L'ATTUALITÀ DELLA REGOLA DI S. BENEDETTO


L’attualità della Regola di Benedetto

 Le Benedettine di S. Maria Assunta di Claro (CH)

estratto da "Ora et Labora" Periodico dell’Associazione Amici del Monastero di Claro - 2014


 

Benedetto, il primo in ordine di tempo (24 ottobre 1964) dei sei patroni d’Europa, ci presenta ancora quella Regola che in tutte le raffigurazioni artistiche risulta inseparabile da lui e quasi occupa – almeno in ordine di piani – il primo posto. In realtà S. Benedetto è vivo nella Chiesa, oltre che «con la sua vita, la sua dottrina, la sua intercessione» (S. Bernardo), proprio e soprattutto con la sua Regola.

La presenza di Benedetto si fa infatti concreta attraverso quelle pagine – così limitate nel numero, ma così vaste nei concetti che esprimono – che l’hanno resa capace di superare luoghi e tempi e di diffondersi dal Monastero isolato sulla cima di Montecassino, lontano dalle strade di comunicazione e da centri di interesse sociale, fino ai confini del mondo, oltrepassando anche l’epoca della sua formulazione per prolungarsi oltre quindici secoli ed arrivare in viva attualità fino ai giorni nostri.

Che la Regola di S. Benedetto non sia stata superata dai tempi, è opinione di tutti coloro che l’hanno studiata con intelligenza e l’hanno saputaStatua di San Benedetto - Coro delle monache intendere in profondità, ma non è forse superfluo cercare di comprendere perché questa Regola continui ad essere attuale anche ai giorni nostri, dopo tanti secoli e così profondi mutamenti della società.

Forse potremmo dire che il primo motivo della perenne attualità della Regola di Benedetto è la sua impostazione eminentemente cristocentrica: su ogni capitolo di essa sta veramente Cristo, colui che deve essere servito come unico Re, seguito come unica guida, considerato come unico punto di riferimento, colui che soprattutto deve essere amato al di sopra di ogni cosa («Non anteporre nulla all’amore di Cristo; nulla assolutamente antepongano a Cristo» RB 4,21 – 72,11), colui da cui Benedetto parte e a cui vuole arrivare e in cui trova la sua verità anche ogni parola e norma della Regola.

Ma questa centralità di Cristo non è certo requisito esclusivo della Regola di Benedetto. Ogni Regola che voglia guidare anime consacrate verso Dio ha infatti questo segno preciso che le dà valore e significato. E in tutte le Regole, dalle prime Regole monastiche anteriori di più di due secoli a Benedetto – ma di cui la prima può considerarsi la Vita Antonii di S. Atanasio, che racconta le vicende di questo grande anacoreta morto nel 356 e che è definita da S. Gregorio Nazianzeno come «una Regola monastica sotto forma di racconto» – fino alle ultime Regole che vengono scritte, sia pure con denominazioni diverse ai tempi nostri, Dio è veramente partenza, centro e fine. A questo livello dunque non possiamo certo dire che le altre Regole si differenzino dalla Regula Monasteriorum di Benedetto e che la centralità di Dio sia una caratteristica esclusiva di essa.

Ma in ogni Regola i “protagonisti” (ci si perdoni il termine certamente improprio!) sono due: Dio e l’uomo. Ed è a livello dell’uomo che ci sembra che la Regola di Benedetto abbia una sua specificità del tutto particolare e che proprio su questo piano appoggi la sua perenne attualità.

S. Benedetto, scrivendo nel VI secolo la sua Regola, non ha infatti avuto davanti l’uomo del suo tempo, strutturato e condizionato dalle situazioni storiche e sociali del momento, non ha pensato a uomini particolari, ma all’uomo in sé, con quelle caratteristiche, esigenze, miserie, attese che oltrepassano le circostanze e sono costanti anche se percepite e vissute in modi diversi.

Egli non ha neppure davanti a sé un uomo ideale, anche se le sue parole sono dirette a uomini che hanno percepito una chiamata particolare. Gli uomini di Benedetto sono uomini concreti – molto concreti! – e non sono già santi da altare, ma spesso sono poveri uomini con tendenze terrene ancora vive, con difetti che urgono ancora con violenza nel loro cuore, con debolezze che hanno bisogno di sostegno e di una mano forte che li guidi, Il genio di Benedetto – se così possiamo definirlo – è stato proprio questo: collocare l’uomo, così come è nella sua struttura più profonda e nella sua realtà esistenziale davanti a Dio, alla sua chiamata, alle sue esigenze.

