Le radici del monachesimo di tradizione latina occidentale:
il caso di Benedetto di Aniane e del
Codex Regularum
Fabio Cusimano
Estratto da “Mediaeval Sophia”
13 (gennaio-giugno 2103)
a cura di Officina di Studi Medievali
Il problema dell’oggi [...] è che si vive nell’oblio, si dimentica la
storia e le tradizioni religiose da cui si proviene. Per questo è importante lo
studio della storia.
1
Il
monachesimo può essere interpretato come «la perla preziosa della Chiesa
d’Oriente e d’Occidente»
2 che ha le sue origini nel vasto movimento eremitico e che si
sviluppa vigorosamente lungo i secoli successivi.
Il
monachesimo che è giunto fino ai nostri giorni, con le sue caratteristiche
maturate nella tradizione latina occidentale nel corso di molti secoli, può
apparire uniforme e “standardizzato”, anche dal punto di vista geografico. In
realtà, quando ci si approccia a una riflessione sulle origini del monachesimo,
bisogna necessariamente puntualizzare tutte le differenze e le caratteristiche
di ogni contesto cui si fa riferimento. A proposito delle origini del “fenomeno”
monachesimo, però, si può tentare di individuare una via comune, trasversale: la
convinzione che sia universale la ricerca di un Assoluto o di un Io profondo da
realizzare con i mezzi dell’ascesi non appartiene, infatti, solo al pensiero
cristiano, ma è comune alla riflessione religiosa e antropologica della più
varia estrazione. E certamente, ripercorrendo le vie della storia, si riscontra
che molte società si sono ispirate a una tale ricerca e hanno dato vita ad
aggregazioni e istituzioni riconducibili a quel complesso fenomeno
storico-religioso che si chiama monachesimo.
3
Il
monachesimo delle origini della tradizione cristiana, caratterizzato dalla
fuga
mundi,
4
per i fedeli significa il rifiuto delle consuetudini di una vita difforme dal
modello di santità proposto dai Vangeli e dall’esempio stesso di Cristo.
1. Introduzione
Il
monachesimo occidentale deriva certamente da quello orientale: una sua prima
manifestazione si afferma a partire dalla seconda metà del III secolo. Il
movimento monastico delle origini risente fortemente dell’influenza orientale
anche nella definizione del proprio vocabolario gergale: origine greca hanno,
infatti, alcune delle parole-chiave del gergo monastico, quali
asceta,
eremita, monaco,
5
anacoreta,
6
cenobita,
7
stilita. Sempre
attraverso influssi orientali, ma in forme sicuramente più moderate,
l’eremitismo e il cenobitismo si diffondono anche in Occidente a partire dal IV
secolo. Le origini del monachesimo si manifestano come una realtà complessa e
variegata. Inizialmente l’ideale eremitico si diffonde in Oriente attraverso
numerose esperienze di vita solitaria ove si riscontrano asceti senza alcuna
regola di vita: i sarabaiti,
8
definiti da san Benedetto «monachorum taeterrimum genus».
9
Probabilmente invece il sorgere della vita anacoretica è contemporaneo in
diversi luoghi. Tali luoghi di raccolta di monaci, anacoreti o cenobiti, sono
sin dall’origine numerosi: Basso Egitto (Antonio), Alto Egitto (Pacomio), Siria,
Palestina, Cappadocia, Costantinopoli, Grecia, Persia, Etiopia con una
estensione, nel volgere dei secoli, a tutto l’Oriente cristiano. In Occidente:
Africa settentrionale, penisola Iberica, Gallia, paesi celtici, con Girolamo,
Colombano, Benedetto [...].
10
2. Antonio, Pacomio e Basilio: la
Regula
di san Benedetto e le sue
auctoritates
Con Antonio
11
nasce il “monachesimo anacoretico”, cui si affianca una seconda forma di vita
monastica egiziana, quella del “monachesimo cenobitico”: il suo fondatore è
Pacomio, 12
nei primi decenni del IV secolo. Dall’Egitto esso si estende in Siria e poi in
Occidente, dove prevale la forma cenobitica.
Pacomio
(292-346 d. C.) fa costruire a Tabennisi, sul Nilo, nella regione della Tebaide,
un monastero in cui la vita dei monaci, organizzata in forma comunitaria, è
scandita da un’attività quotidiana sotto la guida di un abate. Si cerca, così,
di domare la vita solitaria e selvaggia degli anacoreti attraverso il lavoro
manuale, la preghiera in ore prescritte, la meditazione. La riforma di Pacomio,
che si afferma non senza difficoltà, «permise di scoprire quanto fosse difficile
la vita in comune, che presentava il vantaggio di ridurre la violenza delle
tentazioni, ma esigeva la più profonda umiltà nell’obbedienza, escludeva ogni
fantasia ed ogni eccesso nella penitenza e, per di più, obbligava a sopportare
con spirito di carità la presenza degli altri, con le loro esigenze e i loro
difetti».
14
Il
monachesimo pacomiano viene riformato in seguito da Basilio (330-379 d. C.),
vescovo di Cesarea
15 che, all’età di venticinque anni, rinuncia al mondo e viaggia
in Siria, Egitto, Palestina, Mesopotamia, per esplorare le varie forme di
monachesimo diffuse in Oriente. Constatate le carenze del monachesimo pacomiano,
determinate da una struttura organizzativa piuttosto fragile che lascia ampio
spazio ai monaci, troppo numerosi e poco regolari nelle pratiche spirituali,
Basilio attua la sua riforma monastica in Asia Minore. Riduce il numero dei
monaci all’interno della comunità, conferisce maggiore autorità al superiore, da
importanza al lavoro intellettuale e soprattutto concepisce il monastero come
una vera e propria comunità, in cui ognuno contribuisce al bene di tutti.
Con la
riforma basiliana il monachesimo orientale, vissuto prevalentemente in forma
eremitica, si organizza anche in forma cenobitica:
I monaci
devono vivere insieme e partecipare insieme, ogni giorno, agli uffici divini,
pregare tutti in comune, prendere insieme i loro pasti in uno stesso refettorio,
lavorare a gruppi e nelle stesse ore.
16
Basilio
Magno, vescovo di Cesarea, rappresenta una figura fondamentale, uno dei pilastri
che contribuisce a fondare l’idea del monachesimo cenobitico benedettino: egli,
infatti, è l’unico autore che san Benedetto nomina espressamente nella sua
Regula. Tenendo presente che
nell’Epilogo san
Benedetto rimanda alla
Regula
Sanati Patris nostri Basilii
17 e
che apre il
Prologo
proprio con espressioni riprese da un’esortazione a lui attribuita,
18
viene da chiedersi se non abbia fatto ciò nel preciso intento di porre sotto il
patrocinio di Basilio la sua
Regula.
Così in
Prologo, 4:
In primis
ut quidquid agendum inchoas bonum, ad eo perfici instantissima oratione deposcas
[...].
Questa
espressione sembra echeggiare proprio le parole di Basilio
nell’Admonitio ad filium spiritualem, XI (De
oratione):
Nella
preghiera non far mai valere i tuoi meriti, e quando sei cosciente di aver
compiuto una buona azione, nascondila! Se tu taci, Dio stesso ti ricompenserà
abbondantemente [...] Ogni volta che ti accingi a fare qualcosa, invoca innanzi
tutto il Signore, e non tralasciare poi di ringraziarlo, quando è compiuto.19
In entrambe
c’è un esplicito richiamo del testo paolino: «[...] Confidens hoc ipsum quia,
qui coepit in vobis opus bonum, perficiet usque in diem Christi Jesu».
20
In tutto lo
scritto di san Benedetto si avverte l’influsso di Basilio: nella grande stima
per la vita comunitaria e nella sua stessa sobrietà. Il Cappadoce, infatti,
evita ogni eccesso e concepisce la vita monastica come vita cristiana
intensamente vissuta:
[...] colui
per il quale il mondo intero è crocifisso per amore di Cristo ed egli stesso al
mondo, come può diventare servo dei pensieri e delle sollecitudini del mondo,
dal momento che il Signore comanda di rinnegare la stessa vita per suo amore?
