Dall'età barocca alla Rivoluzione francese

di Gregorio Penco O.S.B.

Estratto dal libro "Il monachesimo" – Mondadori


Omissis...

 

Il clima generale del tempo stimolò un'intensa applicazione agli studi di erudizione che vide i monaci, come del resto i membri di tanti altri ordini religiosi, impegnati nel campo delle lettere e delle scienze, dalla storiografia alla matematica, dalla fisica all'astronomia. Biblioteche e musei, collezioni e pinacoteche conobbero in questi secoli uno sviluppo straordinario. Specialmente per i monasteri maggiori fu questa l'epoca d'oro della loro attività culturale, quando vi si accorreva da tutta Europa per consultarne biblioteche e archivi. La Congregazione cassinese può vantare uomini come don Benedetto Bacchini, erudito e maestro del Muratori, e don Benedetto Castelli, astronomo e discepolo di Galilei, suo difensore nel processo del 1633. Nel campo dell'erudizione vanno segnalati almeno don Mariano Armellini e il cardinale Angelo Maria Querini vescovo di Brescia. Tra i cistercensi un posto di rilievo occupò la congregazione portoghese di Alcobaça i cui monaci diedero nel Seicento un contributo rilevante alle scienze storiche. Nel 1682 i benedettini austriaci, coadiuvati da quelli bavaresi, fondavano l'università di Salisburgo che godette per due secoli di grande prestigio.

In pressoché tutte le congregazioni gli studi furono in piena fioritura, soprattutto nel campo dell'erudizione storica e delle scienze naturali dove spesso i monaci svolsero opera di pionieri. Quanto allo studio della tradizione, il mondo monastico non faceva che adeguarsi alle esigenze dei tempi e ai bisogni della Chiesa, la quale richiedeva che alle negazioni dei protestanti si opponessero la rivendicazione e l'affermazione della tradizione cattolica nei vari settori della vita ecclesiale: liturgia, culto dei santi, storia delle dottrine e delle istituzioni. Se tale esigenza trovava un'adeguata risposta anche presso i rappresentanti di molti ordini religiosi e del clero secolare, fu proprio negli ambienti monastici che avrebbe prodotto il suo frutto più maturo e significativo con la Congregazione benedettina francese di san Mauro o dei maurini, qualcosa di unico nella storia degli istituti religiosi di tutti i tempi.

 

 Maurini, trappisti, mechitaristi.

Nella Francia del grand siècle il monachesimo, con le correnti e riforme cui diede origine, rivisse una straordinaria stagione. Il movimento di rinascita monastica post-tridentina si era già espresso in terra francese con la fondazione di una congregazione monastica, la Congregazione di saint Vanne di Verdun, i cui fondatori, rimasti vivamente impressionati durante un viaggio in Italia dalla regolarità di vita riscontrata a Montecassino, decisero di adottarne le costituzioni. Tale congregazione varcò presto le frontiere della sua patria d'origine, la Lorena, e annoverò tra i suoi membri eruditi come Agostino Calmet, valente esegeta e autore di un commento alla Regola di san Benedetto tuttora apprezzato. La sua espansione in altre regioni della Francia suggerì il proposito di dar vita a una nuova congregazione, quella di san Mauro, che deve la sua origine, nel 1621, all'opera di dom Gregorio Tarrisse (dom, abbreviazione di dominus, è l'appellativo usato dai monaci francesi). La Congregazione dei maurini conobbe un rapido sviluppo, fu divisa in sei province, annoverò 191 monasteri. Era retta da una legislazione molto prudente ed equilibrata, che associava all'impegno spirituale e liturgico quello intellettuale. La vita ascetica era seria ed esigente, spinta fino a un certo rigorismo penitenziale. Dom Tarrisse godette in Francia di grande prestigio ed esercitò un ruolo decisivo nella formazione spirituale di Jean-Jacques Olier, il grande autore ascetico del Seicento francese, ma soprattutto impresse uno sviluppo straordinario all'organizzazione degli studi ecclesiastici e monastici della sua congregazione con un programma preciso in fatto di corsi, biblioteche, lavori compiuti in comune. Il quartier generale di questa immensa operosità intellettuale, ammirata da tutto il mondo dei dotti, era l'abbazia parigina di Saint-Germain-des-Prés.

Questa applicazione così massiccia e programmata nel campo degli studi non mancò di sollevare critiche presso i sostenitori di concezioni monastiche diverse. E' il caso del fondatore dei trappisti, il famoso e focoso abate Rancé che compose al riguardo uno scritto polemico. Per incarico dei superiori, gli rispose il più illustre di tutti i monaci maurini, Jean Mabillon, con il suo Trattato sugli studi monastici (1691). Va osservato che, ai fini propriamente spirituali, le considerazioni di Rancé erano più fondate in quanto rivolte alla formazione spirituale dei monaci e al compito loro spettante nella vita della Chiesa, mentre le indicazioni di Mabillon riguardavano specificamente l'ambito intellettuale. La polemica terminò con l'incontro e la rappacificazione dei due grandi monaci, ma sancì la presenza di diversi orientamenti nel mondo monastico del tempo, destinati a ripresentarsi nel periodo successivo.

