APPUNTI SULLA

REGOLA DI S. BENEDETTO

di

D. Lorenzo Sena, OSB Silv.

Fabriano, Monastero S. Silvestro, Ottobre 1980


2.2) COMMENTO AL TESTO

I COLLABORATORI DELL'ABATE (capitoli 21; 31; 65)

CAP. 21 - I decani del monastero

CAP. 31 - Quale debba essere il cellerario del monastero

CAP. 65 - Il Priore del monastero


RB. 21; 31; 65: I collaboratori dell'abate: introduzione

Dopo la sezione spirituale (RB.4-7) e il codice liturgico (RB.8-20), passiamo a considerare la terza parte della Regola (RB.21-72) come sezione disciplinare, anche se non possiamo pretendere una divisione e uno schema troppo precisi (cf. Introduzione generale: 3. Struttura e divisione).

Abbiamo gia` visto come nella mente di SB la costituzione organica del cenobio poggia sul carisma abbaziale: all'abate SB affida la direzione ultima di tutte le cose del monastero, principali e secondarie, materiali e spirituali (RB.2 e 64), anche se egli viene esortato a servirsi del consiglio dei fratelli (RB.3).

Ora, senza rinunciare alla responsabilita` ultima e principale di quanto accade nel monastero, proprio per la complessita` del suo ufficio, l'abate della RB deve necessariamente dividere i suoi pesi con vari collaboratori.

Trattiamo, qui di seguito, dei decani (RB.21), del cellerario (RB.31) e del preposito o priore (RB.65).


CAPITOLO 21

I decani del monastero

De decanis monasterii

Preliminari al capitolo 21

Decanus <decano> o decurio <decurione> era chiamato nell'esercito romano chi era a capo di una "decuria" o "contubernium", cioe` un gruppo di dieci soldati; cosi` era divisa la "centuria" (=100 soldati), con a capo un "centurione". Pero` i monaci antichi, per l'organizzazione in decanie non si rifanno all'esercito romano, ma sopratutto alla Scrittura (Esodo). La fonte a cui attinge SB e` la tradizione monastica egiziana ampiamente attestata da S.Girolamo (Epistola 22,35), S.Agostino (Costumi della Chiesa cattolica 1,67) e sopratutto da Cassiano (Inst.4,7.10.17): i cenobiti egiziani erano ordinati a gruppi di dieci sottoposti ciascuno a un decano; il complesso di dieci decurie stava alle dipendenze di un capo superiore ("centesimus"). Cassiano non usa mai la parola "decano", ma "praepositus" <preposito> (come fara` la RM) o "senior" <seniore>.

Secondo la RM (c.11) i prepositi (= i decani della RB) sono dei guardiani perpetui e minuziosi (difatti ne vengono prescritti due per ogni decania, mentre cio` non appare nella RB) il cui primo dovere consiste nello stare sempre con i fratelli e vegliare su ogni loro difetto e riprenderli immediatamente con avvertenze appropriate citando la Scrittura. Certo, al lettore moderno desta meraviglia il vedere applicato ad adulti un sistema di vigilanza che oggi non si concepisce nemmeno per i fanciulli! (DeVogue).

Nella RB l'incarico di un decano e` di piu` largo respiro, piu` pedagogico e piu` spirituale, come appare dalle qualita` richieste (vv.1-4).

1-4: Nomina, qualita` e ufficio dei decani

La necessita` di ricorrere a decani si avvera solo quando la comunita` e` alquanto numerosa (cioe` - considerando che SB parla sempre di decanie al plurale - non al di sotto di una ventina di membri). SB in questo capitolo ha certo presente, come Cassiano (Inst.4,7), l'episodio di Ietro che consiglia a Mose` di procurarsi degli uomini di buona fama e timorati di Dio che lo aiutassero nel giudicare il popolo (Esodo 18,21 e parallelo Deut.1,13), ma piu` ancora l'elezione dei primi diaconi (Atti 6,1-3).

