APPUNTI SULLA

REGOLA DI S. BENEDETTO

di

D. Lorenzo Sena, OSB Silv.

Fabriano, Monastero S. Silvestro, Ottobre 1980


2.2) COMMENTO AL TESTO

CODICE PENITENZIALE (capitoli 23-30; 43-46): introduzione

CAP. 23 - La scomunica per le colpe

CAP. 24 - Quale debba essere il grado della scomunica

CAP. 25 - Le colpe piu` gravi

CAP. 26 - Quelli che senza autorizzazione trattano con gli scomunicati

CAP. 27 - Come l'abate debba essere premuroso verso gli scomunicati

CAP. 28 - Quelli che, puniti piu` volte non vogliono correggersi

CAP. 29 - Se i fratelli usciti dal monastero debbano essere riaccettati

CAP. 30 - Come debbano punirsi i fanciulli di minore eta`

CAP. 43 - Quelli che giungono tardi all'Ufficio divino o alla mensa

CAP. 44 - Come debbono fare la soddisfazione gli scomunicati

CAP. 45 - Quelli che sbagliano nell'oratorio

CAP. 46 - Quelli che sbagliano in una qualsiasi altra cosa

CONCLUSIONE SUL CODICE PENITENZIALE


Codice Penitenziale: introduzione

Preliminari su RB.23-30 e 43-46:
Il "codice penitenziale"

Con il nome di "codice penitenziale" o "codice penale" della RB si indicano i cc.23-30 che trattano della scomunica e delle questioni ad essa collegate. A questi si aggiungono in genere i cc.43-46 che trattano della soddisfazione (RB.44) delle pene per i ritardatari (RB.43), per gli sbagli nell'oratorio (RB.45) e per danni provocati ad oggetti vari (RB.46. Ma nella Regola sono frequenti, anche al di fuori di questi capitoli, le menzioni di pene per colpe o mancanze lievi o gravi: vedi ad esempio RB.2,26-29; 11,13; 21,5; 34,7; 42,9; 48,19-20; ecc. Secondo DeVogue` le varie penalita` sparse nella RB sono 27.

La disciplina regularis

I capitoli 23-30 e 43-46 probabilmente formavano in origine un fascicolo a parte per uso dei decani e costituivano la "disciplina regularis" <disciplina regolare>. Che cosa significa precisamente? Vuol dire: punizione secondo la Regola, secondo le norme stabilite dalla Regola, cioe` tutta la procedura ben organizzata nei cc.23-30 e 43-46, che comprende le varie tappe stabilite in RB.23:

- ammonizioni private

- ammonizione pubblica

- scomunica

- oppure battiture.

La frase "sia punito secondo la (oppure: sia sottoposto alla) disciplina regolare" torna altre volte nella Regola, al di fuori del codice penale (vedi ad esempio: RB.3,10; 32,5; ecc.). Nonostante l'apparente aridita` dell'argomento, l'esame di questa sezione e` interessante perche` ci rivela la mentalita` propria di SB e la sua concezione della vita di comunita` con i suoi regolamenti interni e i momenti difficili, di infrazioni, di punizioni, di soddisfazioni, ecc.

Differenze dalla RM

Il codice penitenziale e` una delle sezioni in cui maggiormente appare il lavoro di rielaborazione compiuto da SB rispetto alla RM. In RM il codice penale e` contenuto nei cc.12-15; 64; 73 e qualche altro elemento sparso qua e la`. La diversa posizione delle due Regole e` dovuta soprattutto al fatto che nella RB il codice penitenziale sta dopo il codice liturgico (cioe` RB.8-20), invece in RM sta prima di esso (che e` in RM.33-49). SB organizza e sistema il materiale della RM.

Fonti

Per le fonti, dobbiamo ricordare anzitutto la S.Scrittura. La RM usa largamente la Scrittura come le e` abituale; RB ha delle citazioni proprie, indipendentemente dalla RM, anche nei testi paralleli, soprattutto S.Paolo (1Cor., 2Cor., Gal.); RB e` piu` ricca di citazioni scritturistiche della RM, anche se questa ha due grandi discorsi di estrema ricchezza biblica al c.14. Altra fonte per ambedue le Regole e` Cassiano.

Spirito e caratteristiche della RB nel codice penitenziale

Lo spirito del codice penitenziale nelle due Regole e` molto diverso. RM e` preoccupata dell'ordine e della giustizia: a ciascuno il suo e ciascuno al suo posto; RB, al contrario, si interessa alla salute della persona. Tipica di SB e` difatti la distinzione tra colpe gravi e colpe leggere, tra scomunica maggiore (RB.25) e scomunica minore (RB.24); mettendo ordine alla materia disordinata della RM, SB e` molto legato alla proporzionalita` tra la punizione e la persona a cui e` diretta, cioe` tiene conto dei diversi tipi di persona (cf. anche le osservazioni che a questo proposito SB fa all'abate: RB.2,23-25). Il fine cui SB mira e` esplicitamente il ravvedimento del colpevole; difatti il primo gruppo di capitoli organizza il triplo salvataggio delle anime: scomunicato (RB.27); recidivi (RB.28); apostati (RB.29). Il secondo gruppo di capitoli (RB.43-46) si sviluppa intorno alla soddisfazione degli scomunicati. "Guarire", "educare" sono dunque le parole-chiavi della nuova legislazione penale; mentre la RM si preoccupa soprattutto di esercitare la giustizia e di ristabilire l'ordine, RB e` assillato dalla preoccupazione di correggere e di salvare le anime.