11
Non meno
incisivo è san Benedetto in
Prologo, 3:
Ad te ergo
nunc mihi sermo dirigitur, quisquis abrenuntians propriis voluntatibus
Domino
Christo vero regi militaturus oboedentiae fortissima atque preclara arma sumis.
22
Emerge
chiaramente che la
Regola interpella tutto l’uomo, composto di anima e corpo, poiché si
rivolge al cuore, inteso in senso biblico, ossia all’intera persona e alla sua
coscienza:
inclina aurem cordis tui?
23
3. La presenza forte dei Padri del deserto nella tradizione monastica
benedettina
altomedievale: Benedetto di Aniane e il
Codex Regularum
Il
monachesimo occidentale pre-benedettino, fin dai primi istanti della sua
diffusione, si distingue senz’altro per la sua multiformità.
È ben noto
che, anche dopo più di due secoli dopo la morte di san Benedetto, la sua
Regola
non sembra essere largamente nota e adottata: per tutto il VII secolo, infatti,
essa viene citata al pari di altre regole coeve, come uno dei tanti testi
monastici cui ispirarsi per trarne suggestioni e precetti. Sappiamo, infatti,
che la
Regula
Sancti Benedicti
non è la prima e unica regola monastica ad affermarsi in Gallia e
successivamente nel regno dei Franchi; col tempo essa soppianta via via tutti
gli altri ordinamenti fino a diventare, sul finire del secolo VIII, «legge unica
di tutti i monasteri dell’Impero carolingio. [...] Da quel momento vigeva dunque
ormai una sola
regula,
la regola per
eccellenza, quella di Benedetto».
24
Il
monachesimo medievale di tradizione latina occidentale deve molto all’età
carolingia, soprattutto per ciò che concerne la spinta verso l’unità sotto la
Regola
di san Benedetto. Tutto questo è reso possibile da Benedetto di Aniane (747 ca.
821),
25
riformatore carolingio del cosiddetto “monachesimo d’Impero”, d’accordo con i
dettami politici di Carlo Magno e Ludovico il Pio.
Come
afferma Giovanni Tabacco nel suo discorso in apertura della XXVIII Settimana di
studio del Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo (Spoleto, 1925/4/1979)
dedicata al tema “Nascita dell’Europa ed Europa carolingia: un’equazione da
verificare”,
abbiamo il
compito, nel rievocare il millennio seguito al crollo politico dell’impero
occidentale di Roma, di accertare la genesi e la prima struttura proprio di
questo potente sviluppo di forze e valori, destinato ad esiti così formidabili e
spesso così contestati nel mondo contemporaneo: [...] si coglie appunto nel
medioevo il primo delinearsi di un molteplice e aperto sistema di relazioni
sociali, dotato di un ritmo di crescita incomparabile, per la sua continuità
dinamica e l’accelerazione progressiva delle sue sconcertanti variazioni,
rispetto a qualsiasi altra civiltà. Intesa in questo senso, la nascita
dell’Europa è molto più di una alterazione geografica ed etnica dell’area di
civiltà già gravitante nell’area del Mediterraneo: quello spostamento del suo
fulcro di organizzazione verso gli spazi ed i popoli centro-occidentali del
continente europeo.
26
A proposito
dell’importanza dell’Alto Medioevo in questo processo di “genesi europea”
continua il Tabacco:
fu allora
che si andò costruendo un approssimativo quadro culturale ed istituzionale
latino-germanico, entro il quale fu possibile un lento e tormentato avviamento
verso il ritorno a condizioni più sicure di sopravvivenza umana e di coesistenza
di popoli, un ritorno che, al di là di ogni previsione logica e di ogni
necessità intrinseca, si trasformò dopo il mille, in quale tipo di sviluppo che
a noi oggi appare, a ragion veduta, come propriamente europeo.
26
Da queste
prime riflessioni appare chiaro il quadro che vede nell’età carolingia il
periodo più costruttivo dell’Alto Medioevo, con i suoi caratteristici
sincretismi culturali atti a rivalutare le
auctoritates
culturali del Tardoantico, con le sue potenti spinte riformatrici in campo
culturale, politico, sociale, ecclesiastico e monastico.
Il
Dizionario degli Istituti di Perfezione
28 e le opere di insigni studiosi del monachesimo come Bianchi,
29
Penco,
30
Pricoco
31
o de Vogüé,
32
contribuiscono a definire un quadro abbastanza completo a proposito del
“processo evolutivo” delle regole monastiche della tradizione latina occidentale
e dell’estrema complessità dei rapporti tra la trentina di testi che
caratterizzano un arco di tempo che va dal IV-V secolo al IX secolo.
Con l’epoca
carolingia (dal IX secolo) questo multiforme patrimonio legislativo interno al
mondo monastico comincia lentamente a ridimensionarsi, per fare posto alla
Regola
di san Benedetto; così scrive Pricoco:
La prima
parte di questo lungo periodo, fino all’età carolingia, vide il lento, ma
progressivo diffondersi della regola benedettina, che finì con l’introdursi nei
monasteri di quasi tutta l’Europa occidentale e restarvi, per circa seicento
anni, l’unico codice concretamente applicato.
33
Nella
seconda metà del secolo VIII, Carlo Magno intraprende la riforma della Chiesa
franca; successivamente è Ludovico il Pio, re d’Aquitania, ad appoggiare
Benedetto di Aniane. Alla morte di Carlo Magno, infatti, Ludovico il Pio
(divenuto imperatore nell’814) chiama Benedetto d’Aniane presso di sé ad
Aix-la-Chapelle e fonda per lui il monastero di Inden (ora Cornelimünster);
nell’816 e di nuovo nell’817 l’imperatore convoca ad Aix-la-Chapelle due sinodi,
34
chiamando a raccolta tutti gli abati dell’impero sotto la presidenza di
Benedetto di Aniane: ad Aquisgrana l’abate di Aniane si sforza di realizzare un
programma di politica ecclesiastica verso i monasteri, in cui l’unicità della
professione monastica deve comportare anche l’identità della consuetudine e
della preghiera.
In questo
modo la
Regola di san
Benedetto viene scelta come la migliore tra le tante regole monastiche
esistenti. La spiritualità monastica, protetta dal potere regio o imperiale con
i carolingi, favorisce spesso una sorta di alleanza tra il potere politico e
quello abbaziale. La scelta della
Regola di
san Benedetto si configura come un tentativo di assecondare la politica
unificatrice e riformatrice dei sovrani francesi a sostegno di “una” regola.
Attraverso
il suo impegno culturale ed esegetico Benedetto di Aniane punta
metodologicamente sul
confronto dei
testi della tradizione monastica noti a quel tempo. E proprio a seguito di
questo minuzioso confronto dei passi della
Regola benedettina
con gli altri testi della tradizione monastica che si evince in modo spontaneo e
chiaro a tutti i lettori delle sue opere tutta la bontà della
Regola
di san Benedetto: in questo modo la
Regola
benedettina si avvia lungo la strada della supremazia in campo monastico,
divenendo l’unico codice monastico degno di essere osservato e diffuso nei
monasteri dell’Impero.
Dalla
biografia dell’abate di Aniane emerge chiaramente la sua umiltà nel chiedere
aiuto a chiunque fosse in grado di farlo progredire nel suo desiderio di una
comprensione sempre maggiore della
Regola:
Omne quippe suum desiderium in observationem regulae converterat, suumque hoc
premaxime erat studium, ut nil intellectui eius excederet.