Abbiamo nel testo tre volte la parola "elegantur" e una volta la parola "constituentur". Da chi erano scelti i decani? Certo non si puo` pensare ad una elezione da parte della comunita` con valore deliberativo anche contro il volere dell'abate; e` troppo chiaro da tutta la Regola che, per conservare la pace e l'unione, l'organizzazione dipende dall'abate. Dunque era certamente lui a costituire i decani; ma non puo` escludersi da testo e dal contesto che nella scelta entrassero anche altri membri della comunita`; o i monaci presentavano i candidati, oppure l'abate consultava alcuni fratelli "timorati di Dio" (RB.65,15).

Come si diceva sopra, l'incarico di decano in RB, a differenza di RM, e` piu` pedagogico e spirituale. Si esige anzitutto che siano "stimati", letteralmente "di buona riputazione" <boni testimonii fratres>, espressione tratta da Atti 6,3 a proposito dei diaconi; inoltre che siano di "santa vita monastica" <sanctae conversationis>. Piu` sotto, al v.4, abbiamo una coppia di qualita` richieste per chi deve essere ordinato abate (RB.64,2): vitae meritum et sapientiae doctrinam <santita` di vita e dottrina spirituale>. Il significato e` evidente: che l'abate "possa condividere con loro tutti i pesi suoi" (v,3), (l'espressione richiama Esodo 18,22), compresa la responsabilita` spirituale: insegnare le vie di Dio ai fratelli loro affidati.

5-7: Provvedimenti in caso di decani indegni .....

Abbiamo anche un'anticipazione del codice penale (che inizia al c.23), per il caso dei decani indegni che montassero in superbia; per i monaci l'ammonizione era duplice (RB.23,2), per i decani e` triplice.

7: ..... o di priore indegno.

Improvvisamente appare la menzione del "presposito", quello che oggi si chiama priore. SB, influenzato dalla mentalita` pacomiana, preferisce certo l'organizzazione del monastero in decanie (RB.65,12); e` probabile che quando scriveva il presente capitolo non pensava ancora all'istituzione del priore; costretto poi dall'esperienza e dall'uso, lo avra` permesso; e allora avra` aggiunto questa postilla (v.7) al c.21. Piu` tardi ancora, meglio ammaestrato dall'esperienza, sara` stato inditto a scrivere il c.65; si osservi infatti che li' prescrivera` quattro (e non tre) ammonizioni per il priore (RB.65,18).

Oggi .....

Oggi alcune mansioni degli antichi decani sono raccolte nel priore (o vice-priore); altre sono ripartite tra gli officiali del monastero, sopratutto economo, maestro dei novizi, ecc. Il senso della corresponsabilita` poi e` inculcato dalla mentalita` nuova della Chiesa e dall'importanza del capitolo di famiglia. (Talvolta i decani si usano soltanto per i gruppi di novizi o di giovani monaci nel periodo di formazione).

 

CAPITOLO 31

Quale debba essere il cellerario del monastero

De cellarario monasterii qualis sit

Preliminari

"Cellerarius" viene da "cella", termine che nella RB ha molti significati, secondo il contesto e il genitivo che lo accompagna; puo` essere: il "dormitorio" (RB.22,4), l'"infermeria" (RB.36,7), la "foresteria" (RB.53,21), il "noviziato" (RB.58,5), l'"abitazione del portinaio" (RB.66,2). Nella parola "cellerario" la radice "cella" allude al magazzini delle provviste, alla dispensa (chiamata "cellario" solo in RB.46,1).

Presso gli antichi, si chiamava "cellario" il servo di fiducia che custodiva i viveri e li distribuiva agli altri conservi (a cio` si allude in Mt.24,45 e Lc.12,42). Piu` tardi nelle famiglie principesche ci sara` il "maggiordomo".

In SB il "cellararius" (nei monasteri si dice oggi "cellerario", "camerlengo" o "economo") e` il monaco a cui e` affidata la cura dei beni materiali del monastero e che pensa a distribuirli ai fratelli e a quanti altri beneficiano del patrimonio del monastero: ospiti e poveri.