In RB appare chiaramente la cura che l'abate deve prendersi per gli scomunicati (soprattutto RB.27): prima e dopo l'espulsione egli si interessa della salvezza del peccatore. Si vede sempre il senso pedagogico che porta a considerare l'aspetto medicinale della pena. Bisogna pero' anche dire che il numero accresciuto delle pene (in proporzione alla RM) indica una tendenza a punire e a minacciare. Se SB crea una pastorale inedita per la salvezza dei cuori duri, egli ha anche sviluppato la penalizzazione e ha dato alla sua Regola un volto spesso severo. La cosa appare anche dal c.46, dove RB indurisce la pratica di RM, di Cassiano e di Agostino. Almeno questo e` il giudizio di un esperto, come DeVogue`: "l'inchiesta si chiude con questa immagine complessa. RB si stacca dalle sue fonti sia per una tenera e instancabile tenerezza verso i peccatori, sia per un certo rigorismo che tende a moltiplicare le esigenze e le punizioni".

Schema del codice penitenziale

I capitoli del codice penitenziale possono essere cosi` divisi:

RB.23-26: vari casi a proposito della scomunica;

RB.27 : esortazione all'abate sui doveri verso gli scomunicati;

RB.28-29: gli incorreggibili e coloro che escono dal monastero;

RB.30 : come debbono essere trattati i fanciulli;

RB.43 : pene per i ritardatari all'Ufficio e alla mensa;

RB.44 : la soddisfazione che debbono dare gli scomunicati;

RB.45 : pene per chi sbaglia nell'oratorio;

RB.46 : pene per altre mancanze.


CAPITOLO 23

La scomunica per le colpe

De excommunicatione culparum

Il presente capitolo serve da introduzione. Determina le colpe degne della scomunica e stabilisce la procedura di questa. In che cosa consiste la scomunica monastica lo spieghera` dopo.

Dobbiamo dire che raramente si comprende appieno il significato della scomunica, di cui non viene sufficientemente valutata l'importanza. Eppure e` difficile dire di conoscere bene la comunita`, se non si riconosce il suo contrario, cioe` la "s-comunica": la conoscenza umana procede spesso anche per contrasti (Wathen). Dobbiamo quindi dedurre che nell'antica Chiesa e nell'antico monachesimo si sentiva il valore della scomunica perche` si aveva un forte concetto di Chiesa e di comunita` monastica.

1-5: Colpe e castigo

SB enumera le colpe: si tratta - cio` e` chiaro - di mancanze gravi esterne. La procedura e` ispirata al Vangelo: Mt.18,15-17 (la correzione fraterna), procedura che nel monastero ha la seguente modalita`:

- due ammonizioni private da parte dei seniori (che sono i decani e in genere i superiori, includendovi certamente l'abate) (v.2);

- una terza ammonizione, pubblica, per correggere il colpevole con l'umiliazione davanti a tutti (v.3);

- in caso di pertinacia, si passa alla scomunica, che e` pena piu` morale che fisica; quindi si richiede un animo che comprenda il suo valore (v.4);

- se invece e` un animo cosi` rozzo, una "testa dura" che sarebbe insensibile alla scomunica, si usa la verga o altri castighi corporali.

Per SB le battiture sono per quelli che non comprendono la scomunica, quindi ha un criterio soggettivo, mentre in RM le battiture sono determinate da un criterio oggettivo: colpe enormi commesse. Cio` mette ancora una volta in risalto la cura del soggetto propria di SB.

Le pene corporali non erano novita` propria di SB: basta confrontare le Regole di Pacomio, Macario, le Vitae Patrum, Cassiano e in occidente la Regola di Cesario e la RM. In questo, come detto sopra, SB e` molto severo; ma non pare giustificata l'immagine trasmessa da qualche pittore di un SB con un fascio di verghe in mano, quasi stesse sempre a frustare. Potrebbe interpretarsi di un santo che mortifica se stesso con la "disciplina": concezione facile specialmente dopo S.Pier Damiano; oppure il fascetto di verghe potrebbe rappresentare uno strumento per la sveglia, un qualcosa di simile alla nostra "traccola" (cf. quanto detto alla fine del c.47). Del resto, la discrezione di SB anche in questo appare manifesta, se si pensa alle terribili disposizioni penitenziali di S.Colombano.


CAPITOLO 24

Quale debba essere il grado della scomunica

Qualis debet esse modus excommunicationis

Il titolo non abbraccia il contenuto del capitolo in cui, dopo un principio generale, si parla solo delle colpe meno gravi.

1-2: Criterio per la misura della pena

Si enuncia con chiarezza il principio generale: la scomunica (o la pena corporale) deve essere proporzionata alla colpa (v.1); il giudizio di cio` spetta all'abate (v.2). SB stabilisce due forme di scomunica:

- scomunica minore: esclusione solo dalla mensa comune (c.24);

- scomunica maggiore: esclusione dalla preghiera e dalla mensa comune (c.25).

Naturalmente, in tutti e due i casi, non si tratta di scomunica ecclesiastica, ma solo "regolare", cioe` nell'ambito della comunita`, pena inflitta dal superiore di una comunita` monastica.

3-7: Scomunica minore per le colpe meno gravi

La scomunica minore consiste principalmente nella privazione della mensa comunitaria. Molto piu` che dai pagani, il pasto comune era considerato come qualcosa di sacro dai cristiani, che vi scorgevano una relazione e una richiamo con il banchetto eucaristico e con quello escatologico. L'esclusione era sentita percio` vivamente come pena. Il fratello reo di colpe relativamente leggere, dopo - s'intende - la trafila delle ammonizioni, private e pubblica (cf.c.23), mangera`, si`, come gli altri fratelli, pero` piu` tardi, da solo, non con loro, in quanto si e` reso indegno della loro comunione.

