Questi brani (il libro riporta numerosi esempi. Ndr.), estratti da
testi del XIV e XV secolo, concordano nell'identificare il
male di san Mauro
con la “gotta”, termine medico che nel Medio Evo aveva un'accezione
dai contorni molto imprecisi. Attestato fin dal X secolo sotto forma
dì "gote”, designava patologie diverse, causate da gocce dì umore
che si infiltravano nel corpo umano. Nel francese antico
il
termine aveva, tra gli altri, il valore di “raffreddore del
cervello” o “raffreddore di testa”. Nella maggior parte dei casi, la
parola "gotta” indicava un'affezione articolare, dovuta all'eccesso
dì cibo e di vino, come anche alla crapula.
Ora è possibile capire il
motivo per cui è stata attribuita a san Mauro la specializzazione di
guarire dalla gotta?
Si tratta certamente di
san Mauro, discepolo di san Benedetto e abate dì Glanfeuìl (lat.
Maurus, festeggiato il 15 gennaio), che, intorno al 528, sarebbe
stato inviato dal fondatore di Montecassino
in
Gallia, dove diede vita, tra gli altri, al monastero
di
Glanfeuìl,
sulla Loira. Morì nel 584. Il tipo di morte suscita un certo
interesse, dal momento che Eustache Deschamps assicura che la sua
fine fu
causata dalla gotta, evento che spiegherebbe
il
particolare potere terapeutico. Secondo una leggenda, un'epidemia di
peste aveva colpito la regione di Glanfeuìl, e aveva provocato la
morte di più di cento religiosi del monastero di san Mauro; lo
stesso abate fu colpito da
un
atroce dolore al fianco, a causa del quale, come gli era stato
precedentemente rivelato, sarebbe poi morto. Fu inumato nella chiesa
dì
san Martino.
Sulla base di questi elementi dobbiamo, dunque, concludere che la
fine di san Mauro è stata causata della peste o non piuttosto dal
"dolore al fianco”, che, seconde
l'affermazione
del Deschamps, allude alla gotta? Prima di rispondere alla domanda
andiamo ad esaminare le tradizioni popolari relative al culto del
santo.
Il corpo di san Mauro fu rinvenuto nell'845. Per proteggerle dalla
profanazione e dalla distruzione dei Normanni,
le
reliquie furono traslate, per ordine di Carlo il Calvo, nell’abbazia
des Fossés o di saint Pierre, nell'hinterland di Parigi. L’abbazia e
il luogo dove era costruita continuarono a essere chiamate con il
nome di Fossés o di saint Pierre; soltanto nel XIII secolo
cominciarono a comparire le denominazioni di
Monasterii sancti Mauri
o
Ecclesia sancti Mauri.
Sembra del tutto verosimile che la popolarità del santo inizi
esattamente in quell’epoca. Intanto in una carta del 1006 san Mauro
viene ricordato tra i patroni della chiesa. A causa della siccità,
che nel 1137 minacciava di distruggere il raccolto, Etienne, vescovo
di Parigi, fece portare in processione le reliquie del santo e dopo
questo rito la pioggia arrivò.
È
di tutta evidenza che la cerimonia era stata organizzata per
sviluppare, nella regione di Parigi, la devozione verso san Mauro.
Dopo il XIII secolo l’abbazia
des
Fossés si era trasformata nel centro di culto più importante ed era
conosciuta tra il
popolo soltanto con questo nome.
I
pellegrinaggi diventavano sempre più frequenti e numerosi, e i
miracoli si moltiplicavano. Nel XIV secolo la singolarità
terapeutica del santo sembrava definitivamente acquisita. Carlo IV,
imperatore di Germania e zio del re dì Francia Carlo V, in occasione
di una sua visita in Francia alla fine del 1377, fece un
pellegrinaggio a Saint-Maur-des-Fossés per ottenere la guarigione
dalla goda. Si sentì talmente sollevato dalla malattia «che potè
visitare da solo tutta
l’abbazia».
Di ritorno nel suo regno l’imperatore, avvertendo di nuovo i sintomi
del male, scrisse al nipote per chiedergli una reliquia dì san
Mauro; e in effetti l’imperatore ricevette un frammento della
costola del santo; il
fatto è attestato dalle
Lettere imperiali
del mese dì Agosto del 1378.