Al tempo di SB era senza dubbio un personaggio importante. Ricordiamo che la Regola vuole che l'abate non si preoccupi troppo dei beni materiali (RB.2,33-36), ma pensi sopratutto al suo ufficio spirituale. Percio` alle cose temporali ci deve pensare il cellerario. Ma lo deve fare in modo religioso e spirituale: il suo modo di agire in questo campo influisce molto sulla pace e sull'armonia della comunita` intera. Questo appare chiaro dal c.31, che e` uno dei piu` belli di tutta la Regola (completamente diverso dallo stile della RM); piu` che un elenco di obblighi derivanti dall'ufficio, vi troviamo delineata l'immagine ideale del monaco che ha questo incarico; e` un piccolo trattato di spiritualita` in cui l'interesse psicologico e morale domina e anima tutte le prescrizioni di carattere pratico.

1-2: Doti del cellerario

Abbiamo anzitutto un elenco di qualita` che il cellerario deve coltivare e di vizi che deve evitare. L'espressione non tardus, che alcuni traducono "non indolente, non pigro", forse si interpreta meglio - sopratutto per la vicinanza con "prodigo" - nel senso della lentezza di chi da` a stento, di malavoglia, quindi: non avaro, non gretto.

"Sia come un padre": il cellerario e` il braccio destro dell'abate per cio` che riguarda sopratutto gli interessi e i bisogni temporali. Percio` SB vuole uno che sappia avere cuore e volonta` di padre, come vuole per l'abate; difatti molte cose di questo "direttorio" del cellerario riecheggiano quello dell'abate descritto nel c.64; e vi arieggia in genere lo stile della Prima Lettera a Timoteo (specie c.3) e della Lettera a Tito.

"Si nomini". Da parte dell'abate; ma anche qui, come per i decani, non si puo` escludere un qualche intervento da parte della comunita` (o un consiglio o la presentazione di alcuni candidati).

3-16: Ufficio del cellerario: rapporti con abate, fratelli, cose

Il cellerario deve essere come un padre per tutta la comunita`, quindi deve preoccuparsi di tutto e di tutti (v.3), sopratutto avere una cura speciale per i piu` deboli: malati, fanciulli, ospiti, poveri (v.9). Una virtu` che gli viene molto raccomandata e` l'umilta` (vv.7.13.16), che dimostrera` nel non contristare i fratelli (v.6): la sentenza e` l'eco di una massima degli antichi Padri: "non contristare il tuo fratello, giacche` sei monaco" (Vitae Patrum, 3,170); nel non disprezzarli nel caso che debba negare loro qualcosa (v.7): l'espressione e` presa da S.Agostino: "A chi non puoi dare cio` che ti chiede, non mostrare disprezzo; se puoi dare, da`; se non puoi, dimostrati affabile (Esposizione sul salmo 103,1.19); non potendo concedere la cosa richiesta, risponda con una buona parola, secondo il libro del Siracide 18,17 (v.14); la razione di cibo che deve dare, la dia senza arroganza ne` indugio (v.16), cioe` senza farla piovere dall'alto, dandosi l'aria di padrone che, bonta` sua, "si degna" di dare agli altri.

SB giunge a ricordare al cellerario la minaccia di Gesu` contro chi provoca scandalo: non e` poca cosa far soffrire i fratelli per il cibo e metterli nella condizione di adirarsi o di lamentarsi. Come all'abate, poi, SB ricorda al cellerario il giudizio di Dio (v.9) e la ricompensa che lo aspetta, citando da 1Tim.3,13 (v.8).

Riguardo alle cose del monastero, le consideri come "vasi sacri dell'altare" (v.10): e` un'idea molto viva nella tradizione monastica (S.Basilio, Reg.103-104;

Cassiano, Inst.4,19-20; Regula IV Patrum 3.28-29): se il monastero e` la "casa di Dio" (RB.31,19; 53,22; 64,5), tutto cio` che contiene e` dedicato al servizio di Dio, e` sacro; alla luce di questo spirito di fede, il cellerario compie quasi un ministero sacro, in tal modo il suo ufficio acquista nobilta` inimmaginata.

17-19: Disposizioni in aiuto del cellerario

Se il cellerario ha tanti pesi, e` bene che gli si procuri un po` di respiro. Anzitutto, se la comunita` e` numeroso, abbia degli aiuti (v.17) e poi i fratelli devono ridurre al minimo i fastidi, non importunandolo a tutte le ore, ma in orari stabiliti (v.18), di modo che "nessuno - ne` i fratelli ne` il cellerario - si turbi o si rattristi nella casa di Dio" (v.19): "conclusione mirabile e giustamente celebre di un capitolo consacrato alla piu` materiale delle mansioni!" (DeVogue).

