Il libro della Rivelazione (L’Apocalisse)
Estratto da “Introduzione al Nuovo Testamento”
Di Raymond E. Brown – Ed.
Queriniana 2008
Giungiamo ora al libro che
sta alla fine del NT canonico anche se non è l’ultimo ad essere stato
composto — la
2a Lettera di Pietro ha questa peculiarità.
Entrambi i titoli che compaiono nel titolo possono essere usati per il libro
(mi preme però notare che il libro non dovrebbe essere chiamato Rivelazioni) e tutti e due significano alla lettera ‘svelamento’. Tuttavia
‘Apocalisse’ (dal titolo greco del libro
Apokálypsis) ha il
vantaggio di cogliere il carattere esoterico del genere di quest’opera,
perché non si pensi ad essa come rivelazione nel senso religioso ordinario
di una comunicazione divina di informazioni. Quest’osservazione ci porta
alla principale difficoltà del libro.
Apocalisse
è ampiamente popolare per motivi errati, poiché un gran numero di persone la
legge come una guida su come il mondo finirà, supponendo che all’autore sia
stata data da Cristo una conoscenza dettagliata del futuro che egli comunicò
in simboli cifrati. Per es., alcuni predicatori hanno identificato la bestia
della terra, il cui numero è 666, con Hitler, Stalin, il papa e Saddam
Hussein ed hanno messo in relazione gli eventi di
Apocalisse alla
rivoluzione comunista, alla bomba atomica, alla creazione dello stato
d’Israele, alla guerra del Golfo, ecc. I sec.
XIX
e
XX
hanno visto molti interpreti
di profezie che hanno usato calcoli di
Apocalisse per predire la data esatta della fine del mondo.
Fino ad oggi, tutti si sono rivelati errati! Alcuni degli esponenti più
agguerriti di
Apocalisse hanno
esasperato a tal punto le autorità preposte al rispetto delle leggi da far
intervenire l’esercito (la setta dei davidiani a Waco in Texas). D’altra
parte, molti cristiani credenti non pensano che l’autore conoscesse il
futuro in alcun senso al di là di una convinzione assoluta che Dio
trionferebbe salvando coloro che sono rimasti fedeli e sconfiggendo le forze
del
male. Questa valutazione può essere difesa mediante uno
studio del
Genere letterario apocalittico,
con cui inizieremo. Dopo questo, verrà l'Analisi generale un po’ più lunga del solito, poiché
Apocalisse è difficile da capire: «questo libro, più di ogni
altro scritto del NT, richiede un commento» (Harrington,
Revelation,
XIIl).
Poi le sottosezioni saranno
dedicate a:
Struttura, Ruolo della liturgia, Millenarismo (20,4-5),
Paternità,
Data e ambientazione (persecuzione sotto Domiziano?), Problemi e spunti di
riflessione, e Bibliografia
Informazioni essenziali
DATA: probabilmente tra il 92 e il 96 d.C. alla fine del regno
dell’imperatore Domiziano.
DESTINATARI: le
chiese nel settore
occidentale dell’Asia Minore.
AUTENTICITÀ:
scritta da un profeta giudeo-cristiano di nome Giovanni che non era né
Giovanni figlio di Zebedeo, né lo scrittore del Vangelo giovanneo o delle
epistole.
UNITÀ: solo pochi studiosi sostengono che siano state messe
insieme due apocalissi (della stessa mano o scuola) - un tentativo di
spiegare le ripetizioni e, a quanto pare, le diverse prospettive temporali.
INTEGRITÀ: lo scrittore potrebbe aver incluso visioni e brani
che facevano già parte della tradizione apocalittica cristiana, in generale
però l’opera è interamente sua.
Divisione per contenuti:
A.
Prologo: 1,1-3
B.
