SECONDA REGOLA DEI PADRI

estratto da "Regole monastiche d'Occidente" - a cura di Enzo Bianchi - Einaudi editore


 Prologo.

1. Mentre eravamo seduti insieme nel nome del Signore Gesú Cristo e secondo la tradizione dei santi padri, 2. ci sembrò bene scrivere e disporre una regola che, osservata nel monastero, servisse al progresso dei fratelli. 3. In tal modo noi non ci affaticheremo, il santo preposito che è stato istituito in questo luogo non proverà nessuna esitazione, 4. e tutti, unanimi - come sta scritto -, avendo i medesimi sentimenti e rendendosi onore l'un l'altro, osserveranno con perseverante fedeltà ciò che è stato stabilito dal Signore.

I. Amore fraterno, condivisione dei beni e obbedienza.

5. Prima di tutto, [i fratelli] abbiano carità, umiltà, pazienza, mitezza e tutte le altre qualità che il santo Apostolo insegna, 6. in modo che nessuno rivendichi qualcosa come suo, ma, come sta scritto negli Atti degli Apostoli, abbiano tutto in comune.

7. Quanto, poi, a colui che per volontà di Dio e per ordinazione episcopale è stato preposto [alla comunità], in ogni situazione si abbia nei suoi confronti timore, amore e gli si obbedisca in verità, 8. poiché se qualcuno intende disprezzarlo disprezza Dio, 9. come sta scritto: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». 10. Cosí, nessun fratello faccia, o riceva o dia qualcosa senza il suo consenso, né, assolutamente, vada da qualche parte senza una sua parola di comando.

II. Disciplina nel pensiero e nella parola.

11. Si faccia, poi, attenzione a che [i fratelli] non si rovinino gli uni gli altri con chiacchiere vane, ma ciascuno resti vigilante sia nel lavoro sia nello studio, mantenendo il pensiero rivolto al Signore. 12. Quando tutti si ritrovano, nessuno dei piú giovani dica qualcosa se non è interrogato. 13. Se, poi, qualcuno vuol ricevere 'consolazione o ascoltare una parola in privato, scelga un momento opportuno.

III. L'accoglienza degli ospiti.

14. Quando giunge un ospite di passaggio, nessuno farà niente di piú che accoglierlo con umiltà e offrirgli la pace. 15. Per il resto, non si preoccupi di sapere da dove viene, per quale motivo è venuto e quando se ne andrà, 16. né si metta a chiacchierare con lui.

IV. Rispetto dell 'ordine comunitario.

17. Anche questo bisogna osservare: che alla presenza di un anziano o di chiunque abbia la precedenza nell'ordine della salmodia, a colui che viene dopo non sia consentito parlare o fare una qualsiasi cosa di propria iniziativa. 18. Ciò è riservato, come si è detto, a chi precede nell’ordine. 19. E questo fino ai minimi particolari: prima di tutto nella preghiera, poi nel lavoro e quando si tratta di offrire una risposta. 20. Se però [colui che precede] e semplice e inesperto nel parlare e cede il posto, solo allora colui che viene dopo parli. 21. Tutto, comunque, avvenga nella carità, senza contese e senza alcuna presunzione.

V. Lo studio e il lavoro.

22. Quanto, poi, alla disposizione delle orazioni e dei salmi, e al tempo dello studio e del lavoro, sarà mantenuta la disposizione che è stabilita ormai da lungo tempo. 2 3. Per ciò che concerne, dunque, lo studio dei fratelli, essi leggano fino al1ora terza, 24. a condizione tuttavia che non vi sia qualche motivo per cui sia necessario che, tralasciato lo studio, si faccia qualcosa in comune.

25. Dopo l'ora terza ciascuno sia pronto per il proprio lavoro fino all'ora nona, 26. e compiano senza mormorazione e senza esitazione tutto ciò che sarà loro comandato, come insegna il santo Apostolo.

27. Se poi qualcuno mormora o si mostra litigioso, o in qualcosa oppone una volontà contraria a ciò che è stato comandato, 28. dopo che sarà stato adeguatamente corretto secondo la decisione del preposito sia tenuto in disparte tanto a lungo quanto lo richiederà la natura della colpa commessa e finché egli, pentendosi, non si sarà umiliato e corretto. 29. E colui che viene corretto non pretenda di isolarsi da qualche parte. 3o. Se poi un fratello, sia di quelli che vivono nel monastero sia di quelli che abitano nelle celle, sarà consenziente con il suo errore, sia ritenuto, in maniera assoluta, degno di scomunica.

VI. Sollecitudine per l'ufficio divino.

31. Se poi allora della preghiera, dopo che sarà stato dato il segnale, vi sarà qualcuno che non tralascerà immediatamente il lavoro che sta facendo, qualunque esso sia - giacché nulla bisogna anteporre alla preghiera -, e non sarà pronto, sia lasciato fuori, perché ne provi confusione.

32. Ogni fratello, poi, si impegnerà durante la celebrazione degli uffici, sia di giorno che di notte, quando bisogna stare in piedi abbastanza a lungo nella preghiera, a non cedere alla stanchezza e a non trovare scuse per uscire, 33. poiché nell'evangelo sta scritto: «Bisogna pregare sempre, senza stancarsi», 34. e in un altro passo: «Nulla ti impedisca di pregare sempre». 35. Se poi qualcuno pretenderà di uscire non per necessità ma per vizio, sappia che se sarà sorpreso verrà ritenuto colpevole, 36. poiché con la sua negligenza induce al vizio anche gli altri.

37. Quanto poi alle vigilie, bisogna fare attenzione che, quando tutti si radunano, se qualcuno appesantito dal sonno esce non si perda in fantasticherie, 38. ma rientri subito per l'opera in vista della quale ci si è radunati. 39. Quando inoltre, radunata la comunità, si legge, tutti abbiano l’orecchio sempre rivolto alle

Scritture, e mantengano il silenzio.

VII. I fratelli che vengono corretti. Il silenzio a tavola.

4o. Si è dovuto, poi, aggiungere questo: che il fratello che per una qualsiasi colpa viene ripreso o rimproverato sia paziente e non risponda a colui che lo rimprovera, ma si umilii in tutto, 41. secondo il comando del Signoreiche dice: «Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili», 42. e: «Chi si umilia sarà esaltato».

43. A colui, poi, che pur ripreso piú volte non si corregge, si comandi di stare all'ultimo posto. 44. Colui che neanche cosí si correggerà, lo si consideri come un estraneo, 45. come ha detto il Signore: «Sia per te come un pagano e un pubblicano».

46. A tavola, poi, in modo particolare, nessuno parli se non colui che presiede o colui che è interrogato.

Terminano gli Statuti dei padri.



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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net