Martino di Braga

Estratto e tradotto da "The Fathers of the Church – Iberian Fathers Vol. I" di W. Barlow

The Catholic University of America Press, 1969 [1]

Verso l'anno 550, una nave proveniente dalla Terra Santa arrivò in un porto della penisola Iberica sulla costa occidentale di quello che ora è il Portogallo, portando tra i suoi passeggeri un giovane missionario di nome Martino che era destinato a svolgere un ruolo importante nella storia della Chiesa cattolica nella popolazione degli Svevi [2]. Della vita precedente di Martino, sappiamo solo che era nato in Pannonia (nel 515-520), parte della quale è ora l'Ungheria, e che era stato educato in Oriente, dove il greco era la lingua comune. La sua formazione come monaco fu basata sul modello degli asceti nel deserto egiziano, ma si rese conto che una vita così severa non poteva essere seguita dalla mentalità religiosa degli iberici e così diminuì la severità delle regolamentazioni monastiche, proprio come Cassiano aveva adattato il modo di vivere degli orientale per i Galli.

Gli Svevi nella Spagna nordoccidentale erano stati a lungo politicamente indipendenti dai Visigoti, ma il cattolicesimo nel loro territorio era per lo più dominato dall'eresia priscilliana [3]. Si riferisce che un re ricevette il battesimo cristiano nel 448 [4], ma ciò ebbe scarso effetto sugli affari religiosi del suo regno. Profuturo fu vescovo di Braga nel 538 ed abbiamo una lettera, indirizzatagli da papa Vigilio, dalla quale sappiamo il modo in cui, poco prima dell'arrivo di Martino, aveva agito per raggiungere degli enormi progressi nell'evangelizzazione della regione. Martino si stabilì prima a Dumio, a poca distanza dalla capitale Braga, dove fondò un monastero e dove fu nominato vescovo il 5 aprile 556. Solo due anni dopo in quel luogo fu dedicata una nuova basilica in onore dell'omonimo di Martino, San Martino di Tours. Martino di Dumio mise la firma del suo nome al terzo posto tra gli otto vescovi che furono presenti al Primo Concilio di Braga nel maggio del 561. Il priscillianesimo fu energicamente attaccato nel verbale di questo Concilio.

Quando il secondo Concilio di Braga si riunì nel giugno del 572, Martino era diventato, durante questo periodo di undici anni, il vescovo metropolitano delle province della chiesa di Braga e Lugo e probabilmente era a capo sia di Braga che di Dumio. Al Concilio parteciparono sei vescovi di Braga e sei di Lugo.

L'influenza diretta di Martino su questo Concilio è dimostrata da molti dei canoni, adattati da quelli delle chiese orientali, e da una speciale collezione di canoni realizzati in questa occasione, per lo più tradotti dal greco. Martino aveva ancora davanti a sé nove anni di lavoro, poiché la sua morte è registrata nel breviario di Braga il 20 marzo del 579.

Non c'è alcun indizio in nessuna delle opere superstiti di Martino di un imminente disastro politico; tuttavia, nel 583 gli Svevi avevano completamente perso la loro indipendenza dai Visigoti e per un breve periodo la chiesa dominante fu ariana, fino a quando il re visigoto Leovigildo, alla sua morte nel 586, avrebbe adottato la fede cattolica, che trasmise al suo figlio. Questi eventi sembrano non aver ostacolato l'influenza di Martino di Braga negli anni successivi. I suoi scritti su vari argomenti furono, come vedremo, ampiamente diffusi in molte parti d'Europa e la sua influenza fu avvertita anche nella Chiesa della Spagna. Le opere di San Martino di Braga, qui elencate, sono in ordine cronologico, per quanto si possa stabilire.

 

Detti dei Padri Egiziani

Tra i libri che Martino portò con sé nel viaggio dall'Oriente alla penisola Iberica, uno era certamente un manoscritto in greco contenente una raccolta degli aneddoti dei monaci ascetici d'Egitto. Era una collezione molto ampia e apparentemente organizzata per argomenti in libri e capitoli, in forma molto simile a quella tradotta in latino da Pelagio e da Giovanni il Diacono e pubblicata come Libri V e VI della Vitae Patrum [5].

Poiché Martino sembra non aver mai scritto una Regola di condotta religiosa per i suoi monaci a Dumio, questo materiale potrebbe aver preso il posto di tali precetti formali. Certamente, l'opera era nota ai monaci, perché prima del 556 una parte estesa, probabilmente l'intero manoscritto, era stata tradotta dal monaco Pascasio, a cui Martino aveva insegnato il greco. Un po' più tardi, Martino fece una propria traduzione, composta da 109 selezioni molto brevi, tutte intese a servire come istruzione morale. Molti degli aneddoti affascinanti della vita nel deserto egiziano sono stati omessi per enfatizzare l'etica che hanno illustrato, ed un gran numero di selezioni contiene solo una singola affermazione di natura sentenziosa. È interessante notare che la traduzione di Martino è abbastanza letterale, impiega un latino di tipo colloquiale ed anche occasionalmente introduce idiomi che sono greci.

 

Le altre opere.

- Pro repellenda jactantia (Per respingere la vanità) e De superbia (La superbia): sono tratti dall'elenco degli otto vizi capitali elaborati da Giovanni Cassiano.