E questo rapporto Dio-uomo è un rapporto che veramente non cambia nel tempo, ma resta sempre identico pur con il mutare delle situazioni esterne. Ci sono delle costanti nella vita dei Santi di ogni tempo che veramente impressionano, anche se il modo di viverle può essere segnato, e spesso fortemente, dalle caratteristiche dell’epoca in cui essi sono vissuti. Sono le costanti del Vangelo che non cambiano davvero mai e Benedetto mette il suo monaco proprio davanti a questa legge divina e immutabile. La prima Regola del figlio di Benedetto è infatti il Vangelo, visto come suprema autorità: «Guidati dal Vangelo incamminiamoci per le vie del Signore» egli dice infatti ai suoi monaci fin dal Prologo della Regola (RB Prol 21). E il Vangelo non ha tempo: esso è perenne perché Gesù non ha parlato solo agli uomini del tempo in cui Egli è vissuto sulla terra, ma si è rivolto ad ogni uomo, ad ognuno di noi e le sue parole non possono mai essere valutate secondo i criteri della “moda”, e non possono essere soggette a mutamento o ad eccessive e personali “interpretazioni”, perché sono perenni: parola di Dio che non muta, rivolta ad ogni uomo che esce dalle sue mani e dal suo cuore.

Analogamente – ma avendo certo ben presente la differenza che passa tra la Parola di Dio e la parola di un suo “servo” sia pure carismatico e santo – ci sembra si possa dire per le parole di Benedetto.

Si potrebbero addurre tanti motivi per spiegare l’attualità della Regola. Si potrebbe ad esempio approfondire il suo modo di concepire il rapporto con Dio, di rispettare la dignità di ogni uomo, di considerare il ruolo del lavoro, di vivere la carità nella vita comune, ma ci sembra che tutto questo si possa riassumere nella capacità che Benedetto ebbe di una visione realistica e concreta dell’uomo e della sua storia, la sua intuizione di quella discrezione, equilibrio, senso della misura e ordine della vita che solo possono valorizzarlo e renderlo completo («conserva l’ordine e l’ordine conserverà te» dice un antico aforisma) ma soprattutto nel suo modo – nello stesso tempo sublime e sobrio – di guidarlo e accompagnarlo nel suo cammino verso Dio.

«A Benedetto, ha scritto Giovanni Paolo II, non sta tanto a cuore parlare della verità di Cristo, quanto di vivere con piena verità il mistero di Cristo e il “cristocentrismo” che da esso proviene» (Lettera Sanctorum Altrix – 11 luglio 1980).

Con parole semplici ma serie, prive di inutili abbellimenti, di discorsi accattivanti, di semplificazioni vuote di significato e di proposte addolcite, ma che dettano principi equilibrati e sicuri – che però per essere validi devono essere accettati senza troppe glosse! – Benedetto con la sua Regola offre al suo monaco (al suo “uomo”!) quella scala che poggia saldamente in terra, ma arriva lassù dove è Dio: meta del vivere di ogni uomo, ma particolarmente principio e fine della vita di ogni monaco.

Ma può tutto questo avere un rapporto con quel patrocinio che Benedetto ha su questa nostra vecchia Europa che sembra voler trovare, nell’unità, una sua nuova giovinezza?

A questa domanda ci sembra di poter rispondere onestamente di sì, perché anche l’Europa è fatta di uomini che cercano e che hanno diritto di trovare un ordine che custodisca tutti, ma che soprattutto hanno bisogno di un afflato spirituale che faccia evitare il rischio di una società senza aspirazioni e del tutto orizzontale, o che promuova solo vane e ben poco utili trasformazioni esteriori, ma aspirano ad una società che possa giovare veramente e che esige perciò principi sicuri e stabili su cui possano poi appoggiare e fiorire tutti quei cambiamenti che il tempo porta sempre con sé.

È questo che Benedetto ha fatto per i suoi Monasteri, è questo che egli ha fatto e può fare anche oggi e in futuro per la nostra Europa che, quale Padre, «pascit vita, pascit doctrina, pascit intercessione» (S. Bernardo), è questo ciò che egli ha donato e dona agli uomini e alla Chiesa con la sua Regola, con il suo carisma e il suo messaggio perenne.


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11 novembre 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net