Una preghiera in latino, contenuta in un manoscritto della fine del
XV secolo e rivolta a san Mauro, recita: «Deus, qui aeternae gloriae
participem heatum Maurum abbatem fieri voluisti, concede nobis
propìtius, ipso interveniente, aditum regni coelestis ac in presente
vita de morbis Guttarum sanìtatem, cujus ad bene vivendum nos
informamur exemplis». [0 Dio, che hai voluto rendere partecipe
dell'eterna gloria il
beato abate Mauro, concedi a noi propìzio, per mezzo del suo
intervento, l’ingresso al regno celeste e nella vita presente la
salute dalle malattie delle
gotte; al
suo esempio noi ci uniformiamo per vivere bene].
Ma san Mauro non era ritenuto potente nel guarire soltanto dalla
gotta; era
invocato
anche contro
l'epilessia;
infatti «le reliquie di san Mauro guarivano dalla gotta con il
loro
contatto, dall'epilessia con il loro aspetto». Come si spiega questa
doppia specializzazione?
Per dare un risposta alla domanda, bisogna tornare indietro nel
tempo e soffermarsi su un’antica usanza locale di
Saint-Maurdes-Fossés. L’abate Lebeuf accenna ad una festa, chiamata
Concours, che si celebrava il 24 giugno e dì cui si ignora
l'origine,
È certo che questa solennità risale alla celebrazione pagana del
solstizio d'estate, di cui abbiamo parlato a proposito del male di
san Giovanni. Vista la grande popolarità della cerimonia, che si
svolgeva alle Fossés su un’altura,
i
monaci del monastero la sfruttarono per finalità religiose e la
trasformarono in una festa cristiana in onore di san Mauro. Renaud,
vescovo di Parigi durante
il
regno del re Roberto, autorizzò i canonici del monastero a far
partecipare ugualmente i
laici alla cerimonia ecclesiastica dei
24
giugno. 1 pellegrinaggi a saint-Maur vennero favoriti anche
dall'intervento della Santa Sede, che accordò un'indulgenza a tutti
quelli che, il 24 giugno, si recavano sia nella chiesa delle Fossés
che in quella di
Créteil. L’affluenza dei pellegrini a Saint-Maur diede luogo anche
ad una fiera, aperta già nel pomeriggio della vigilia dì san
Giovanni.
Abbiamo visto che gli dèi del sole, Apollo e Baleno, erano ritenuti
capaci di guarire dall'epilessia e questo dato porta
a
supporre che fin
dall’epoca gallo-romana, durante lo svolgimento delle feste
solstiziali, una folla di epilettici ed invasati si recassero sul
luogo de Les Fossés per implorare la guarigione dalla malattia.
Nel
XIII secolo, quando le reliquie di san Mauro, deposte dopo cinque
secoli nel monastero delle Fossès, divennero celebri per
il
loro potere taumaturgico, la tradizione etnica dell'antico culto
delle divinità del sole, conosciute per la loro capacità
terapeutica, assegnò a san Mauro
il
potere di Beleno, attribuendogli anche la facoltà di guarire gli
epilettici. Stando così le cose, noi siamo
in
presenza di un
procedimento analogo a quello del culto di san Giovanni Battista,
Ma la grande specializzazione di san Mauro era quella di guarire
dalla gotta, alla quale ha legato
il
suo nome. Come abbiamo già sottolineato, questa denominazione della
malattia un tempo non designava soltanto
il
reumatismo articolare, ma diverse altre affezioni. Du Cange riporta
il passo seguente, estratto da una lettera dì Robertus de
Tumbalenia, del XI
secolo: «Hugo vocatus frater quidam
[...]
subito illa molestia arripitur, quam Medici Epilepsiam vocabulo
Graeco dicunt, vel Sacrum morbum,
eo quod sacras hominis partes, ut est caput, et mentem occupet; nos
vero vulgatiter Guttam Caducam, ex eo quod cadere faciat, vocamus».
