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari“.
Questa insistenza importa in modo notevole: vediamo che la rassomiglianza con
Dio risiede proprio in questo potere di dominio sulle creature inferiori.
Nell’Ecclesiastico troviamo ancora di più. È un libro tardivo, ma che
rappresenta bene la tradizione: Ben Sira è l'uomo della tradizione; il libro si
situa intorno al 200 A.C., ad un periodo di calma politica dove si è
precisamente raccolto tutto ciò che si era detto in Israele, tanto nella linea
internazionale della Sapienza che aveva filtrato in Israele che nella linea
sacrale dei sacerdoti e dei profeti. Ecco come l’Ecclesiastico parla
dell’ “immagine„,
naturalmente con riferimento al primo capitolo della Genesi:
Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. … Li
rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente
infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. …
(Sir 17,1 ss).
Le bestie sono, naturalmente, le bestie concrete; ma questo termine simbolizza
anche nella Bibbia le potenze caotiche. Le bestie sono i simboli del male.
In Gn 4,7, Dio dice a Caino: “Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto
(il tuo volto Ndt.)? Ma se non agisci bene, il peccato è (come un animale Ndt)
accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai„.
Il male è rappresentato da una bestia nelle letterature orientali, e ne abbiamo
tracce numerose nella Bibbia. Nel salmo 74, ad esempio, queste bestie mostruose,
simboli del male, del peccato, si chiamano: Leviatàn (Rettile primordiale) ,
Tannin (Drago), Nachash (Serpente). Esiste un'affinità tra queste bestie e
l'elemento acquoso, il caos del mare primitivo da cui la divinità ha tratto il
mondo (Cf. in Esiodo i combattimenti dei giganti e degli dei). Yahvé ha vinto
queste forze, ha messo ordine in
questo caos.
In ciò che noi chiamiamo l'apocalittica, le potenze ostili sono anche
raffigurate da bestie. Vedere, ad esempio, il libro di Daniele; ugualmente
l'apocalisse di Giovanni (cap. dal 13 al 17 in particolare): la bestia dalle
sette teste, che esce dal mare, che pronuncia le bestemmie, è la bestia
anti-Dio.
L'uomo domina sulle bestie ma è anche vincitore del male: egli è, per
costituzione, l'imitatore di Dio che reagisce contro il male. Nell'espressione
“immagine di Dio„, c'è dunque come una richiamo alla lotta, un invito dinamico.
Occorre anche qui aggiungere che non è affatto un orgoglioso ideale di
superuomo che ci è stato assegnato da questo fatto. Poiché, per rimanere un'
“immagine„, l'uomo deve mantenere la sua relazione con Dio e dunque la sua
distanza a suo riguardo: l'immagine non è identica all'origine dell'immagine.
Credersi identico all'origine dell'immagine comporta la caduta; è l'istigazione
del Nachash (Serpente): “Io sono un Dio (un Elohim)„. Sul piano dell'umanità,
come sul piano di Israele, questa dismisura è il grande peccato: Cf. il
rimprovero indirizzato al principe di Tiro (Ez 28,2).
- Riassumendo:
Il senso originale di questo tema dell'immagine di Dio: l'uomo concreto è
rappresentante di Dio.
Non perché (Cf. Koelher) ha una dimensione verticale che lo differenzia degli
animali, ma perché riceve una delega da Dio che si traduce nel dominio sulle
bestie, sull'universo dinamico, sul peccato.
Questo tema è un invito a lottare, e nello stesso tempo a rimanere al proprio
posto, in relazione con Dio.
2.Fecondità di questo tema.
Qui si pongono due questioni:
a) Ci
si chiederà inizialmente se questo tema non è
all'origine
della morale d'imitazione,
più volte incontrata nel Vecchio Testamento. - Io non credo e risponderò
immediatamente. Infatti nella Bibbia, i grandi moralisti furono i profeti dopo i
leviti; ma leviti e profeti appartengono alla tradizione sacrale nella quale
l’Alleanza era la realtà centrale. In questa linea dell’Alleanza, hanno
insegnato che l'uomo (l'uomo israelita) deve imitare Dio come una sposa imita il
suo sposo (Cf. Os 2,16-22). La morale d'imitazione prende la sua precisa origine
nel tema dell’Alleanza e non in quello dell'immagine.