SB ha in odio la tristezza (si ricordi il detto al Goto, in II.Dial.6: "Ecco, lavora e non rattristarti!"): essa era annoverata dagli antichi monaci tra i vizi capitali. Si tratta, evidentemente, di quella tristezza che nasce dallo scontento, dall'insoddisfazione, dal rancore. Se il monastero e` l'Eden riconquistato, se e` la dimora di coloro che, chiamati da Dio, volontariamente hanno scelto Cristo come unico scopo dell'esistenza e vivono quindi nella vita nuova dello Spirito, non c'e` posto per l'acidita`, la scontentezza, l'insoddisfazione.

E' questo il senso della "PAX" benedettina (lo scriviamo sui nostri ingressi), termine molto denso che racchiude tanti significati: essa deve essere l'atmosfera abituale del monastero.


CAPITOLO 65

Il priore del monastero

De praeposito monasterii

Preliminari

Certo, trattare del priore (RB.65) subito dopo il capitolo sul cellerario (RB.31) significa notare un cambiamento brusco e totale di clima spirituale: cambia la prospettiva, lo stile, il tono. Possiamo dire che SB ha messo tutto il suo cuore a delineare con cura la figura del cellerario ideale, il piu` prezioso collaboratore dell'abate, che pensa alle necessita` materiali - ma come ufficio spirituale - dei monaci, degli ospiti, dei poveri.

Parlando del preposito, di questo altro stretto collaboratore dell'abate, SB diventa veemente e duro; non solo perche` deve denunciare gravi disordini a tale riguardo nel monachesimo del tempo, ma proprio perche` non sente - e` chiaro - nessuna simpatia per tale ufficio; nella RB il preposito e`, insomma, un collaboratore dell'abate poco desiderabile e nulla affatto desiderato.

La parola "praepositus" <=posto prima... degli altri) designava il capo - supremo o subalterno - il primo del gruppo. Nella tradizione monastica era talvolta chiamato cosi` l'abate stesso (S.Basilio, Cassiano Inst.6,27; Coll.20,1). Nel secolo VI era chiamato preposito il "secondo" (veniva usato anche il termine "secundus"), il luogotenente dell'abate, il cui ufficio, anche se con nomi diversi, era tradizionale nel cenobitismo (Pacomio, Basilio, Cesario, ecc.). In II.Dial.22 Gregorio narra, a proposito del nuovo costruendo monastero di Terracina, che SB nomino` "il padre" (l'abate) e "chi gli doveva fare da secondo".

L'organizzazione del cenobio prevista da SB e` quella di tipo pacomiano con i decani (come in RB.21): in seguito SB si sara` dovuto adattare alla tradizione forse piu` corrente nell'ambiente italiano; ma e` chiaro che lo fa di malavoglia, costretto dalle circostanze e scrive questa pagina che irrompe nella Regola violenta e inaspettata, subito dopo il c.64 sull'elezione dell'abate, cosi` carico di umanita` e di delicatezza. La comunita` e` gia` stata organizzata in decanie; il nome stesso di preposito appare solo di sfuggita in 21,7 - che e` chiaramente un'aggiunta - e in 62,7 (anche qui pare un'aggiunta). Invece ora dedica al preposito un capitolo intero abbastanza lungo.

1-10: Disordini nell'elezione del priore

La prima parte del capitolo presenta uno stile cosi` vivace e un tono di si` vigorosa indignazione da far pensare a un'esperienza che piu` di una volta avra` amareggiato l'animo di SB. Abbiamo un quadro molto fosco: gravi e frequenti scandali nei monasteri (v.1); prepositi gonfi di superbia, tirannici (v.2); invidie, liti, divisioni in partiti (vv.2.7.9)..... Da dove provengono queste disgrazie? SB ne segnala senza esitazione la fonte: l'assurdita` che commettevano certi vescovi o abati, ordinando il preposito nello stesso tempo in cui ordinavano l'abate. Si sente al v.4 che l'espressione e` forte e nervosa. Si noti al v.6 il brusco passaggio di discorso diretto (non sempre reso, purtroppo, nelle traduzioni) che da` vivacita` alla trattazione: e` l'orgoglio che suggerisce al priore questo pensiero: "anche tu sei stato stabilito in carica da quegli stessi che hanno stabilito l'abate!".