Quam ob causam quos peritos esse
compererat adtente sciscitabatur circa longeque positos, eos etiam qui istis in
partibus ad Montem Cassinum accederent, veluti qui non audita solummodo, set
visa perciperent. Ob quam dilectionem intelligentiae cum quislibet ei aliquid
novi panderet, mox humiliter suscipiens, sine reverentia aiebat, necdum se posse
occultos sensus regulae nosse; et cum cunctis non dicam tyronibus, set ipsis
sapientibus, ipse eam elucidaverit, nova et inaudita se non tantum a peritis,
verum etiam a simplicioribus reperire fatebatur.
35
In un altro
passo tratto dalla sua biografia l’agiografo Ardone sottolinea la volontà
dell’abate di Aniane di studiare in maniera approfondita la
beata
Benedicti regulam:
Dedit autem
cor suum ad investigandum beati Benedicti regulam, eamque ut intelligere possit
satagere, circumiens monasteria, peritos quosque interrogans quae ignorabat; et
omnium sanctorum, quascumque invenire potuit, regulas congregavit.
Normamque utilem et monasteriorum salubres consuetudines didicit suisque eas
tradidit monachis observandas.
36
Come
possiamo chiaramente dedurre da un ulteriore passo della sua biografia, la
riforma ha anche finalità pedagogiche; per meglio rispondere a tale importante
scopo Benedetto di Aniane compone le sue due maggiori opere:
Fecit
denique librum ex Regulis diversorum Patrum collectum, ita ut prior beati
Benedicti Regula cunctis esset, quem omni tempore ad collectam matutinam legere
jussit. Ex quo rursus ut ostenderet contentiosis nulla frivola cassaque a beato
Benedicto edita fore, sed suam ex aliorum fultam esse Regulam; alium collectis
Regularum sententiis composuit librum, cui nomen Concordia Regularum dedit, ita
dumtaxat ut beati Benedicti praecederet sententia, ei vero rationabiliter
convenientes jungerentur deinceps.
37
Da quanto
descritto da Ardone, i monaci dovevano leggere brani tratti dall’opera
dell’abate di Aniane al mattino: questo libro, questa raccolta di regole doveva
avere, dunque, una spiccata funzione educativa.
Il
Codex
Regularum (che
ritroviamo nel tomo 103 della
Patrologia Latina,
compreso tra le colonne
393-664/700) risponde proprio a questa esigenza spirituale e pedagogica: esso è
una silloge contenente diverse regole e suddivisa internamente in tre parti:
—
la
Pars prima riporta le
Regulae SS. Patrum
Orientalium ad monachos;
—
la
Pars secunda riporta le
Regulae SS. Patrum Occidentalium ad monachos;
— la
Pars tertia, infine, riporta le
Regulae SS. Patrum ad virgines.
Questa
distinzione interna (seppure frutto di una prassi editoriale moderna applicata
dal Migne) rende evidente sia l’approccio metodologico utilizzato nella stesura
dell’opera sia la distinzione effettuata dal compilatore tra le regole destinate
al monachesimo maschile e quelle destinate al monachesimo femminile, ma
soprattutto sottolinea l’attenzione riservata alla possibilità di porre in
dialogo le diverse Regole della tradizione latina occidentale e orientale.
Queste le
Regole, in ordine alfabetico, che il
Codex Regularum (nell’edizione a stampa del Migne) ci ha tramandato:
1)
Regula S. Augustini
episcopi Hipponensis;
2)
Regulae S. Aureliani
episcopi Arelatensis;
3)
Regula S. Basilii
episcopi Caesariensis;
4)
Regula S. Benedicti
abbatis Cassinensis;
5)
Regulae S. Caesarii
episcopi Arelatensis;
6)
Regulae S. Columbani
abbatis;
7)
Regula S. Columbani ad
virgines;
8)
Regula Communis;
9)
Regula Consensoria
monachorum;
10)
Regula cuiusdam Patris;
11)
Regula S. Donati episcopi
Vesontiensis;
12)
Regula S. Ferreoli
episcopi Ucetiensis;
13)
Regula S. Fructuosi
episcopi Bracarensis;
14)
Regula S. Isidori
episcopi Hispalensis;
15)
Regula S. Macarii
Alexandrini abbatis Nitriensis;
16)
Regula Magistri;
17)
Regula Orientalis ex
Patrum Orientalium Regulis collecta a Vigilio diacone;
18)
Regulae S. Pachomii
abbatis Tabennensis;
19)
Regula Patrum Secunda;
20)
Regula Patrum Tertia;
21)
Regula SS. Pauli et
Stephani abbatum;
22) Regula Quatuor Patrum;
23)
Regula Tarnantensis
monasterii;
24)
Regula Waldeberti.
Molte di
queste regole hanno la peculiarità di esserci state tramandate da pochi
manoscritti: alcune, addirittura, ci sono note solo attraverso il
Codex
Regularum,
tramandato dal prezioso manoscritto
Monacensis 28118 (C), del IX secolo, custodito a Monaco, che utilizzo come
fonte principale da cui trarre i riferimenti ai testi.
Pierre
Bonnerue
38 afferma che questo importante manoscritto è stato erroneamente
identificato fino ai giorni nostri come il
Codex
Regularum di
Benedetto di Aniane, quando invece esso rappresenta solo una traccia parziale di
un più grande
corpus
(denominato
Corpus
Regularum Anianense,
39
oggi perduto) da cui deriverebbero sia il
Codex Regularum
che la
Concordia Regularum.
Le affermazioni dello studioso si basano sullo studio filologico dei manoscritti
superstiti e su evidenze interne ai testi traditi.
Tutti i
materiali raccolti da Benedetto di Aniane da fonti e
corpora
diversi sarebbero stati ordinati secondo il seguente schema: in testa a tutte le
regole la
Regola
di san Benedetto;
poi le regole orientali-egiziane (o presunte tali): la regola dei Quattro Padri,
le regole di Macario, di Pacomio, di Orsiesio; poi quelle dei Padri greci, come
Basilio e la
Regula Consensoria
(ritenuta di origine greca); seguono le Regole africane: la
Regula
Augustini, la
Regula
Pauli et Stephani;
le Regole Colombaniane; un primo gruppo di Regole ispaniche, con Isidoro e
Fruttuoso, un gruppo della Gallia meridionale con Ferreolo e Aureliano; un
secondo gruppo misto dalla dubbia localizzazione, comprendente la seconda Regola
di Fruttuoso, il
Pactum, la
Regula Cassiani, la Tarnatense, l’Orientale e la Regola del Maestro; in
chiusura del
Corpus Regularum Anianense raggruppò le regole destinate al monachesimo femminile.
Anche il
Codex
Regularum, come
buona parte degli altri
corpora
allora diffusi, pone all’inizio del testo la
Regula Benedicti.
Afferma, infatti, Dell’Omo:
Per farsi
solo un’idea delle tante e autorevoli regole concorrenti, composte tra V e VII
sec., ormai superate in modo ufficiale agli inizi del sec. IX da quella di san
Benedetto, basta ricorrere al
Codex Regularum
dello stesso Benedetto di Aniane, nel quale sono raccolte ben 22 regole per
monaci e 5 per monache, aperte da quella benedettina, alla quale è conferito
così un vero e proprio “monopolio pratico”. D’ora in poi essa è codice di vita
unico per tutti i monasteri dell’Impero carolingio, sebbene non annulli il
valore delle altre regole, che anzi ad essa rinviano e ne confermano
l’autorevolezza.
40
Come
puntualizza il Mundò,
41 è necessario distinguere tra
Corpus
e
Codex:
con
Corpus
Regularum si
intende «la raccolta originale di regole messe insieme da un compilatore con
l’idea di darla ad un pubblico monastico regionale concreto»; i
Codices Regularum, invece, «sarebbero le singole copie manoscritte ad uso
d’un monastero e che trasmette qualcuno di quei Corpora più o meno alterato».