Detto questo, credo tuttavia che la questione che abbiamo posto ci orienti verso
qualcosa di vero. La morale d'imitazione potrebbe essere detta derivata dal tema
dell'immagine, a condizione di prendere il termine imitazione in un senso molto
ampio: imitate Dio nella sua lotta contro il male e nel suo lavoro: siate
l’umile replica dell'attività di Dio. “Il Padre mio lavora incessantemente, dirà
Gesù, quindi anch’io lavoro„. In Es 20,11, l'esempio di Dio che lavora sei
giorni e che si riposa il settimo è offerto per essere imitato da Israele: ma
c'è un'allusione al racconto della creazione in Gn 1, ciò che permette di dire
che siamo vicini al tema dell'immagine. È anche possibile che quest'idea
dell'immagine si trovi sullo sfondo dei testi di origine più umanista e di
genere sapienziale - meno vicini al tema dell’Alleanza.
b)
Seconda
questione: il tema dell'immagine non sarebbe all'origine di un'escatologia
dell'uomo?
- È un'idea che ha assunto molta importanza in questi ultimi anni a causa delle
ricerche attuali sul tema del misterioso “Figlio dell'uomo„.
Bentzen (4) si è applicato, in particolare, a mostrare le radici della speranza
messianica in questa figura dell'uomo immagine di Dio. L'uomo immagine di Dio,
dice, l'uomo descritto nel salmo 8, ad esempio, è il re di Israele: spetta alla
funzione reale di un completo dominio nell'universo. Ma, continua Bentzen,
c'erano certamente altre funzioni oltre a quella del re: quella di sacerdote
(rappresentante del mondo), quella di profeta (parlare al mondo). Ma
l' “uomo
immagine di Dio„ assumeva probabilmente la totalità di queste funzioni; è
soltanto successivamente che in Israele si sono separate queste diverse
funzioni, e si attese la venuta di un “Uomo„ che sarebbe re, di un altro che
sarebbe sacerdote, di un altro che sarebbe profeta.
Tale è, secondo Bentzen, lo sfondo di tutta l'attesa messianica. Ed il Figlio
dell'uomo del libro di Daniele sarebbe una rinascita della vecchia figura
dell'uomo immagine di Dio nel paradiso primitivo: il Figlio dell'uomo, in
Daniele, combatte gli animali (sempre questa stessa caratteristica). Noi vedremo
Cristo diventare vittorioso sugli animali nel deserto della tentazione: è in ciò
che egli è il Figlio dell'uomo messianico. In Rm 5,15, Cristo sembra presentato
come questo Uomo atteso; ed Eb 2,6 attribuisce un senso molto messianico
all'Uomo del Salmo 8.
Senza pronunciarci categoricamente diremo, dunque, che è possibile che questo
tema dell'immagine sia all'origine dell’attribuzione di un significato
messianico all'Uomo.
III.
ALLARGAMENTO
DEL TEMA
Al di là delle sue relazioni reali con la morale d'imitazione ed il messianismo,
il tema dell'immagine doveva conoscere un allargamento in una doppia direzione.
1. Essere
“immagine di Dio„
=
partecipare alla sua incorruttibilità (Sapienza).
Abbiamo ricordato come la Sapienza fosse germinata in un terreno greco. Non ci
stupiremo della valorizzazione dell’anima di cui testimonia questo libro. Per
l'autore della Sapienza, noi siamo immagini di Dio innanzitutto tramite la
nostra anima; questa è spirituale, immortale e perciò partecipa
all'incorruttibilità di Dio.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine (eikôn) della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo … (Sap
2,23-24).
2. Essere
“immagine di Dio„
=
partecipare a Cristo (san Paolo).
In ambito cristiano, è soprattutto Cristo che è l'immagine del Dio
invisibile, primogenito di tutta la creazione.
(Col 1,15; Cf. 2 Cor 4,4).
Cristo è il nuovo uomo, il nuovo Adamo, il primo di una nuova serie di uomini.
Credo che per comprendere il famoso inno di Fil 2,6-11, occorra avere ben
presente il tema dei due Adamo.
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione
divina,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome (nuovo) di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Dobbiamo rappresentarci in parallelo, l'epopea del primo Adamo e quella del
secondo Adamo.
Il primo Adamo era l'immagine di Dio; si alza, dimentica che l'immagine non
implica uguaglianza ma relazione a Dio, delega di potere; quindi rompe
quest'immagine volendo elevarsi, ed è precipitato fuori dal paradiso.
-
Primo Adamo:
Noi noteremo che, in questo testo dell'epistola al Filippesi, c è il termine
morphè che è usato al v. 6: Cristo che era di “forma„ divina, che era
l'immagine di Dio (con il fatto stesso della sua esistenza). Le parole ebraiche
sélém e démut sono tradotte dai Settanta a volte con eikôn,
a volte con morphè.