Tale privazione della mensa comportava anche una limitazione in coro: cioe` il reo prendeva parte all'Ufficio divino, ma non poteva fare la parte di solista (recitare a solo o intonare salmi, antifone o lezioni), fino a quando non avesse fatto la dovuta soddisfazione e ottenuto il perdono (queste cose saranno descritte in RB.44,9-10).


CAPITOLO 25

Le colpe piu` gravi

De gravioribus culpis

1-6: La scomunica maggiore per le colpe piu` gravi

La posizione del monaco colpito dalla scomunica maggiore impressiona veramente: il colpevole di colpe gravi e` condannato al piu` completo isolamento, tanto piu` brutto in quanto si tratta soprattutto di isolamento morale: sta in comunita` ma nessuno gli parla (v.2); lavora da solo (v.3); nessuno lo benedice nell'incontrarlo ne` viene benedetto il suo cibo (v.6); deve "perseverare nel pianto della penitenza riflettendo sulle terribili parole di S.Paolo" (v.3) che applichera` a se stesso. Il versetto di 1Cor.5,5 si riferisce al famoso incestuoso di Corinto di cui S.Paolo dice: "Sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne", cioe` separato dal regno di Cristo che e` la Chiesa, sicche` ricada nel regno di Satana dove sara` esposto senza difesa spirituale al suo potere ostile, anche ai tormenti del corpo che Satana gli potrebbe procurare. SB dipende qui da Cassiano (Inst.2,16), ma intenzionalmente ha soppresso la parola "Satana", non solo per mitigare l'espressione, ma per dichiarare che il fratello viene abbandonato non a Satana ma alle sue pene afflittive del corpo e di tutte le passioni, purche` si salvi lo spirito. Comunque, anche ammettendo con alcuni codici la presenza della parola "Satana", non pare si possa interpretare questa scomunica nel senso di una censura ecclesiastica, cioe` esclusione dal corpo della Chiesa, ma solo "scomunica regolare", cioe` separazione della comunita` monastica.

Per chi comprende bene il profondo senso della vita in comune, tale pena era veramente terribile: il monaco nelle condizioni descritte in questo capitolo, per poco sensibile che fosse, era veramente distrutto. In confronto a tale isolamento, l'eventuale restrizione del cibo (v.5) appare ben poca cosa.

E' chiaro che il fine, come in S.Paolo, e` medicinale: la correzione e la salvezza del reo. Infatti poco dopo (c.27) SB ricordera` la sollecitudine particolare dell'abate verso questi fratelli colpevoli e dalla vita sappiamo che, appena si fosse riconosciuto umilmente l'errore, egli era pronto a perdonare (cf.II.Dial.12).


CAPITOLO 26

Quelli che senza autorizzazione trattano con gli scomunicati

De his qui sine iussione iungunt se excommunicatis

1-2: Senso del capitolo

Un brevissimo capitolo, secco e deciso (di nuovo appare il verbo "praesumere" <ardire, osare>, due soli versetti, una sola severa proposizione che giunge velocemente alla conclusione dopo l'enunciazione della colpa: se un fratello, senza ordine dell'abate (cf. il seguente c.27,2-3, in cui si dice che l'abate deve far arrivare, quasi senza darlo a vedere, dei fratelli prudenti che sostengano e consolino il fratello scomunicato), osasse unirsi con lo scomunicato, parlare con lui o mandargli messaggi, soggiaccia alla stessa pena della scomunica (vv.1-2).

Sembrerebbe a prima vista una sanzione esagerata e senza fondamento. Ma cosi` non e` se si tengono presenti alcune considerazioni: la vita di comunita` e la comunione fraterna, come e' stato rilevato al c.precedente, sono realta` molto importanti nella vita monastica; la pena della scomunica consiste proprio nel privare il monaco reo di questa realta` spirituale; colui che di iniziativa sua si unisce allo scomunicato, rende vana la pena medicinale applicata dall'autorita` pastorale dell'abate. Egli si contrappone all'abate con grave colpa di insubordinazione, ritenendo ingiusta la decisione di lui. E come succede spesso in questi casi, il monaco che cosi` agisce, non e` mosso dal desiderio di aiutare il reo, ma da una passione di connivenza, di scontentezza, di critica verso l'abate; il suo contatto col monaco reo, fatto magari di nascosto e con sotterfugio, si riduce spesso a colloqui di mormorazione, con ulteriore detrimento spirituale del reo e dell'intera comunita`. Alla luce di queste riflessioni, si comprende la drastica decisione del santo Legislator.


CAPITOLO 27

Come l'abate debba essere premuroso verso gli scomunicati

Qualiter debeat abbas sollicitus esse circa excommunicatis

Quanto sia dovuto pesare a SB sentirsi obbligato a elaborare un codice penale cosi` severo, appare chiaramente da questo c.27, uno dei piu` belli della Regola. Il testo, quasi senza parallelo nella RM, tutto pervaso di pieta` e misericordia, tratta degli scomunicati, ma e` interamente dedicato all'abate, e` un direttorio abbaziale per un caso concreto, a cui SB da` la massima importanza. Basta far caso al vocabolario: vediamo che abbondano i termini che rivelano una costante preoccupazione, un enorme interesse con la ricerca di tutti i rimedi fino a qualche stratagemma: ogni cura (v.1), "tutti i rimedi" (v.2), "estrema sollecitudine" (v.5), "con ogni mezzo e saggia accortezza" (v.5).