Lettere alle sette Chiese: 1,4-3,22
formula di apertura con
annessa lode, promessa e risposta divina
(1,4-8)
visione inaugurale
(1,9-20)
sette lettere
(2,1-3,22)
C. Parte
I
dell’esperienza di rivelazione:
4,1—11,19
visioni della corte celeste:
colui che è sul trono e l’agnello (4,1-5,14)
sette sigilli (6,1—8,1)
sette trombe (8,2-11,19)
D.
Parte II della esperienza di rivelazione: 12,1-22,5
visioni del dragone, le bestie e l’agnello (12,1—14,20)
sette flagelli e sette coppe (15,1-16,21)
giudizio su Babilonia, la grande prostituta (17,1-19,10)
vittoria di Cristo e fine della storia (19,11—22,5)
E.
Epilogo (con benedizione conclusiva): 22,6-21
(Il testo sopra riportato
prosegue in più capitoli con una più che esaustiva presentazione del libro
dell’Apocalisse. Per questo motivo ho preferito riportare un’altra
introduzione, più breve, ma non per questo meno soddisfacente, che considero
più adatta al contesto di questo sito “Ora, lege et labora”. Ndr)
L’APOCALISSE
Introduzione a cura di M. E. Boismard O.P.
Estratto da “La Bibbia di Gerusalemme”
ed. EDB 2011
Apocalisse e
genere apocalittico.
La parola «apocalisse»
è la trascrizione di una parola greca che significa «rivelazione».
Ogni apocalisse suppone dunque una rivelazione di Dio agli uomini
di cose nascoste e conosciute solo da lui, specialmente di cose che
riguardano l’avvenire. Non è
facile definire
esattamente la frontiera che separa il genere apocalittico da quello
profetico, di cui esso in qualche modo non è che un prolungamento. Ma,
mentre gli antichi profeti ascoltavano le rivelazioni divine e le
trasmettevano oralmente, l’autore di un’apocalisse riceve le rivelazioni in
forma di visioni, che riferisce in un libro. D’altra parte, queste visioni
non hanno valore in sé, ma per il simbolismo di cui sono cariche. Tutto
infatti, o quasi, ha valore simbolico in un’apocalisse: le cifre, le cose,
le parti del corpo, gli stessi personaggi che entrano in scena. Quando
descrive una visione, il veggente traduce in simboli le idee che Dio gli
suggerisce. Procede per accumulazione di cose, di colori, di cifre
simboliche, senza curarsi dell’incoerenza degli effetti ottenuti. Per
capirlo, bisogna entrare nel suo gioco e ritradurre in idee i
simboli che propone. Altrimenti si falsa il senso
del suo messaggio.
Le apocalissi, ebbero un
grande successo in certi ambienti giudaici, compresi gli esseni di Qumran,
nei due secoli precedenti la venuta di Cristo. Preparato già dalle visioni
di profeti come Ezechiele o Zaccaria, il genere apocalittico si sviluppò
nell’opera di Daniele e in molte opere apocrife scritte intorno all’era
cristiana. Il NT ha conservato nel canone una sola
Apocalisse. L’autore ci dice egli stesso il suo nome: Giovanni. (1,9); al
momento in cui scrive, è nell’isola di Patmos, esiliato per la fede in
Cristo. Una tradizione, rappresentata già da Giustino e largamente diffusa
alla fine del II sec. (Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, il Canone
di Muratori), lo identifica con l’apostolo Giovanni, autore del quarto
vangelo. Ma fino al V sec. le Chiese di Siria, di Cappadocia e anche di
Palestina non sembrano aver inserito l’Apocalisse nel canone delle
Scritture, segno che non la ritenevano opera di un apostolo. Un certo Caio,
sacerdote romano dell’inizio del III sec., l’attribuiva addirittura
all’eretico Cerinto, ma senza dubbio per motivi polemici.