Nei manoscritti non troviamo, infatti, soltanto diverse regole riunite a
costituire un
codex regularum: le regole sono spesso associate ad altre opere per i monaci
(vite, trattati, lettere, sermoni), insieme alle quali formano un
corpus
monasticum.
Il
Codex Regularum viene pubblicato per la prima volta a Roma dall’erudito
tedesco Lukas Holstein (Lucas Holstenius) nel 1661 con il titolo
Codex regularum quas sancti patres monachis, et virginibus
sanctimonialibus seruandas praescripsere, collectus olim a S. Benedicto
Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae
praefectus in tres partes digestum, auctumque edidit Romae, excudit Vitalis
Mascardus, 1661, opera suddivisa
in tre volumi più un volume d’appendice (dal titolo
Codicis regularum appendix in qua sanctorum patrum exhortationes ad
monachos, et virgines de obseruantia vitae religiosae collectae olim a S.
Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et
bibliothecae praefectus, ex duobus manuscriptis floriacensibus Serenissimae
Reginae Christinae edidit Romae, excudit Vitalis Mascardus,
1661), formato tipografico in 4°.
Viene poi pubblicato nuovamente nel 1663 a Parigi con il
titolo
Codex regularum
quas Sancti Patres monachis, et virginibus sanctimonialibus seruandas
praescripsere, collectus olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius
Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus in tres partes digestum,
auctumque edidit, cum Appendice, in qua SS.
Patrum exhortationes ad monachos et virgines de
obseruantia vitae religiosae.
Prodit nunc primum in Galliis.
Parisiis, apud Ludouicum Billaine, in Palatio Regio, 1663;
come per la
prima edizione, anche in questo caso l’opera mantiene la suddivisione in tre
tomi più un volume d’appendice (dal titolo
Codicis regularum appendix in qua sanctorum patrum exhortationes ad
monachos, et virgines de obseruantia vitae religiosae
...), formato tipografico in 4°.
A distanza
di quasi un secolo, nel 1759, viene pubblicato per la terza volta ad Augsburg da
Marian Brockie; proprio in quest’ultima forma l’opera entrata nella
Patrologia Latina
del Migne.
Quest’opera
eccezionale condensa in se una grande parte della tradizione monastica
precedente; dom Amand Boon
42
osb ha avanzato l’ipotesi che Benedetto d’Aniane abbia effettuato un vero e
proprio lavoro critico da editore nel suo
Codex Regularum,
che sarebbe una sorta di edizione di regole diverse.
E proprio
su questa linea si è mosso lo stesso Holstein, l’editore moderno dell’opera:
Benedetto ha raccolto e classificato tutte le regole latine che è riuscito a
reperire; Holstein ha cercato nuovi documenti, ed ha adottato una nuova
classificazione. Benedetto ha normalizzato i testi, anteponendo ad essi dei
titoli; Holstein ha introdotto l’ortografia moderna, correggendo alcuni errori
grammaticali e semplificando i titoli.
Le più
antiche regole latine - a parte le traduzioni di Pacomio e di Basilio e la
regola di Agostino - sono con molta probabilità le cosiddette Regole dei Santi
Padri (metà V - inizi VI secolo). Degli inizi del VI secolo sono la
Regula
Orientalis e le
due Regole di Cesario di Arles, posteriori di alcuni decenni sono le due Regole
di Aureliano (redatte non oltre il 551), la
Regula
Tarnantensis (tra
il 551 e il 573) e la Regola di Ferreolo di Uzès (non oltre il 573). Si attesta
verso il 530 la Regola di Eugippo, più tarda è la
Regula
SS. Pauli et Stephani.
3.1. I
capitoli del ms. Clm 28118
Il volume,
al recto della prima carta di guardia, riporta una nota manoscritta di Ludwig
Traube sulla storia del manoscritto. Vi si legge che dal IX al XII secolo il
manoscritto fu di proprietà della biblioteca del monastero di S. Massimino di
Treviri; successivamente, a seguito della secolarizzazione del monastero, passò
a Joseph de Goerres fino al 1844; ancora, presso di lui e i suoi eredi fino al
1902. Fu lo stesso Traube, infine, in data 25/11/1902, ad acquistare il
manoscritto per l’allora
Bibliotheca Regia Monacensis,
oggi
Bayerische Staatsbibliothek
di Monaco.
Di seguito
riporto la struttura e la successione dei capitoli del
Codex
Regularum, così
come ci sono pervenute attraverso la versione contenuta nel manoscritto Clm
28118
43
di Monaco. Nella colonna di sinistra fornisco i titoli delle regole monastiche;
nella colonna di destra la corrispondente numerazione delle carte del
Codex
Regularum:
Regole monastiche |
Codex Regularum |
Regola di san Benedetto:
Prologo |
cc. 1 |
Regola di san Benedetto:
tavola dei capitoli
|
cc. 2
|
Regola di san Benedetto |
cc. 3
-18
|
Dedica; Benedetto di
Aniane:
De
diversarum poenitentiarum modo de regula Benedicti distincto |
cc. 18
|
Testo anonimo
postumo |
cc. 18 - 19 |
Regola dei Quattro
Padri: tavola dei capitoli e
Preafatio |
cc. 19 -21 |
Seconda Regola dei
Padri |
cc. 21
-22
|
Terza Regola dei
Padri |
cc. 22
-23
|
Regola di Macario |
cc. 23
-24
|
Vita
Pachomii Iunioris |
cc. 24
-28
|
Regola di Pacomio:
Praefatio |
cc. 28
-29
|
Regola di Pacomio:
Praecepta
1-142 |
cc. 29
-33
|
Regola di Pacomio:
Instituta |
cc. 33
-34
|
Regola di Pacomio:
Iudicia |
cc. 34
-35
|
Regola di Pacomio:
Leges |
cc. 35
-36
|
Pacomio:
Epistulae |
cc. 36
-41
|
Teodoro:
Epistola |
cc. 41 - 41
|
Orsiese:
Liber |
cc. 41
-51
|
Regola di Basilio |
cc. 51
-80 |
Regola Consensoria |
cc. 80
|
Praeceptum
di Agostino |
cc. 80
-83
|
Regola di Paolo e
Stefano |
cc. 83
-86
|
Regola di Colombano
per i monaci |
cc. 86
-89
|
Regola di Colombano
per i cenobiti |
cc. 89
-92
|
Regola di Isidoro di
Siviglia |
cc. 92
-100
|
Regola di Pacomio,
Praecepta
143-144 |
c. 100
|
II Concilio di
Siviglia, cap. 11 |
cc. 100
|
Regola di Fruttuoso |
cc. 100
-105
|
Regola di Ferreolo |
cc. 105
-113
|
Regola di Aureliano
per i monaci |
cc. 114
-118
|
Carta di fondazione
del monastero di S. Pietro di Arles |
cc. 118
|
Fruttuoso: Regola
Comune |
cc. 118
-126
|
Fruttuoso:
Pactum |
cc. 126
|
Regola di Cassiano |
cc. 126
-132
|
Regula monasterii Tarnatensis |
cc. 132
-136
|
Regula Orientalis |
cc. 136
-139
|
Regola Cuiusdam Patris |
cc. 139
-141
|
Regula Magistri |
cc. 141
-184 |
Cesario di Arles:
Regula ad virgines |
cc. 184
-192
|
Lettera di Papa
Ormisda a Cesario |
cc. 192
|
Ordo
funerario |
cc. 192
-193
|
Aureliano di Arles:
Regula ad virgines |
cc. 193
-196
|
Giovanni di Arles:
Epistula ad virgines |
cc. 196
|
Donato:
Regula ad virgines |
cc. 196
-207
|
Regola di Walberto |
cc. 207
-214 |
Colombano:
Regula ad virgines
(frammento) |
cc. 215
-216 |
|
Sulla base
delle regole contenute nel manoscritto è possibile individuare sei possibili
sezioni tematiche del
Codex Regularum:
I. la prima
sezione è dedicata alla
Regola di san Benedetto e si chiude con una dedica di Benedetto di
Aniane; la sezione accoglie in testa alla raccolta la
Regola
di san Benedetto;
II. la seconda sezione raccoglie quattro regole ritenute i “precursori”
del monachesimo in Occidente: la Regola dei Quattro Padri,
44
la Seconda Regola dei Padri,
45
la Terza Regola dei Padri
46
e la Regola di Macario;
47
III. la terza sezione comprende undici regole e viene posta in apertura la
Vita Pachomii Iunioris:
la
Praefatio, i
Praecepta 1-142,
gli
Instituta, i
Iudicia, le
Leges
e le
Epistulae dalla
Regola di Pacomio,
48
l’Epistola di Teodoro, il
Liber
Orsiesi, la Regola
di Basilio,
49
la Regola Consensoria
50
e il
Praeceptum di
Agostino;
51
IV. nella quarta sezione Benedetto di Aniane inserisce la parte restante
delle regole monastiche occidentali allora note dedicate al monachesimo
maschile: la Regola di Paolo e Etienne,
52
la Regola di Colombano per i monaci,
53 la Regola
di Colombano per i cenobiti,
54
la Regola di Isidoro,
55
i
Praecepta 143-144
dalla Regola di Pacomio,
56
la Regola di Fruttuoso,
57
la Regola di Ferreolo,
58
la Regola di Aureliano per i monaci,
59 la Regola
Comune,
60 il
Pactum e la Regola
di Cassiano;
61
V. la quinta sezione raccoglie quattro regole maschili anonime: la
Regula
Tarnatensis,
62
la Regola Orientale,
63
la Regola
Cuiusdam Patris
64
e la
Regula
Magistri;
65
VI. la sesta e ultima sezione raccoglie una serie di testi dedicati al
monachesimo femminile: la Regola di Cesario per le vergini,
66
la Regola di Aureliano per le vergini,
67 la Regola di Donato,
68
la Regola di Walberto
69
e la Regola di Colombano per le vergini.