1-4: L'abate sollecito come un medico

All'inizio l'abate e` visto come un medico (la metafora risale a Origene, Ambrogio, Cassiano) che si occupa dei malati, secondo la frase di Gesu` in Mt.9,12. Ora, questo medico saggio, esperto, usera` ogni industria perche` la "medicina" della scomunica abbia il migliore effetto. E SB ne indica una che, mentre salva l'autorita` dell'abate, esercita anche lo spirito di carita` fraterna: mandera` dei monaci anziani ed assennato i quali "quasi di nascosto" (dagli altri confratelli) lo consolino nell'afflizione e lo spingano a riconciliarsi umilmente dando la dovuta soddisfazione.

Al v.2 c'e` l'espressione inmittere senpectas <far arrivare delle senpecte> che, secondo l'etimologia piu` accertata, deriva da "senape" e indicherebbe un impiastro di senape o "senapismo" che ha proprieta` medicinali, refrigeranti e calmanti. Appare cosi` piu` chiaramente il paragone con il medico: questo cataplasma che deve calmare il dolore sono i fratelli anziani inviati "quasi di nascosto" a consolare il reo, perche` "non sia sommerso da eccessiva tristezza". Bella questa preoccupazione presa da S.Paolo (2Cor.2,7) che donota la tenerezza che deve avere l'abate; e` bello anche il v.4 che allarga questa preoccupazione a tutta la comunita`: "si dia prova a suo riguardo di maggiore carita` (citata da 2Cor.2,8) e tutti preghino per lui."

5-9: L'abate sollecito come un pastore

SB ritorna alla raccomandazione dell'inizio quasi con le stesse parole e presenta ora l'abate come pastore: un pastore che non deve "perdere nessuna delle pecore a lui affidate" (v.5). E` notevole la forza con cui la RB sottolinea l'aspetto realistico, autenticamente umano della missione dell'abate. Non c'e` da farsi illusioni: nella comunita` ci sono a volte alcuni monaci santi, la maggior parte vive certamente una vita degna della propria vocazione; pero` l'abate sta li` soprattutto per essere attento a quelli moralmente infermi perche` ha preso "la cura delle anime deboli e non la tirannia su quelle sane" (v.6). Il monastero non e` una societa` chiusa di anime perfette, Dio ci guardi (soprattutto i superiori) dal pretendere una tal cosa! SB ricorda all'abate il rimprovero di Dio ai pastori d'Israele per mezzo di Ez.34,3-4, citato un po' a senso, quasi a dire: ti compiacevi (ti era facile e comodo) governare i sani, cioe` i piu` docili e virtuosi e trascuravi i deboli che cadono o stentano nella via di Dio. Decisamente la RB sta dalla parte dei piu` deboli, di quelli piu` bisognosi di comprensione, di aiuto.

Questo atteggiamento di SB contrasta con quello di RM nelle stesse circostanze: al monaco scomunicato che si mantiene nella sua ostinazione e ricusa la soddisfazione dovuta, la RM da` tre giorni di tempo; poi passa a una buona dose di frustate e all'espulsione dal monastero (RM.13,68-73). SB non ci dice come va a finire se lo scomunicato persevera sino in fondo nella sua ostinazione (in questo senso il c.27 potrebbe sembrare incompleto): SB ha fiducia che il peccatore sia vinto dalla grazia di Dio, dalla sollecitudine dell'abate e dalla carita` di tutti i fratelli. L'immagine del buon Pastore che riporta all'ovile la pecorella smarrita "sulle sue sacre spalle", con cui si chiude il capitolo, pare insinuare soltanto una conclusione felice di questo piccolo dramma.


CAPITOLO 28

Quelli che, puniti piu` volte, non vogliono correggersi

De his qui, saepius correcti, emendare noluerint

1-8: Provvedimenti per i recidivi

Il c.27 presentava il caso dei fratelli scomunicati; il c.28 presenta il "secondo atto" - diciamo cosi` - del dramma: i recidivi, mentre nel c.29 avremo il "terzo atto": gli apostati.

Ci possono essere dunque dei monaci recidivi: li si corregge, li si scomunica. Se non si ottiene nulla, si venga a severi colpi di verga: il castigo corporale difatti si riserva per i duri di testa o di cuore, a cui non giovano le pene spirituali (cf.RB.23,5; 30,2). E..., se nonostante questo, non si correggono, ma anzi volessero difendere la loro condotta?

Ritorna qui l'immagine dell'abate come medico, immagine che viene piu` sviluppata: ha applicato i lenitivi (unguenti) delle esortazioni, i farmaci della S.Scrittura, il ferro rovente della scomunica e delle frustate (v.3). Tutto e` stato vano. Allora viene suggerito "un rimedio ancora piu` efficace": chiedere un particolare aiuto della grazia di Dio mediante la preghiera dell'abate e di tutta la comunita` (vv.4-5).

Esauriti tutti i mezzi naturali e soprannaturali, il medico si trasforma in chirurgo: "l'abate ricorra ormai al ferro dell'amputazione" e, per giustificare questa estrema e sgradita decisione, ricorre a due testi di S.Paolo: il primo (1Cor.5,13) si riferisce all'incestuoso di Corinto ed e` ben applicato; il secondo (1Cor.7,15) non calza troppo bene, e` in un senso molto accomodatizio: la` S.Paolo parla del matrimonio tra un cristiano e un non cristiano e dice che, se il coniuge non credente (pagano) si vuole separare, si separi pure. SB gioca sulla parola "infidelis" che li` significa "non credente" e la applica nel senso di "non fedele" alla sua professione monastica.