[Un fratello chiamato Ugo improvvisamente viene colpito da quella
malattia che i medici chiamano, con
un
vocabolo greco, epilessia, o morbo sacro, perché prende possesso
delle parti sacre dell'uomo, cioè la testa e la mente; noi in verità
la chiamiamo volgarmente “gotta caduca” per il fatto che fa cadere].
In un documento francese del XIV secolo scorgiamo l'uso
del
termine “gotta perfida” che, secondo Littré, designava l’epilessia:
«Quel Tommaso s'incamminò verso la fine della vita a causa di una
malattia, così come si racconta, della quale spesso aveva sofferto,
chiamata gotta perfida». Il mal caduco sembra essere descritte nel
passaggio di un documento del 1425: «Quel ragazzo era toccato da una
malattia [..,]
chiamata gotta, di cui soffriva periodicamente».
Queste citazioni occupano un posto di indubbia rilevanza
nell'attestare che
l'epilessia
era conosciuta anche nel Medio Evo sotto il nome dì “gotta”, “gotta
perfida” e dì “gotta caduca”. Sembra che il francese “gotta caduca”,
riferito dal
Dictionnaìre de Trévoux,
venisse usato come sinonimo del mal caduco, dell'epilessia. E allora
per quali strade il termine “gotta” ha assunto il significato di
epilessia? Il latino
gutta
aveva fin
dall'inizio l'accezione medica dì “congestione polmonare'’ e di
"catarro”, (nel
francese antico “gotta” configurava ugualmente
il
“raffreddore”). Secondo una teoria galenica modificata, l'epilessia
era imputabile ad una costipazione
del
cervello e
dei nervi, ma si credeva nello stesso tempo che
il
mal caduco venisse provocato da un cattivo vapore che faceva
costipare il
cervello, il che potrebbe spiegare l’evoluzione semantica.
Le tradizioni etniche delle Fossés portano a credere che
il
morbo comiziale costituiva la prima competenza terapeutica di san
Mauro, Poiché questa malattia
era
designata, tra gli altri, con
i
nomi di
“gotta”, “gotta perfida”, e “gotta caduca”, il santo, guaritore
della “gotta caduca”, con tutta facilità è stato invocato contro una
malattia indicata con il termine, usato nel suo significato più
ampio, di “gotta”. In ogni caso, era unicamente a quest’ultimo male
che san Mauro legò il suo nome, dal momento che
i
testi, da noi citati, non consentono di pensare all'epilessia. San
Giovanni Battista, il cui potere
di
guarire dal “grande male” ha avuto probabilmente la stessa genesi di
quella di
san Mauro, in quest’ambito aveva finito per sopraffare la maggior
parte degli altri santi. E possibile che
il
suo potere sull’epilessia, per
i
motivi che abbiamo esposto, fosse localizzato ne! perimetro delle
Fossés. Secondo una testimonianza, il patrono di un’altra chiesa di
Saint-Maur-des-Fossés, quella di Notre-Dame des Miracles, aveva la
fama di guarire “gli epilettici, gli ammalati di gotta e altre
malattie”, il che rende ancora più verosimile che si tratti in
realtà di una credenza popolare locale, perché sì riferisce a pili
di
un santo venerato nello stesso luogo.
Ma torniamo ancora per un attimo a quelle “Ballate” di Eustache
Deschamps, nelle quali figura san Mauro. Sembra che il poeta sì sia
soffermato anche sul potere del santo di infliggere la sua malattia,
come per esempio nella Ballata 784; «San Mauro, rendimelo gottoso».
Tn realtà certi tratti della leggenda indicano un san Mauro
rancoroso e vendicativo,
pronto
a punire quelli che
gli mancano di rispetto.
Heinrich Alt ritiene che l'invocazione contro il reumatismo del
cervello sia da ascrivere a quel passo della narrazione popolare
dove si racconta di un
san Mauro che cammina miracolosamente sull’acqua senza bagnarsi né
prendere reumatismi. Noi, invece, crediamo che ci sia motivo di
richiamane l’attenzione sulla plurima accezione
del
termine “gotta”, che, tra
gli altri significati, designa, come abbiamo rilevato, anche il
“catarro”.
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5 marzo 2017
a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net