70
4. La particolare metodologia del
Codex
Regularum, tra
fede e politica
Il
Codex
Regularum,
71
indipendentemente dal tipico soggetto monastico che lo caratterizza, già dal suo
titolo suggerisce alcune semplici riflessioni in merito alla sua particolare
valenza: esso consiste, per l’appunto, in un
codex, ovvero il più tipico esempio di “prodotto culturale” del
Medioevo. Il
codex, per
definizione, molto spesso racchiude in se testi di tipologia e/o di autori
differenti, configurandosi come una vera e propria “biblioteca portatile”
raccolta in un unico tomo. Questa sua particolare natura (che oggi potremmo
definire come “taglio editoriale”) si completa perfettamente con lo scopo
perseguito da Benedetto di Aniane: racchiudere in un unico volume la
traditio monastica
più significativa nota a quel tempo, per fare in modo che essa diventi strumento
educativo e d’approfondimento.
Come si
evince dal precedente elenco dei contenuti, la raccolta del
Codex
Regularum si apre
con l’indice dei capitoli e con la
Regola di san
Benedetto: la
Regula,
infatti,
rappresenta
il
termine di paragone. L’invito è chiaro: si leggano e si studino pure tutte le
regole ivi raccolte, ma non si dimentichi mai che in testa a tutte si trova la
Regula
di san Benedetto da Norcia. Tutto sembra essere apparentemente lasciato alla
libertà di chi legge: Benedetto di Aniane, infatti, in questa sua opera (a
differenza di quanto farà con la stesura della complessa
Concordia Regularum) non inserisce alcun commento personale e non
interferisce con l’integrità dei testi riportati, “limitandosi” a fornire le
fonti della tradizione.
Non si deve
correre il rischio, però, di perdere di vista il reale ruolo istituzionale che
Benedetto di Aniane e le sue opere occupano in seno al movimento riformatore
carolingio della Chiesa e del monachesimo; a tal proposito Albrecht Diem
riassume molto bene questo particolare contesto culturale, religioso e politico:
Today, we know that the Carolingian monastic reform project was
[...]
a conflicted and only partly successful process in wich a new politicai and
monastic ideal clashed with well-established traditions and identities. Placing
a discursive claim on the past and establishing powerful and generally
applicable cornerstones of collective identities probably played a central role
in this struggle. Therefore, a text (the RB), a person (Benedict of Nursia), and
a place (Montecassino) were combined into a powerful master-narrative, wich
served as a major tool for monastic reform.
72
(Oggi,
sappiamo che il progetto Carolingio di riforma monastica è stato [...]un
processo contrastante e soltanto parzialmente riuscito in cui un nuovo ideale
politico e monastico si sono scontrati con le affermate tradizioni ed identità.
Ponendo un richiamo discorsivo sul passato e stabilendo potenti e generalmente
applicabili pietre angolari delle identità collettive, questo progetto ha
probabilmente svolto un ruolo centrale in questa lotta. Di conseguenza, un testo
(la RB), una persona (Benedetto da Norcia) ed un posto (Montecassino) si sono
combinati in una potente metanarrazione, che ha servito come strumento
importante per la riforma monastica. Ndt.)
NOTE
1
Intervista
rilasciata da J. Neusner al quotidiano «L’Osservatore Romano» del 20 gennaio
2010.
Il testo
integrale dell’intervista è consultabile
on line
all’url https://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2010/015q05b1.html
(ultimo accesso: 08/02/2013).
2 G. VANNUCCI,
Le parole dei Padri del deserto, Firenze 1979, p. 7.
3
In questa sede
non si applica l’approccio della fenomenologia religiosa: si consideri, come
esempio, il
metodo di J. Ries (cfr., ad esempio, il
Trattato di antropologia
del sacro, 10 voll., Milano
2000 e ss.). La ricerca storico-religiosa, diversamente dalla fenomenologia
religiosa, parla piuttosto,
con Ugo Bianchi, di “universale storico”, ossia di analogie, caratterizzate da
differenze non meno significative delle somiglianze, sussistenti fra distinti,
ma comparabili, fenomeni storici [cfr., ad esempio, U. BIANCHI,
Saggi di metodologia della storia delle religioni, Roma 1979,
rist. 1991, p. 32: «questi “universali” che la comparazione dovrebbe porre in
rilievo, non dovranno essere, a nostro avviso,
delle generalizzazioni astratte,
o dei tipi ideali, ma piuttosto, se così possiamo esprimerci, degli “universali
storici”, o, se ci si passa l’espressione, degli “universali concreti”
(espressione che non usiamo
in senso hegeliano)»]. Sul metodo storico-religioso definito ed applicato da Ugo
Bianchi, cfr., dello
stesso autore,
La storia delle religioni, in G. CASTELLANI (a
cura di),
Storia delle religioni, I, Torino
19706,
pp. 1-171;
Problemi di storia delle religioni, Roma 19862, pp. 9-30;
Concluding Remarks: The History of Religions, Today, in U. BIANCHI
(ed.),
The Notion of “Religion” in Comparative Research, Selected Proceedings of the
XVI IAHR Congress, Roma 1994, pp. 919-921.
4
Con le
espressioni
fuga mundi o
fuga saeculi il cristiano intende rispondere alle indicazioni
essenziali del
messaggio evangelico: «Quid enim prodest homini, si mundum universum lucretur,
animae vero suae
detrimentum patiatur? Aut quam dabit homo commutationem pro anima sua?» (Mt
16, 26): cfr. D.
OGLIARI,
Tempus monasticum. Riflessioni sull’architettura del tempo nella Regola di san
Benedetto, in «Benedictina» 50, 1 (2003), pp. 137-138. Cfr.
altresì O. PIANIGIANI,
Vocabolario etimologico della lingua italiana, Genova 1988, s.
v.