Si noti la radice profonda di questa drastica decisione: "perche` una pecora infetta non contagi il gregge intero" (v.8). Il concetto e` comune nei Padri: cf.Cipriano: Epistola 59,15; S.Agostino: Epistola 211,11; Regula Orientalis 35; spesso in S.Girolamo: Epistola 2,1; 16,1; 130,19). SB non caccia dal monastero per castigare l'orgoglio e l'ostinazione; in tutto il codice penale la sua preoccupazione e` curare; le pene sono sempre medicinali. Qui pero` si sente frustrato e impotente in quanto la cura a oltranza dell'ostinato comporta dei rischi per la salvezza di tutti gli altri. Nel c.27 si trattava di salvare una pecora smarrita, nel c.28 si tratta di salvare l'intero gregge; l'obiettivo distingue i due capitoli, pero` lo spirito, l'ispirazione, le immagini, la costruzione letteraria e lo stesso vocabolario sono identici.


CAPITOLO 29

Se i fratelli usciti dal monastero debbano essere di nuovo accettati

Si debeant fratres, exeuntes de monasterio, iterum recipi

1-3: Riammissione degli apostati pentiti

Il dramma puo` prolungarsi in un "terzo atto": chi di propria iniziativa abbandona il monastero. La RB prevede ed ha fiducia che costui si converta e riprenda il retto sentiero; se sollecitasse la sua riammissione, gli si apriranno le porte del monastero, a due condizioni (sconosciute nel parallelo di RM.64): a) che prometta seriamente di correggersi di quei vizi per cui se ne ando` via; b) che sia messo all'ultimo posto nella comunita` per provare la sua umilta` e, in ultima analisi, la sincerita` della sua conversione. Lo stesso stabilisce la Regola di Pacomio. (Reg.136).

Se tornera` ad uscire, potra` essere riammesso fino a tre volte, secondo il procedimento evangelico delle tre ammonizioni (cf.Mt.18,15-17), ma poi basta: seguitare ad uscire ed entrare sarebbe poco serio e, in certo modo, burlarsi di Dio e dei confratelli. Colui che abusa di questa triplice possibilita` di riabilitarsi, sara` escluso definitivamente dalla societa` cenobitica. S.Basilio non permetteva piu` l'ingresso al disertore, nemmeno come ospite di passaggio (Reg.fus.14).

Possiamo notare che questa linea di condotta seguita per chi se ne usciva dal monastero, doveva valere probabilmente anche per gli espulsi del capitolo precedente.


CAPITOLO 30

Come debbano punirsi i fanciulli di tenera eta`

De pueris moniri aetate qualiter corripiantur

1-3: Correzione dei ragazzi o di adulti di scarsa intelligenza

Il titolo non abbraccia tutto il contenuto del capitolo perche`, oltre ai fanciulli di minore eta`, include anche gli adolescenti e gli adulti di scarsa intelligenza, insomma tutti coloro che "non comprendono il valore della scomunica "(v.2): in questi casi la scomunica sarebbe non solo inutile, ma dannosa; allora si usano digiuni o battiture "perche` si correggano" (v.3): si noti sempre il fine medicinale della pena.

Nella RM viene indicata l'eta` dei 15 anni quale limite per le battiture (RM.14,79-87); negli adulti le battiture sono previste solo per motivo oggettivo: colpe enormi commesse. Invece in RB le battiture inflitte agli adulti sono determinate da un motivo soggettivo: il colpevole non comprende la scomunica.

Il principio generale di sapiente governo e di sana pedagogia posto al v.1 giustifica il capitolo e le deduzioni pratiche e semplici che ne derivano. Notiamo che la pena delle battiture era, a quei tempi, un fatto comune tra i monaci e i chierici (come anche tra gli alunni in genere).


CAPITOLO 43

Quelli che giungono tradi all'Ufficio divino o alla mensa

De his qui ad Opus Dei vel ad mensam tarde occurrunt

Il significato della soddisfazione per le colpe commesse

Come gia` detto nell'introduzione al "codice penitenziale" (RB.23-30 e 43-46: vedi sopra, Preliminari al c.23), i cc.43-46 formano il trattato della soddisfazione. Cerchiamo di capirne lo spirito.

Come e` proprio dell'uomo sbagliare, cosi` e` proprio del monaco riconoscere umilmente i suoi errori e le sue deficienze davanti a Dio e davanti ai fratelli. Percio` il significato della soddisfazione e` quello di riparare pubblicamente le colpe, gravi o leggere, commesse pubblicamente a detrimento della pace, della concordia, dell'ordine della comunita`; chiedere perdono a Dio delle irriverenze commesse contro di lui o contro le cose a lui consacrate. Il c.43 parla della soddisfazione di chi arriva tardi alla preghiera comune o alla mensa. Ha il parallelo in RM.73.

1-3: Sollecitudine ad intervenire all'Ufficio divino

La puntualita` costituisce un elemento fondamentale per l'ordine. Essa va usata soprattutto per la preghiera. Qualunque sia l'occupazione del monaco, al segnale dell'Ufficio divino, bisogna lasciarla subito perche` la dignita` della preghiera comune e` superiore a tutte le altre cose. Per inculcare la piu` scrupolosa puntualita`, SB dice di "correre con somma sollecitudine" (v,1), ma sempre con la gravita` caratteristica del monaco, ricordata molte volte nella Regola (cf.RB.6,3; 7,60; 22,6; 42,11; 47,4).