D’altra parte, se l’Apocalisse di Giovanni
presenta una parentela innegabile con gli altri scritti giovannei, se ne
distingue anche nettamente, e per la lingua
e per lo stile e per certe prospettive teologiche (specialmente sulla
parusia di Cristo), per cui riesce difficile
attribuirle immediatamente lo stesso autore. Malgrado tutto, però, resta di
ispirazione giovannea, scritta nei circoli più vicini all’apostolo e
penetrata del suo insegnamento. La sua canonicità non potrebbe suscitare
dubbi. Quanto alla data, si ammette abbastanza concordemente che sia stata
composta sotto il regno di Domiziano, verso il 95; altri, non senza qualche
verosimiglianza, pensano che almeno certe parti siano state redatte fin dal
tempo di Nerone, un po’ prima del 70.
Apocalisse e storia.
Si
scelga per il tempo di Domiziano o per quello di Nerone, è indispensabile,
per capire bene l’Apocalisse, ricollocarla nell’ambiente storico che le ha
dato vita: un periodo di turbamenti e di violente persecuzioni contro la
Chiesa nascente. Infatti, come le apocalissi che l’hanno preceduta
(specialmente quella di Daniele)
e a cui manifestamente si ispira, essa è prima di
tutto uno scritto di circostanza, destinato a rialzare e rafforzare il
morale dei cristiani, senz’altro scandalizzati che una persecuzione così
violenta avesse potuto scatenarsi contro la Chiesa di Colui che aveva
affermato: «Non temete, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Per realizzare
il suo disegno, Giovanni riprende i grandi temi
profetici tradizionali, specialmente quello del «grande giorno» del Signore
(cf. Am 5,18+): al popolo santo, sottomesso al giogo degli Assiri, dei
Caldei, poi dei Greci, disperso e quasi annientato dalla
persecuzione, i profeti annunciarono il giorno vicino della salvezza, quando
Dio avrebbe liberato il suo popolo dalla mano degli oppressori, ridandogli
non solo la libertà, ma anche potenza e dominio sui suoi nemici, puniti a
loro volta e quasi annientati. Quando Giovanni scrive, la Chiesa, il nuovo
popolo eletto, è appena stata decimata da una cruenta persecuzione (c 13;
6,10-11; 16,6; 17,6), scatenata da Roma e dall'impero romano (la bestia) ma
per istigazione di Satana (c 12; 13,2-4), l’avversario per eccellenza di
Cristo e del suo popolo. Una visione inaugurale descrive
la maestà di Dio che domina in cielo, padrone assoluto dei destini umani (c
4) e che consegna all’Agnello il libro con il decreto di sterminare i
persecutori (c 5). La visione prosegue con
l’annuncio di un’invasione di popoli barbari (i Parti) con il tradizionale
seguito di mali: guerra, carestia, peste (c 6). Ma i fedeli di Dio saranno
preservati (7,1-8; cf. 14,1-5), nell’attesa di godere in cielo del loro
trionfo (7,9-17; cf. 15,1-5). Tuttavia, poiché Dio vuole la salvezza dei
peccatori, non li distrugge subito, ma invia loro una serie di flagelli per
avvertirli, come aveva fatto contro il faraone e gli Egiziani (cc 8-9; cf. c
16). Fatica inutile. A causa del loro indurimento, Dio distruggerà i
persecutori empi (c 17), che cercavano di corrompere la terra inducendola ad
adorare Satana (allusione al culto degli imperatori della Roma pagana).
Seguono un lamento su Babilonia (Roma) distrutta (c. 18) e canti di trionfo
in cielo (19,1-10). Una nuova visione riprende il tema della distruzione
della bestia (la Roma persecutrice), operata questa volta da Cristo glorioso
(19,11-21). Si apre allora per la Chiesa un periodo
di prosperità (20,1-6) che terminerà con un nuovo assalto di Satana contro
di essa (20,7s), l’annientamento del nemico, la risurrezione dei morti e il
loro giudizio (20,11-15), infine l’instaurazione
definitiva del regno celeste, nella gioia perfetta, poiché la morte stessa è
stata annientata (21,1-8). Una visione retrospettiva descrive lo stato di
perfezione della nuova Gerusalemme durante il suo regno sulla terra (21,9s).