Secolo; cfr. C. T. LEWIS
& C. SHORT,
A Latin Dictionary, Oxford 1966, pp. 1613-1614; cfr. A. BLAISE,
s.
v. Saeculum, in
Dictionnaire
Latin-Française des auteurs chrétiens, Turnhout 1954, pp. 732-733;
cfr. Z. ALSZEGHY,
s. v. Fuite du monde, in
Dictionnaire de
Spiritualité, 5 (1964), coll. 1593-1599; cfr. anche P. SINISCALCO,
s.
v.
Fuga del mondo, in
Dizionario Patristico e di
Antichità cristiane, Casale Monferrato 1983, vol. I, p. 1403. Per
il motivo della
fuga mundi in Agostino, cfr. L. M. J. VERHEIJEN,
“Mundus” et “Saeculum” dans les “Confessions” de Saint Augustin,
in «Studi e materiali di storia delle religioni» 38 (1967), pp. 665682.
5 Sul termine, cfr. R. GRÉGOIRE,
Manuale di agiologia. Introduzione alla letteratura
agiografica, Fabriano 1987, pp. 258-261. Cfr.
anche E. DEKKERS,
MONAKOS solitarie, unanime, recueilli, in A. A. R. Bastiaensen, A. Hilhorst, C. H. Kneepkens
(eds.),
Fructus centesimus.
Mélanges offerts à Gerard J. M. Bartelink à
l’occasion de son soixante-cinquieme anniversaire, Steenbrugis 1989, pp.
91-104.
6
Cfr. R. GRÉGOIRE,
Manuale di agiologia, cit., p. 261.
7
Cfr.
ibid.
8
Il termine
sarabaitae è in Cassiano, che lo attribuisce alla
Aegyptia lingua (Conl.
XVIII 7, 2).
Come in Girolamo e in Cassiano, i sarabaiti sono descritti come dei riottosi,
sempre vaganti, a gruppetti, e insofferenti di qualsivoglia legge. L’etimologia
di sarabaita è incerta: secondo alcuni deriverebbe dall’aramaico
sarab (= ribelle); per altri dal copto
sar (=
disperso) e
abet (= monastero), cioè
“dispero in celle separate”, quindi, lontano dal monastero.
9
Regula sancti Benedicti, I
(De generibus vel vita
monachorum), 6-9: «Tertium vero
monachorum taeterrimum genus est sarabaitarum, qui nulla regula adprobati
experientia magistra sicut
aurum fornacis, sed in plumbei natura molliti, adhuc operibus servantes saeculo
fidem, mentiri Deo
per tonsuram noscuntur. Qui bini aut terni aut certe singuli sine pastore, non
dominicis sed suis inclusi
ovilibus, pro lege eis est desideriorum voluntas, cum quicquid putaverint vel
elegerint, hoc dicunt
sanctum, et quod noluerint, hoc putant non licere» [S. PRICOCO (a
cura di),
La
Regola di san Benedetto e le Regole dei Padri, Milano 1995, p.
134. Le successive citazioni del testo della Regola
faranno riferimento a questa
edizione e saranno indicate con la sigla RB, seguita dal capitolo].
10
M. G. BIANCO,
s. v. Deserto,
in
Dizionario Patristico e di Antichità cristiane,
vol. I, cit., pp. 924-925.
11
Antonio, un
laico illetterato, parte dalla valle del Nilo e va a stabilirsi ai piedi del
Monte
Qolzum, ad una
quindicina di chilometri dal Mar Rosso. Le notizie le riferisce Atanasio,
patriarca di
Alessandria ed
eminente teologo, componendo e pubblicando la
Vita Antonii:
«Anche se questi uomini restano nascosti e vogliono restare sconosciuti, il
Signore li mostra a tutti come lampade» [L.
CREMASCHI (a
cura di),
Vita di Antonio, apoftegmi, lettere, Roma 1984, p. 93].
12
Pacomio, di
famiglia pagana dell’estremo sud dell’Egitto, si converte alla vista della
carità
dei cristiani
per le reclute imperiali. Sin dal battesimo (313) si sente attratto da una vita
monastica al
servizio dei fratelli e si mette alla scuola austera del solitario Palemone.
Possiede il dono di giudicare
gli uomini, di conquistarsene la fedeltà, di organizzare la loro collaborazione.
Riunisce in parecchi
monasteri, specialmente a Tabennisi, nella Tebaide e a Pbou, migliaia di monaci.
Di lui si ha notizia in
modo organico attraverso la
Vita prima
scritta in greco, cui ne fa seguito un’altra in copto e, infine,
attraverso la
Vita latina che da essa dipende. Quanto alle Regole pacomiane, è
difficile sapere se siano
state messe per iscritto prima della morte del fondatore. Girolamo, nella sua
traduzione, presenta le
Regole pacomiane in quattro raccolte non concordate. Esse esercitano grande
influenza in Occidente.
13 Cfr. M. GIORDA,
Monachesimo e istituzioni ecclesiastiche in Egitto. Alcuni
casi di interazione e integrazione,
Bologna 2010.
14
M. PACAUT,
Monaci e religiosi nel medioevo, tr. it., Bologna 2007, p. 18.
15
Cesarea, oggi
Kayseri, allora città greca, si trova in Turchia ad est di Ankara.
16 M. PACAUT,
Monaci e religiosi nel medioevo, cit., p. 21.
17
RB 73, 5.
Basilio elabora delle Regole in forma di domanda-risposta. San Benedetto conosce
l’Asceticon
nella traduzione latina di Rufino (345-410), cioè la
Regula Basilii che tramanda il testo in
una delle sue redazioni
(PL, t. 103, coll. 683D-700).
18
Il celebre
incipit del
Prologo della
Regola di san Benedetto (RB,
Prol. 1-2: «Obsculta, o fili,
praecepta magistri, et inclina aurem cordis tui, et admonitionem pii patris
libenter excipe et efficaciter
comple, ut ad eum per oboedientiae laborem redeas, a quo per inoboedientiae
desidiam recesseras») si
apre richiamando in maniera precisa e diretta il
Proemio
della
Admonitio ad filium spiritualem di Basilio, nella traduzione
latina di Rufino: «Audi, fili, admonitionem Patris tui, et inclina aurem tuam ad
verba mea, et
accommoda mihi libenter auditum tuum, et corde credulo cuncta quae dicuntur
ausculta» (PL,
t. 103, coll. 683D-685A).
19
«et si est tibi
etiam conscientia boni operis aliqua, cela illam, ut te silente multipliciter
restituatur a
Deo»:
PL, t. 103, col. 692D; «Quodcunque opus inchoaveris, primo invoca
Dominum, et
ne desinas
gratias agere cum perfeceris illud.»:
PL, t. 103,
col. 693A.
20
Fil 1, 6.
21 BASILIO,
Regula: PL, t. 103, col. 496D; trad. it. in G. TURBESSI,
Regole monastiche antiche, Roma 1978, p. 165; cfr. Mt 6, 24; 16,
24; Mc 8, 34; Lc 9, 23-26; 2 Tm 2, 12.
22
«Il Maestro e
Benedetto recuperano il motivo della “milizia di Cristo”, assai diffuso
nell’antica
letteratura monastica, ma quasi del tutto assente nelle prime regole [...].
Benedetto deve al
Maestro, nelle parti che riprende testualmente, alcune metafore della
militia Christi; altre, come
questa, gli appartengono»: cfr.
S. PRICOCO
(a cura di),
La Regola di san Benedetto, cit., p. 309. Il tema
della
militia Christi affonda le proprie radici nel terreno delle
Scritture, che presentano diversi riferimenti al
militare Deo:
cfr. Gb 7, 1; Rm 13, 12; 2 Cor 10, 3-5; Sal 17, 3; Ef 6, 11-17; 1 Tm 6, 12; 2 Tm
2, 3-5; 2 Tm 4,
7; Eb 10, 32; Eb 12, 1; 1 Cor 9, 25; 2 Cor 10, 4: cfr. J. LECLERCQ,
"Militare Deo” dans la tradition patristique et monastique, in "Militia Christi”
e Crociata nei secoli XI-XIII, Atti della undicesima Settimana internazionale di
studio (Mendola, 28 agosto - 1 settembre 1989), Milano
1992, pp.3-18.