Nulla percio` si anteponga all'Opera di Dio <Ergo nihil Operi Dei praeponatur> (v.3): la celebre massima benedettina si trova in questo capitolo. Per il monaco la preghiera liturgica comunitaria ha un primato indiscutibile e il monaco e`, e deve tendere ad essere, essezialmente uin uomo di preghiera (cf. tutta la sezione "L'Opera di Dio" con l'Excursus sulla preghiera monastica).

L'espressione "Nihil Operi Dei...", e soprattutto il concetto stesso, erano tradizionali nel monachesimo. Nella II.Reg.Patrum,31 si legge: "Niente si deve anteporre all'orazione"; l'orazione qui denota l'Ufficio divino. "Non anteporre nulla all'orazione in tutto il giorno" e` una massima dell'abate Porcario di Lerins.

4-9: I ritardatari all'Ufficio notturno

Nonostante tutte le avvertenze e la solidita` del principio generale, e` inevitabile per la natura umana che ci siano delle mancanze. SB si mostra comprensivo e indulgente e vuole anche all'Ufficio notturno il salmo 94 (l'Invitatorio) si reciti molto lentamente per dar modo ai sonnolenti di giungere prima del Gloria. Chi arriva piu` tardi si mettera` all'ultimo posto o in un luogo speciale a cio` destinato dall'abate e dia soddisfazione al termine dell'Ufficio (vv.5-6). SB si mostra qui innovatore: secondo l'uso di molti monasteri attestato da Cassiano (Inst.3,7), i ritardatari (dopo il secondo salmo) erano costretti a rimanere fuori e a unirsi solo da lontano alla preghiera e a prostrarsi ai piedi di tutti quando uscivano. SB li pone in un posto particolare perche` per la vergogna di vedersi cosi` notati siano portati a correggersi (v,7); altrimenti, se rimangono fuori, ci sara` chi se ne torna beatamente a letto, oppure si sdraia li` per terra godendosi, d'estate, il fresco della notte o chiacchierando con qualche altro del suo stampo (v.8).

Il S.Patriarca e` veramente un pittore arguto in questa scenetta: conosce l'uomo; la sua esperienza, la sua fine penetrazione psicologica gli hanno insegnato molte cose: "Che entrino, invece, perche` non perdano tutto" (v.9).

10-12: I ritardatari all'Ufficio diurno

Per gli Uffici diurni SB e` piu` severo, perche` i monaci sono allora meno scusabili, essendo gia` tutti in piedi; non solo si riduce il margine per il ritardo (il Gloria del primo salmo), mentre di notte c'era il salmo 3 di attesa e il salmo 94 cantato lentamente), ma si proibisce ai ritardatari di associarsi al coro dei fratelli salmodianti (v.11), a meno che l'abate, per ragioni particolari, non lo concede; rimane comunque l'obbligo della soddisfazione (v.12).

13-17: I ritardatari alla mensa

Anche la mensa comune e` uno degli atti piu` importanti per la societa` cenobitica. Chi arriva tardi, dopo la preghiera, o esce prima della preghiera di ringraziamento, mangera` da solo e senza vino; pero` tale punizione si applica soltanto dopo due ammonizioni (v.14).

18-19: Disciplina nel prendere il cibo

Approfittando dell'occasione, SB aggiunge una nota (per se` non c'entra con il tema del capitolo): che nessuno ardisca mangiare o bere fuori dagli orai regolari. Anche Cassiano parla di monaci che osservavano cosi` rigorosamente tale norma da non toccare neppure i frutti caduti a terra (Inst.4,18). S.Basilio dice: "Attento a non incorrere nel peccato di mangiare clandestinamente: (Reg.15). Fa eccezione il caso in cui il superiore offre qualcosa, per esempio per un lavoro straordinario o per altro motivo: sarebbe allora orgoglio e superbia non accettare e si sarebbe passibili di punizione.


CAPITOLO 44

Come debbono fare la soddisfazione gli scomunicati

De his qui excommunicantur quomodo satisfaciant

Il capitolo parla della soddisfazione e riconciliazione dei monaci scomunicati. Cassiano prevede un rito molto semplice: una semplice prostrazione alla fine dell'Ufficio e l'ordine dell'abate di alzarsi (Inst.4,16). RM.14 e` piu` complicata: prostrazione alla porta durante l'Ufficio, preghiera della comunita` all'abate, rimprovero al penitente e sua promessa di correggersi, preghiera della comunita`, versetto "Confitemini..." <Confessatevi...>, lunga preghiera, nuovo avvertimento, versetto "Erravi..." <Ho peccato...>. RB in parte ritorna alla semplicita` di Cassiano, in parte conserva il cerimoniale di RM.

1-8: Soddisfazione degli scomunicati: scomunica maggiore

I colpiti da scomunica maggiore (RB.25) devono seguire questa procedura in quattro fasi: anzitutto la prostrazione alla porta dell'oratorio "in silenzio, con la faccia rivolta a terra, ai piedi di tutti i fratelli man mano che escono"; e non una volta sola, ma fino a quando lo giudica l'abate (vv.1-3). Potremmo qui notare la falsariga della procedura della Chiesa per i penitenti pubblici i quali aspettavano davanti alla porta della basilica). Poi, chiamati dall'abate, si prostrano davanti a lui e a tutti per chiedere preghiere: e` un rito silenzioso, non si pronuncia nessuna orazione a voce alta (a differenza della lunga orazione di RM.14,25-73). Quindi, se l'abate lo concede, tornano al loro posto in coro. Pero` non potranno recitare salmo o lettura come solista in coro e alla fine di ogni ora canonica si prostrano a terra al loro posto.