- Exhortatio humilitatis (Esortazione all''umiltà): indirizzata ai monaci di Dumio.

- (561) Primo Concilio di Braga.

- (572) Secondo Concilio di Braga.

- (572) Canoni di San Martino: aggiunti al testo del Secondo Concilio. Questa è una raccolta di ottantaquattro canoni della Chiesa orientale tradotti da Martino dalla lingua greca ed egiziana. L'opera è divisa in due parti: la prima tratta dell'ordinazione e dei doveri dei chierici; la seconda dei diritti e dei doveri dei laici.

- De ira (L'ira): adattato anche da un'opera di Seneca.

- De correctione rusticorum (La correzione dei campagnoli): affronta i problemi dell'evangelizzazione nel paese.

- Formula vitae honestae, o De differentis quatuor virtutum vitae honestae (Regole per una vita onesta o sulle quattro virtù cardinali): indirizzata a Miro, re degli Svevi. Dalle sue somiglianze con altre opere di Seneca, si ritiene che Martino abbia adattato il suo lavoro a una scrittura perduta di Seneca.

- De trina mersione (La tripla immersione): indirizzata al vescovo Bonifacio, di cui si sa poco se non che risiedeva nell'Iberia visigota del VI secolo. Nella sua lettera, Martino denuncia la pratica ariana di eseguire il battesimo nei tre nomi della Trinità. Martino insiste che la pratica corretta è quella di eseguire una triplice immersione nel nome singolo della Trinità.

- De Pascha (La data della Pasqua): è la spiegazione di Martino su come calcolare la data della Pasqua. Secondo Martino, la Pasqua può essere osservata non prima del 22 marzo e non oltre il 21 aprile, e la data può essere annunciata durante l'Avvento in modo che la gente possa sapere quando inizia la Quaresima.

 

- Poemi: solo tre poemi di Martino sono conservati dalla storia. Uno è un'iscrizioni per una basilica e l'altro per un refettorio. Il terzo è un epitaffio di sei righe sulla vita di Martino stesso.

 


[1] Ndt. La traduzione della biografia di Martino e dell'introduzione ai Detti dei Padri è quasi letterale, mentre le note sono del traduttore. Anche il sunto delle altre opere è mio. Il testo originale è inoltre completo di consistenti note sulle fonti utilizzate.

[2] Gli Svevi o Suebi furono un popolo germanico proveniente dall'area del Mar Baltico. Un gruppo di svevi alleatosi con vandali e alani calò sulla penisola iberica nel 407 d.C.; quattro anni dopo si erano già insediati nel Portogallo settentrionale e in Galizia; entro il 452 erano in Castiglia. Convertitisi al cristianesimo, governarono su quelle regioni fino al 469, quando furono assimilati dai visigoti.

[3] Priscilliano era nato nei dintorni di Cordova nel 340 e fu decapitato a Treviri nel 385. In particolare, Priscilliano negava la Trinità, considerava Cristo, gli angeli e l'anima come emanazioni gnostiche, attribuiva al demonio la formazione dei corpi, considerava libera l'unione tra uomo e donna e quindi superfluo il matrimonio. La sua eresia si diffuse rapidamente in Spagna. Fu condannato dai papi S. Damaso e S. Siricio. L'imperatore Massimo lo condannò a morte insieme a molti suoi complici in Treviri. S. Martino di Tours cercò invano di liberarlo.

[4] Il re degli Svevi Rechiario si convertì al cattolicesimo nel 448, ma le sconfitte subite ad opera dei Visigoti fra il 455 e il 456 spinsero la nobiltà sveva nuovamente verso la fede ariana, Cf. L.A. Garcìa Moreno, La conversion des Suèves, in M. Rouché (a c. di), Clovis. Histoire et mémoire, I. Le baptême de Clovis, l’événement, Paris 1997, pp. 199-216.

[5] A partire dalla fine del IV sec. gli insegnamenti dei Padri del deserto egiziano, provocati solitamente dalle domande poste dai loro discepoli, iniziarono ad essere scritti ed ordinati in diversi tipi di raccolte: la serie alfabetica, la serie anonima e la serie sistematica. Il fatto che uno stesso aneddoto, con lievi varianti, può trovarsi ripreso in più d’una di queste serie, unito alla presenza di molteplici versioni (siriaca, copta, armena, georgiana e, ovviamente, greca), variamente fra loro contaminate, rende assai arduo ricostruire la storia della tradizione di questi testi. La prima testimonianza scritta dei detti sembra risalire alla fine del IV secolo d.C. Due versioni del V secolo, la Collectio Monastica , scritta in Etiopia , e l' Asceticon di Abba Isaia , scritte in greco, mostrano come la tradizione orale divenne la raccolta scritta. Sappiamo, in ogni caso, che una collezione parziale di detti e aneddoti dei Padri del deserto (la cosiddetta "serie sistematica latina") circolava a Roma già intorno alla metà del VI sec., tradotta dai diaconi romani (poi divenuti entrambi papi) Pelagio e Giovanni, e nota con il titolo di Vitae patrum o Verba seniorum. Seguirono poi altre traduzioni, come quelle di Pascasio e di Martino di Braga, di cui si parla.

 


Ritorno alla pagina su "Martino di Braga"

Ritorno alla pagina iniziale "Regole monastiche e conventuali"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


19 giugno 2018        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net