Non soltanto Cristo, nuovo Adamo, è l'immagine perfetta del Dio trascendente, ma
ha il compito di trasformarci in “immagini„ di questo stesso Dio. Poiché Cristo
è un'immagine che è più di una “copia„ di Dio: quest'immagine sussistente
contiene le virtù dell'originale; ha il potere di conformarci a questo
originale.
È ciò che esprimono i testi paolini:
Avete rivestito il nuovo uomo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad
immagine di Colui che lo ha creato.
(Col 3,10).
La fine del versetto è un'allusione a Gen 1,26 da cui siamo partiti. È con il
battesimo che
ci
si
“riveste„
di Cristo (Cf Gal 3,27). E la “conoscenza„ ci riporta a questo tema così
importante in tutta la Bibbia: la conoscenza di Dio è una conoscenza per amore,
una frequentazione alla maniera di due sposi; suppone una certa parentela, una
similitudine per partecipazione.
Tale è la nostra vocazione:
Poiché quelli che Dio da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere
conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti
fratelli
(Rm 8,29).
Il Signore è lo Spirito … E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno
specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine,
di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.
(2 Cor 3,17-18).
Questo testo ci insegna che la trasformazione di cui siamo beneficiari è il
frutto dell'azione del Signore Gesù, essa non si produce in seguito ad uno
sforzo d'imitazione da parte nostra: essa è “grazia„.
3. Conclusione.
Tali sono i significati, infinitamente più profondi, presi dalla formula che noi
abbiamo appena studiato: “l'uomo è immagine di Dio. „
Nella Genesi, l'uomo è immagine di Dio nel senso che riceve da Dio una delega di
potere di dominare sul mondo, occupare un posto scelto nell'universo.
Nella Sapienza, l'uomo è immagine di Dio con la sua anima, spirituale ed
immortale.
In san Paolo, la qualità d'immagine di Dio ci è portata dal Cristo in cui essa è
riscontrata al massimo: è di essenza escatologica ed è la trasformazione
ontologica che noi designiamo, in termini astratti, con l'espressione “grazia
santificante„. Con adesione a Cristo immagine perfetta e Dio, noi diventiamo a
nostra volta “immagini„.
NOTE
(1). Notiamo che questi testi derivano tutti dalla tradizione
“sacerdotale„
(documento P, o Priester Codex). Questa fonte sacerdotale è, nel Pentateuco, più
recente - non quanto alla sua esistenza ma quanto alla sua fissazione per
iscritto. C'è una tradizione sacerdotale molto antica in Israele: sacerdoti e
leviti non hanno formato l'antico inquadramento di Israele? Ma la fonte
sacerdotale, in quanto documento redatto, è una fonte sapiente, piena di
genealogie, di date, una fonte la cui redazione si situa nel VI° e V° secolo
A.C..
(2). Protestante tedesco, che ha elaborato una teologia del Vecchio Testamento,
breve e affidabile.
(3). Forse questo Salmo (come il Sal 134) era cantato nel corso di una festa di
notte al tempio di Gerusalemme? Ciò potrebbe spiegare il versetto: “Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che
tu hai fissato„.
(4). Teologo di Copenaghen morto alcuni anni fa (Ndt.
Nel 1953).
BIBLIOGRAFIA
E. JACOB, Théologie de l'Ancien Testament, Delachaux et Niestlé,
Paris-Neuchâtel, 1955.
L'autore, protestante, è professore di Vecchio Testamento alla facoltà di
teologia di Strasburgo.
P.VAN
IMSCHOOT, Théologie de l'Ancien Testament, Desclée et Cie, Paris, 1956,
tome II.
HERING, Le Royaume de Dieu et sa venue, Strasburgo.
Tesi di dottorato dell'autore che è protestante.
O. CULLMANN, Christologie du Nouveau Testament, Delachaux et Niestlé,
Paris-Neuchâtel, 1958.
A. FEUILLET, « L'hymne christologique de l'épître aux Philippiens », dans
Revue Biblique, 72, 1965, pp. 352-380 e 481-507 (con bibliografia).
La nouvelle Ève,
Lethielleux, Paris, 1955, tome II.
D. BARTHÉLÉMY, Dieu et son image, Ébauche d'une théologie biblique, Éd.
du Cerf, Paris, 1964.
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21 dicembre 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net