Questa soddisfazione durera` fin quando l'abate lo giudichera` opportuno. Cosi` la procedura potra` essere piu` o meno lunga; e` da notarsi l'insistenza di S.Benedetto sul giudizio personale e la responsabilita` pastorale dell'abate, il quale deve essere spinto solo dal desiderio di provare la sincerita` e la perseveranza del monaco penitente e assicurare meglio la sua conversione. SB si ispira alla medesima carita` e al realismo dei cc.27-29; e` piu` pedagogico rispetto a RM, perche` conosce meglio la psicologia e ha esperienza diretta.

9-10: Soddisfazione degli scomunicati: scomunica minore

Gli scomunicati solo dalla mensa (scomunica minore: RB.24) fanno la soddisfazione nell'oratorio fino a quando l'abate con la sua benedizione dice che basta. Consisteva nella prostrazione alla fine dell'Ufficio e probabilmente nel non intonare salmi e antifone, come nella terza e quarta fase del rituale sopra descritto (vv.6-7).


CAPITOLO 45

Quelli che sbagliano nell'oratorio

De his qui falluntur in oratorio

1-3: Sbagli durante la preghiera comune

Non si tratta piu` di mancanze provocate da cattiva disposizione, ma da disattenzione o negligenza. Secondo Cassiano (Inst.4,16), costituivano una colpa lieve da ripararsi subito mediante pubblica penitenza. Anche SB esige una riparazione pubblica per quegli "sbagli commessi per negligenza" (v.2), ma non dice in che cosa essa consista; probabilmente in una prostrazione a terra. Ancor oggi nei monasteri si conserva l'uso di questo atto di umilta` per gli errori durante l'Ufficio: si porta la mano al petto o si genuflette al proprio posto... Sono, oltre che espressioni di umilta`, atti di riverenza verso la santita` di Dio (cf.RB.19 e 20). Chi non voleva sottoporsi a questa umiliazione e riparazione veniva punito piu` severamente, a giudizio dell'abate (forse con la soddisfazione degli scomunicati).

3: I fanciulli, per mancanze di questo genere, siano battuti

Bisogna intendere per gli sbagli in coro, oppure per non essersi umiliati dopo gli sbagli? Sembrerebbe piu` probabile la seconda ipotesi: anche i ragazzi hanno il loro amor proprio. Ma bisogna anche ammettere che SB possa aver inteso infliggere le battiture ai ragazzi per gli sbagli durante la recitazione. Si pensi che l'uso della verga era normale per gli alunni, e` rimasta celebre la verga con cui S.Gregorio correggeva gli irrequieti fanciulli che formava al canto sacro (cf. anche la famosa esperienza di S.Romualdo). E, del resto, fino a non molti anni fa`, sulla cattedra del maestro elementare faceva bella mostra la bacchetta e qualcuno degli ancora viventi potra` ricordare di aver imparato le declinazioni latine a forza di bacchettate!


CAPITOLO 46

Quelli che sbagliano in una qualsiasi altra cosa

De his qui in aliis quibuslibet rebus delinquunt

1-4: Colpe esterne in qualunque luogo del monastero

Quest'ultimo capitolo della sezione disciplinare considera tutte le altre colpe e negligenze che possano commettersi in qualunque parte del monastero. Il castigo per i falli esterni qui previsti - rompere qualche oggetto o perderlo - non costituisce nessuna novita` per la legislazione monastica: Pacomio (Reg.13-17,131) e Cassiano Inst.4,16) lo menzionano. Cio` che e` nuovo e` l'esigenza di spontaneita` e l'immediatezza della soddisfazione (non previste in Cassiano e in RM). SB prevede due gradi: il primo e` la soddisfazione immediata; il secondo, nel caso della non soddisfazione, e` la scomunica.

SB si ispira a S.Agostino (Epistola 211,11) che prevede, per il monaco che riceve regali di nascosto, tutti e due i casi: se lo confessa spontaneamente, verra` perdonato; se si viene a sapere da altri (per esempio da un decano o da qualche altro fratello, sara` punito piu` severamente. Tuttavia, mentre Agostino parla di una colpa abbastanza grave (doni ricevuti di nascosto da una donna), SB applica la norma a casi piu` banali ed estende il suo campo di applicazione. Ricordiamo che nella vita del S.Patriarca, abbiamo un esempio di ambedue i casi: la confessione spontanea del buon goto, che venne subito confortato da SN (II.Dial.6) e il monaco che aveva ricevuto dei fazzoletti e non disse nulla e ne ebbe una solenne lavata di capo (II.Dial.19).

5-6: Colpe interne o peccati occulti

Il monaco deve dunque confessare spontaneamente le proprie mancanze, anche le piu` materiali, e soddisfare per esse. Se invece si tratta di "peccati occulti" commessi nel segreto della propria coscienza, non devono essere pubblicati. Bisogna, si`, confessarli, ma solo all'abate o ai "padri spirituali".