Il messaggio teologico.
Questa
è
l’interpretazione storica dell’Apocalisse, il suo senso primo e
fondamentale. Ma la portata del libro non si ferma qui. Esso mette in gioco
valori eterni sui quali può basarsi la fede dei credenti di
tutti i tempi. Già nell’AT la fiducia del popolo
santo era fondata sulla promessa di Dio di
rimanere «con il suo popolo» (cf. Es 25,8+), presenza che significa
protezione contro i nemici per operare la salvezza. Anche ora, e ben più
perfettamente, Dio è con il suo popolo nuovo, che egli ha unito a sé
nella persona del Figlio, l’Emmanuele
(Dio-con-noi). E la Chiesa vive di questa promessa di Cristo risorto: «Ecco
io sono con voi per sempre, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Se così è,
i fedeli non hanno nulla da temere. Anche se devono momentaneamente
soffrire per il nome di Cristo, saranno
alla fine vincitori di Satana e di tutte le sue
macchinazioni.
Il testo: origine e divisione».
Nel suo stato attuale, il testo dell’Apocalisse presenta un certo
numero di doppioni, di rotture nel susseguirsi delle visioni, di passi
apparentemente fuori contesto. I commentatori hanno cercato di spiegare
queste anomalie in molti, modi: compilazione di fonti, diverse, spostamento
accidentale di certi passi o cc, ecc. Fra le spiegazioni, possibili,
proponiamo l’ipotesi seguente.
La parte propriamente
profetica (Ap 4-22) sarebbe composta da due apocalissi distinte, scritte
dallo stesso autore
in date diverse, poi fuse in un solo testo da
un’altra mano. I due testi primitivi comporterebbero le seguenti sezioni:
|
Testo I |
Testo II |
Prologo:
il libro inghiottito |
|
10,1-2a.3-4.8-11 |
Satana
contro la Chiesa |
12,1-6.13-17 |
12,7-12 |
La bestia
contro la Chiesa |
|
c 13 |
Annuncio e prodromi
del grande giorno dell’ira |
4-9; 10,1-2b.5-7; 11,14-18 |
14-16 |
Il grande
giorno dell’ira: |
|
|
-
presentazione di Babilonia |
17,1-9.15-18 |
17,10.12-14 |
-
caduta di Babilonia |
18,1-3
|
(cf. 14,8) |
-
gli eletti preservati |
|
18,4-8 |
- lamento su Babilonia |
18,9-13.15-19.21.24 |
18,14.22-23 |
- canti di trionfo |
19,1-10 |
18,20 (cf. 16,5-7) |
Il regno
messianico |
20,1-6 |
|
Il
combattimento escatologico |
20,7-10 |
19,11-21 |
Il giudizio |
20,13-15 |
20,11-12 |
La Gerusalemme futura |
21,9-22,2; 22,6-15 |
21,1-4; 22,3-5; 21,5-8 |
Appendice: i due testimoni |
|
11,1-13.19 |
Le lettere alle sette Chiese
(1-3), anche se destinate a essere lette con gli altri due testi, devono
essere esistite prima come testo separato.
L’ipotesi proposta non è del
tutto evidente. Ha ispirato le grandi divisioni che abbiamo inserito nel
testo, ma non il dettaglio delle annotazioni. Così il lettore può fare una
lettura continua dell’Apocalisse senza preoccuparsi dei due testi primitivi,
lasciandosi conquistare dalla profusione, complicata ma potente, di immagini
con cui l’autore ha rivestito il suo messaggio di certezza e di
speranza. Il sacrificio dell’Agnello ha riportato
la vittoria finale. Per quanto grandi siano i mali di cui soffre la Chiesa
di Cristo, essa non può dubitare della fedeltà di Dio fino al momento in
cui il Signore verrà, «presto» (1,1;
22,20). L’Apocalisse è la grande epopea della speranza cristiana, il canto
di trionfo della Chiesa perseguitata.