23
RB,
Prol. 1. Il termine “cuore”, che compare nella
Regola 31
volte, è certamente una parola-chiave, la cui frequente ricorrenza avvalora il
senso spirituale della RB.
24 M. Dell’Omo,
Storia del monachesimo occidentale dal Medioevo all’età
contemporanea. Il
carisma di san Benedetto tra VI e XX secolo, Milano 2011, p. 4.
25
Bibliotheca Hagiografica
Latina Antiquae et Mediae Aetatis, s. v. Benedictus ab. Anianensis,
Bruxelles 1898-1899, t.
I, coll. 1095-1096; J. BESSE,
Dictionnaire de Théologie catholique, II, 1 (1932), coll.
708-709; PH. SCHMITZ, s.
v. Benoit d’Aniane,
in
Dictionnaire d’Histoire et de Géographie
ecclésiastiques,
Paris 1935, t. VIII, coll. 177-188; L. BERGERON,
v. Benoit d’Aniane (Saint,
abbé bénédictin), in
Dictionnaire de spiritualité, ascétique et mystique, doctrine et histoire, Paris 1937, t. I,
coll.
1438-1442; J. SEMMLER,
Lexikon fur Theologie und Kirche, II (1958), coll. 179-190; I. MANNOCCI, s.
v.
Benedetto d’Aniane santo, in
Bibliotheca Sanctorum, Roma 1962, coll. 1093-1096; R. GREGOIRE,
Il monachesimo carolingio dopo Benedetto di Aniane (f821), in «Studia Monastica» 24 (1982), pp. 349-388; G. PICASSO, s.
v. Benedetto d’Aniane, santo, in
Dizionario degli Istituti di Perfezione, I, Roma 1983, coll.
1357-1359; H. TRIBOUT DE
MOREMBERT,
s. v.
Aniane, ivi, coll.
653-654 R. GREGOIRE,
Benedetto di Aniane nella riforma monastica carolingia, in «Studi Medievali», n.s., 26,2 (1985), pp. 573-610;
Bibliotheca
Hagiografica Latina Antiquae et Mediae Aetatis, Novum Supplementum, s. v.
Benedictus ab. Anianensis, ed. E. Fros, Bruxelles 1986, p. 130;
G. ANDENNA
C. BONETTI
(a cura di),
Benedetto di Aniane, vita e riforma monastica, Cinisello Balsamo 1993; D. IOGNA-PRAT, s. v. Benedetto
di Aniane (santo), in
Dizionario
Enciclopedico del Medio Evo,
I, Roma-Parigi Cambridge 1998, p. 224; M. Dell’Omo,
Storia del monachesimo occidentale dal Medioevo all’età
contemporanea, cit, pp. 91-110. Le vicende biografiche di Benedetto di
Aniane ci sono note attraverso un testo agiografico redatto da Ardone Smaragdo.
Disponiamo di due differenti edizioni di questo testo: una in
PL, t. 103, coll. 353-384, sotto il titolo di
Vita S. Benedicti Anianensis;
l’altra, invece, con il titolo di
Vita Benedicti Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, a cura di G. Waitz, è inserita nei
MGH, Scriptores,
XV, 1, Hannoverae
1887, pp. 198-220. Per approfondimenti su Ardone Smaragdo cfr. G. MATHON, s.
v. Ardone,
in
Bibliotheca Sanctorum,
Roma 1962, vol. II, col. 386;
Grande dizionario illustrato dei Santi, s. v. Ardone, santo,
1990, p. 90;
Repertorium fontium historiae Medii Aevi, s. v. Ardo Smaragdus, t. II
Fontes A-B,
Roma 1967.
26 G. TABACCO,
I processi di formazione dell’Europa carolingia, in Nascita
dell’Europa ed
Europa carolingia: un’equazione da verificare.
Settimane di studio del Centro italiano di studi
sull’Alto Medioevo, XXVII,
Spoleto 1981, pp. 17-18.
27
Ivi, p. 19.
28 Cfr. le seguenti voci redatte da A.
DE
VOGÜÉ:
Regole cenobitiche d’Occidente (sec. V-VIII),
in
Dizionario degli Istituti di Perfezione, VII, Roma 1983, coll. 1420-34;
Regula Benedicti -1.
La Regola, ibid.,
coll. 1555-61.
29
Cfr. E. BIANCHI
(a cura di),
Regole monastiche d’occidente, trad. e note di C. Falchini, Torino
2001.
30
Cfr. G. PENCO,
Medioevo monastico, Roma 1988; Id.,
Storia del monachesimo in Italia. Dalle origini alla fine del
Medioevo, 2a ediz., Milano 1995 (in partic., cap. II, pp. 51-83); Id.,
Storia della Chiesa in Italia. Vol. I,
Dalle origini al Concilio di Trento, Milano 1978.
31
Cfr. S. PRICOCO,
(a cura di),
La Regola di san Benedetto, cit.
32 Cfr. A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes.
400-700, Turnhout 1985.
33
S. PRICOCO,
Il monachesimo, Roma-Bari 2003, p. 15.
34
I 36 capitoli
del sinodo dell’816 e i 43 di quello dell’anno successivo, oltre a imporre la
Regola a tutti i cenobi i cui abati sono presenti ai due sinodi,
fanno loro obbligo di spiegare parola per
parola il testo di san Benedetto, in modo che le singole comunità possano
attuarla pienamente. Per la
legislazione di Aquisgrana si vedano:
Synodi primae
Aquisgranensis acta praeliminaria (816);
Actum praelimnarium commentationes sive Statuta Murbacensia (816);
Synodi primae Aquisgranensis decreta autentica (816);
Synodi secundae Aquisgranensis decreta autentica (817), a cura di
J. SEMMLER,
in
Corpus consuetudinum monasticarum, I, Siegburg 1963, pp. 421-481.
35
Vita S. Benedicti Anianensis, in
PL,
t. 103, coll. 380A-B;
Vita Benedicti Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, in
MGH, Scriptores,
XV, 1, p. 217.
36
Vita S. Benedicti Anianensis, in
PL,
t. 103, col. 365B;
Vita Benedicti
Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, in
MGH, Scriptores,
XV, 1, p. 206.
37
Vita S. Benedicti Anianensis, in
PL,
t. 103, coll. 380B-C;
Vita Benedicti Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, in
MGH, Scriptores,
XV, 1, p. 217.
38
P. BONNERUE,
Benedicti Anianensis Concordia Regularum, in
CCCM, vol. 168, ed. Pierre
Bonnerue, Turnhout 1999, p. 54.
39 A. MUNDÒ,
I "Corpora ” e i "Codices Regularum ” nella tradizione
codicologica delle Regole monastiche, in
San Benedetto nel suo tempo, VII Congresso internazionale di
studi sull’Alto Medioevo,
Spoleto 1982, t. II, pp. 514-516.
40
M. Dell’Omo,
Storia del monachesimo occidentale dal Medioevo all’età
contemporanea,
cit, p. 4.
41 A. MUNDÒ,
I "Corpora” e i "Codices Regularum”, cit., p. 478.
42
A. Boon,
Pachomiana latina, Louvain 1926, pp. XXIX, XXXI.
43
II ms. Clm
28118, custodito presso la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, è databile al
primo quarto del
IX secolo. Esistono due copie del manoscritto risalenti al XV secolo: la prima,
Cologne, Historisches Archiv, ms. WF 231, è stata realizzata da un canonico di
nome Arnold Losen da Gaesdonck nel 1466/7. Ha anche apportato alcune modifiche
al manoscritto del IX secolo: cfr. P. BONNERUE,
Benedicti Anianensis Concordia Regularum, cit., p. 180. La seconda
copia manoscritta, Utrecht, Bibliotheek der Reijksuniversiteit, ms. 361,
databile al 1471.