Non e` facile stabilire precisamente cio` che si intende per "peccati occulti". Si puo` fare riferimento a RM.15 (pensieri cattivi) e a Cassiano (Coll.2,11.13: furto, pensieri impuri). In RM la confessione si fa all'abate, ed e` preparata dai preposti (decani); in RB si fa all'abate e ai "seniori spirituali": questi possono essere i decani, ma non solo loro. "Anziani spirituali" nella tradizione monastica (trasmessa soprattutto da Cassiano), sono quei monaci molto avanti nella vita spirituale, alla fine del cammino della scala dell'umilta`, quindi oggetto di una particolare ispirazione dello Spirito Santo. Non si tratta dei sacerdoti del monastero (RB.62), ne` si parla qui della confessione sacramentale, ma di vera direzione spirituale che, secondo La Regola, non e` solo monopolio dell'abate. La manifestazione dei pensieri cattivi e dei peccati occulti e` ricordata altre volte nella RB: in uno strumento delle buone opere (RB.4,50) e nel 5^ gradino dell'umilta` (RB.7,44-45).

Tutta questa finale del c.46 si ispira in qualche modo a RM.15 (e a S.Agostino, soprattutto per la spontaneita` dell'accusa), ma e` originale nella distinzione netta tra la confessione pubblica per le mancanze esterne e la confessione privata per i peccati interni. Quando SB dice: "sappia curare le piaghe proprie e altrui", include in tale scienza la nozione della Scrittura (come RM), ma soprattutto la capacita` di tacere sulla confessione ricevuta, e in piu` ricorda all'abate e al seniore spirituale la propria fragilita`: anche loro sono peccatori come gli altri.


CONCLUSIONE SUL CODICE PENITENZIALE

Concludendo, richiamiamo alcuni valori fondamentali del codice penitenziale benedettino:

*** Importanza della persona. Piu` volte nel codice penale - come anche nel capitolo sull'abate (cf.RB.2,23-25.27.28-31) - SB ritorna sul fatto che la punizione deve essere adeguata all'indole di ciascuno, proprio perche` non si tratta di vendetta, ma di un modo per aiutare e curare il fratello che sbaglia. Percio` SB, a malincuore e dopo numerosi tentativi, si decide ad espellere il monaco colpevole e solo per timore che altri si perdano a causa sua (RB.28,6-8); e in seguito, se quegli si pente, e` disposto a riprenderlo in comunita` anche piu` volte. (RB.29,1-3).

*** Dimensione comunitaria. Un fatto emerge dal codice penitenziale, al di la` delle forme e delle consuetudini dovute alla societa` del tempo: ogni trasgressione alla Regola, ogni mancanza grande o piccola commessa in monastero, e` un attentato alla vita della comunita` e come tale deve essere corretta e riparata; e` sulle condizioni e sui modi di appartenenza alla comunita` che scatta la scomunica, la cui pena e` proprio l'esclusione dalla vita di comunione nei suoi gesti principali: preghiera e mensa.

 

Che cosa rimane oggi?.

Che cosa possiamo e dobbiamo ritenere oggi di tutto il codice penitenziale della RB? Certo, la presenza stessa di un codice penale nella Regola puo` risultare sgradevole alla nostra mentalita` odierna; e di fatto l'accentuazione dell'aspetto giuridico e casuistico ha portato ad immagini di monastero troppo distanti dallo spirito del Vangelo e del monachesimo: monasteri quasi caserme o scuole nel senso peggiore (la storia ce ne fornisce degli esempi) e non comunita` di volontari, aggregazione libera per seguire Cristo.

Tuttavia ci sono alcuni valori nel codice penitenziale che non dovrebbero andare perduti. Poniamo delle riflessioni in forma di questioni:

1. La pratica della scomunica implicava delle regole molto strette e precise di appartenenza alla comunita`. Il fatto di aver abolito ogni penalita` non potrebbe indicare che questi criteri di appartenenza sono divenuti molto labili? che, cioe`, si tende a vivere in modo individualistico?

2. Con le punizioni e le penitenze, la Regola intende dare soprattutto un aiuto al monaco perche` egli possa prendere coscienza dei propri difetti e correggersi (aspetto medicinale della pena). Abbiamo trovato, oggi, altri modi concreti di aiuto? O ciascuno e` lasciato "libero" (cioe` solo) con i propri limiti e il desiderio di superarli?

3. Nella RB pena e penitenza hanno un carattere pubblico, come detto sopra. Abolite, per la mentalita` dei tempi, tutte le pratiche della Regola, non c'e` pericolo che vi sia una mancanza di sensibilita` riguardo al confronto e alla correzione fraterna? O, peggio, dato che ci si conosce molto bene, non ci riduciamo forse soltanto a fare mormorazione e critica "privata"? Dobbiamo - credo - educarci di piu` al senso della responsabilita` reciproca: la comunita` intera come organismo deve salvare i suoi membri deboli e infermi, non con un malinteso senso di pieta` o peggio con una colpevole solidarieta` con i vizi, ma con una carita` genuina che comprende la correzione fraterna - la "verita` nella carita`", cf.Efes.4,15) - con una preghiera insistente e con un supplemento di santita`. Dio ci ha riuniti insieme perche` lo cerchiamo nella preghiera, nel lavoro, nella vita comune. Ognuno deve sentirsi ormai inseparabile dai suoi confratelli e solidale con essi per sempre. Bisogna dunque che egli lavori, preghi, si sacrifichi non solo per raggiungere la propria santificazione personale, ma anche per aiutare quella degli altri.

Possiamo ritenere almeno queste riflessioni dall'esame dei dodici capitoli del codice penitenziale della RB.

 


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net