11-15: Disposizioni sulla nomina del priore

Per evitare percio` abusi e per l'unita` del monastero, SB da` all'abate il diritto di organizzare il cenobio come meglio crede. Si noti la frase, che e` caratteristica della Regola benedettina: "tutta l'organizzazione del monastero dipende dall'abate" (v.11). (Si pensi anche a tutte le restrizioni apportate oggi dalla Chiesa e dalla mentalita` nuova, con poteri al capitolo di famiglia, la corresponsabilita`, ecc...).

SB preferisce il sistema dei decani (vv.12-13); pero` deve ammettere anche la nomina del priore, ma lo fa con una serie di condizioni restrittive: "se le condizioni locali lo richiedono, se la comunita` ne fa umilmente richiesta e se l'abate lo giudica utile" (v.14) e sopratutto e` lui, l'abate, che, sia pur consigliandosi, sceglie liberamente il suo priore (v.15).

16-22: Ammonizioni al priore

Si enumerano quindi pochi doveri del nuovo funzionario. In realta` SB si limita ad inculcargli con energia la riverenza e l'assoluta obbedienza all'abate (v.16) e l'osservanza piu` esatta della Regola (v.17).

Passa invece a descrivere minuziosamente il processo di riprensione nel caso di un priore superbo, fino alla sospensione dall'ufficio, dopo quattro ammonizioni, e addirittura fino all'espulsione dal monastero (vv.18-21). Leggendo queste righe cosi` insolitamente severe, si ha l'impressione che SB prevede che tali casi possono succedere con frequenza. Al v.22 c'e` pero` una clausola per

l'abate: la lite e le passioni di parte potrebbero offuscare anche il giudizio dell'abate; SB che vuole cosi` alto e retto il padre del monastero, non ignora che anche lui e` un uomo; e gli ricorda - al solito - il rendiconto a Dio.

E cosi` il capitolo 65 non parla tanto del priore - come gli altri capitoli che trattano dell'abate e degli altri officiali del monastero - ma parla piuttosto contro il priore; cioe` SB denigra talmente questo ufficio, quasi per scoraggiare dal metterlo in atto, preferendo sempre l'organizzazione per decani.

Evoluzione storica

Storicamente il sistema priorale - malgrado questo capitolo di SB - fini` col prevalere su quello decanale! Nel medioevo fu detto "praepositus" anche il monaco che presiedeva all'amministrazione temporale; "prior" invece l'addetto alla disciplina conventuale. Oggi il "praepositus della RB si suole chiamarlo "priore", e piu` precisamente "priore claustrale" (dove c'e` l'abate), perche` a lui e` affidata la disciplina interna del monastero; e` chiamato cosi` per distinguerlo dal "priore conventuale" che e` capo di un monastero sui iuris senza avere la dignita` abbaziale.

Nella nostra Congregazione Silvestrina

Nella nostra Congregazione (come in altre, per esempio i Camaldolesi) 'Priore" e` il superiore, cioe` "prior" sostituisce il titolo di abate; per cui quanto detto in questo capitolo si deve intendere del vice-priore.

Conclusione sui collaboratori dell'abate

Secondo la RB i principali collaboratori dell'abate sono dunque i decani (c.21), il cellerario (c.31), il priore (c.65) con cui l'abate possa condividere i suoi pesi (ma naturalmente ci sono anche altri officiali nel monastero: maestro dei novizi, portinaio, foresterario, ecc...). La piu` grande importanza per la pace e la tranquillita` del cenobio SB la annette al cellerario, la cui figura morale tratteggia con singolare predilezione: un buon economo, fidato, prudente, caritatevole, umile, liberera` l'abate da una parte particolarmente dura delle sue responsabilita` (quella materiale ed economica), in modo che egli possa dedicarsi pienamente al servizio spirituale dei fratelli.


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net