44
Regula quatuor Patrum, A. de
VOGÜÉ (ed. e trad.), in
SC 297,
Les
Règles des saints Pères,
Paris 1982, pp. 57-205; ID.,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
59.
45
Ivi, p. 58. Cfr.
Regula Patrum secunda, A. de VOGÜÉ (ed. e trad.), in
SC
297, cit., pp. 209-283.
46 A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
58. Cfr.
Regula Patrum tertia, A. de
VOGÜÉ (ed. e trad.), in
SC 298,
Les
Règles des saints Pères, Paris 1982, pp. 499-543.
47
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
57.
Cfr.
Regula Macarii, A. de VOGÜÉ (ed. e trad.), in
SC
297, cit., pp. 287-389.
48 Ivi, p. 58.
Cfr.
Regula Pachomii brevis, J. P. Migne (ed.),
PL, t. 50, coll. 271-302; A. Boon
(ed.),
Pachomiana Latina, Louvain 1932; cfr.
Regula Pachomii,
A. Boon (ed.),
Pachomiana Latina, Louvain 1932 pp. 1-74; P. DESEILLE
(trad.),
L
’esprit du monachisme pachómien, Bégrolles-en-Mauge
1980, pp. 11-57.
49 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 54.
Regula
Basilii, K. Zelzer (ed.), in
CSEL 86.
50
Ivi, p. 56. Cfr.
Regula Consensoria, L. Verheijen (ed.),
La Règle de saint Augustin, t. 2, Paris
1967, pp. 7-9.
51 A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
53. Cfr. AUGUSTINUS HIPPONENSIS,
Praeceptum, L. Verheijen (ed.), in
La Règle de saint Augustin, 2 voll., Paris 1967.
52 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 58.
Cfr.
Regula Pauli et Stephani, J. E. Vilanova (ed.),
Regula Paulii et Stephanii.
Edició critica i comentari, Montserrat 1959; V. Desprez (trad.),
Règles monastiques d’Occident (IV6 -Vi siecle), Bégrolles-en-Mauge
1980, pp. 342-371.
53 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 55. Cfr.
Regulae Columbani, G. S. Walker (ed),
Sancti Columbani
, Dublin 1957; A. de VOGÜÉ (trad.),
Aux sources du monachisme colombanien: Saint Colomban, Règles et pénitentiels
monastiques,
Begrolles-en-Mauges 1989.
54
Ibid.
55
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
57.
Regula
Isidori,
J. P. Migne (ed.),
PL
t. 83, coll. 867-894;
PL, t. 103, coll. 553-572; J. Campos, I. Roca (ed. e trad.),
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso.
Reglas monàsticas de la Espana visigoda, Madrid 1971, pp. 79-125.
56 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 58.
Regula Pachomii, cit.
57 A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
57.
Regula
Fructuosi,
J. P. Migne
(ed.),
PL t. 87, coll. 1099-1110; J. Campos, I. Roca (ed. e trad.),
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso, cit., pp. 129-162.
58 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 56.
Regula
Ferrioli, V. Desprez (ed.),
La “Regula Ferrioli”.
Texte critique,
in «Revue Mabillon» 60 (1982), pp. 117-148;
Id.
(trad.),
Règles monastiques d’Occident (IV-VP siecle), cit., pp. 288-339.
59
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
53.
Regulae
Aureliani,
J. P. Migne
(ed.),
PL, t. 68, coll. 395-406; A. Schmidt (ed.),
Zur Komposition der
Monchsregel des Heiligen Aurelian von Arles, in «Studia Monastica»
18 (1975), pp. 237-256; V. Desprez (trad.),
Règles monastiques
d’Occident (IVe-Vle siecle),
cit., pp. 224-255.
60 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 55.
Regula Communis,
J. Campos, I. Roca (ed. e trad.),
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso, cit., pp. 165-211.
61 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 54.
Regula Cassiani,
H. Ledoyen (ed.),
La Regula Cassiani du Clm
28118 et la Règle anonyme de l’Escorial A.I.13. Presentation et édition, in «Revue Bénédictine»
94 (1984), pp. 154-194.
62 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 54.
Regula Tarnantensis,
F. Villegas (ed.),
La «Regula
monasterii Tarnantensis».
Texte, sources et datation, in «Revue Bénédictine»
84 (1974), pp. 7-65; pp. 57-205; V. Desprez (trad.),
Règles monastiques d’Occident (IV-VP siecle),
cit., pp. 258-286.
63
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes...cit, p.
57.
Regula Orientalis, A. de VOGÜÉ (ed. e
trad.), in
SC 298,
Les
Règles des saints Pères, Paris 1982, pp. 409-495.
64 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 56.
Regula Cuiusdam Patris, F. Villegas (ed.),
La «Regula cuiusdam Patris ad monachos». Ses sources littéraires et ses rapports
avec la «Regula monachorum» de
Colomban,
in «Revue d’Histoire Ecclésiastique» 49 (1973), pp. 3-35; 135144.
65 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 57.
66
Ivi, p. 54. Cfr.
Cesario di Arles,
Regula virginum, J. Correau, A. De VOGÜÉ (ed. e trad.), in
SC
345.
67 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques
anciennes,
cit, p. 54.
Regulae Aureliani, cit., pp. 237256.
68 A.
DE
VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p. 56.
Regula Donati,
A. de VOGÜÉ (ed.),
La Règle de Donat pour
l’abbesse Gauthstrude. Texte critique et synopse des sources, in «Benedictina» 25
(1978), pp. 219-313; L.
DE
SEILHAC, M. B. SAID,
M. M. BRAQUET,
V. DUPONT,
Règles
monastiques au féminin, Bégrolles-en-Mauge 1996, pp. 99-176.
69
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit, p.
59.
Regula
Waldeberti,
J. P. Migne
(ed.),
PL, t. 88, coll.
1053-1070;
L.
DE SEILHAC, M. B. SAID, M. M. BRAQUET,
V. DUPONT,
Règles monastiques au féminin, cit., pp. 45-95.
70
A.
DE VOGÜÉ,
Les Règles monastiques anciennes, cit., p.
55.
Regula Columbani ad virgines, O. Seebass
(ed.),
Fragment einer Nonnenregel des 7. Jahrhunderts,
in «Zeitschrift fur Kinchengeschichte» 16 (1896), pp. 465-470; L.
DE SEILHAC, M. B. SAID, M. M. BRAQUET,
V. DUPONT,
Règles monastiques au féminin, cit., pp. 275-282.
71
Oggi il
Codex Regularum è facilmente consultabile online: il ms. Clm
28118, infatti, è stato
recentemente digitalizzato dalla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. All’url
https://bsb-mdz12-spiegel.bsb.lrz.de/~db/0005/bsb00054966/images
(ultimo accesso: 08/02/2013) è possibile “sfogliare”
in modo completo la riproduzione
fotografica digitale (di elevata qualità), ma è anche possibile effettuare il
download gratuito dell’opera digitalizzata completa o anche solo di alcune sue
parti in
formato PDF per finalità di studio e di ricerca. Sulle tecnologie di
digitalizzazione utilizzate dalla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco si
consulti F. CUSIMANO,
Notitia di
Strategie di digitalizzazione dei fondi antichi della Staatsbibliothek.
Lezione di Klaus Kempf, on line in «Mediaeval Sophia» 6
(2009), pp. 250-251.
72 A. DIEM,
Inventing the holy rule: some observations on the history of monastic
normative observance in the Early
Medieval West, in H. Dey
& E. FENTRESS
(eds.),
Western monasticism ante litteram.
The spaces of monastic observance in Late Antiquity and the Early Middle Ages, Turnhout 2011, p.
76.
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21settembre 2016 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net