Sarebbe troppo lungo enumerare tutte le opere edite dai maurini, ma vanno almeno ricordate le grandi edizioni, spesso insuperate, dei padri della Chiesa - prima fra tutte per l'importanza intrinseca e per i dibattiti dottrinali che sollevò l'edizione di sant'Agostino - poi confluite nell'Ottocento nelle due Patrologie del Migne; occorre menzionare anche la Gallia christiana in 13 volumi, gli Acta Sanctorum Ordinis Sancti Benedicti in 9 volumi, gli Annales Ordinis Sancti Benedicti in 6 volumi, l'Histoire littéraire de la France, continuata in seguito a opera delle pubbliche istituzioni. Anche dal punto di vista delle discipline ausiliarie i maurini lasciarono nei vari settori una traccia profonda: con il suo trattato De re diplomatica del 1681 il Mabillon gettava le basi dell'odierna critica storica al punto che il libro è stato definito una pietra miliare nella storia dello spirito umano. Certo, come nei maurini non compare più la visione provvidenzialistica della storiografia medievale basata sulla considerazione della historia salutis, così non figura ancora quello sforzo di ricostruzione storica di vasto respiro proprio della storiografia moderna. I maurini raccolsero fonti e pubblicarono testi, e i materiali da loro apprestati conservano nella maggioranza dei casi tutto il loro valore rendendo possibile quelle sintesi che erano allora premature.

L'ideale erudito dei maurini si diffuse in tutta l'Europa influendo sensibilmente anche sull'attività culturale dei monasteri austriaci e tedeschi e assicurando al cattolicesimo francese un primato indiscusso nel campo dell'erudizione sacra. Molto andò disperso nelle vicende della Rivoluzione francese, ma molto rimane ancora inedito. E che questa così accentuata preoccupazione intellettuale non avesse compromesso nei maurini il genuino spirito religioso lo si vide allorché, scoppiata la Rivoluzione francese, il loro superiore generale con quaranta monaci, veri confessori della fede affrontò serenamente il supplizio della ghigliottina. Dopo la Rivoluzione la Congregazione di san Mauro non risorse più, ma l'ideale di una comunità monastica dedicata agli studi di erudizione relativi alla tradizione della Chiesa esercitò un fascino profondo sul restauratore del monachesimo in Francia, l'abate Guéranger.

 

Anche in seno all'Ordine cistercense operavano in quest'epoca numerosi fermenti di rinnovamento. Sorsero movimenti di riforma - la Stretta Osservanza sopra ricordata - che trovarono la loro espressione più significativa nella corrente della Trappa. Già preceduta da qualche tentativo del genere, essa deve la sua origine al celebre abate Armand La Bouthillier de Rancé († 1700). Nato a Parigi nel 1626, egli aveva compiuto un ottimo corso di studi in cui aveva avuto come compagno Bossuet. Dopo una giovinezza un po' fatua, si era convertito e aveva deciso di ridar vita a un monastero di cui era abate commendatario, il monastero della Trappa, nel Perche. Allo scopo vi fece venire alcuni monaci, esponenti della Stretta Osservanza, dall'abbazia di Perseigne, dove egli stesso compì il suo noviziato, emise la professione e ricevette la benedizione abbaziale (1664). Se nella lotta tra le diverse osservanze dell'Ordine cistercense il cardinale Richelieu era stato eletto abate di Citeaux (1635), la costituzione In Suprema di Alessandro VII del 1666 riconosceva ufficialmente la Stretta Osservanza, formata ormai da 40 monasteri. Uno dei suoi principi basilari era l'astinenza perpetua dalle carni. Di fatto Rancé accentuò tale carattere di austerità nel vitto, nell'orario degli uffici, nell'ambiente di riposo con la durezza dei giacigli, nella pratica del silenzio, ne lavoro manuale, nelle umiliazioni volontarie. In tal modo il distacco reale dagli altri rami dell'Ordine cistercense cresceva sempre più, benché giuridicamente l'ordine fosse ancora uno solo sotto un solo abate generale.

Il movimento della Trappa, nonostante il suo accentuato indirizzo rigoristico, riscosse ampi consensi nell'opinione pubblica e suscitò l'ammirazione di tutta una società la quale riscopriva in tal modo alcuni dei valori più profondi della vita cristiana. I postulanti accorsero in gran numero ma Rancé non volle diventare il capo di una nuova congregazione monastica, tanto che tutte le fondazioni trappiste sono posteriori alla sua morte. Nelle turbolente vicende della Rivoluzione francese a tale corrente risale il merito di aver promosso l'ulteriore diffusione dell'Ordine cistercense in vari paesi. In quelle circostanze, infatti, il maestro dei novizi della Trappa, dom Agostino de Lestrange, nel 1790 cercava rifugio con 24 monaci nella certosa svizzera della Val Sainte. Costretto a fuggire anche di lì, insieme con numerosi giovani oblati dell'ordine percorse a piedi e su carri quasi tutta l'Europa centrale, giunse poi in Russia e approdò infine in America. Egli praticò e prescrisse un'ascesi ancora più severa di quella imposta dall'abate Rancé, ma il suo nome è legato specialmente a quella che è stata chiamata l'Odissea monastica del XIX secolo, premessa per l'ulteriore espansione della corrente della Trappa nell'epoca contemporanea.

 

Una diffusione molto più limitata, dovuta alla peculiarità della sua origine e della sua tradizione, ottenne un'altra congregazione monastica sorta in questo periodo, quella dei mechitaristi. Il suo fondatore, il Venerabile Pietro Mechitar, era un armeno che, nato nel 1676, aveva ricevuto un'accurata formazione teologica e ascetica in Oriente. Per propagare la fede cattolica nell'Armenia sottoposta ai musulmani, fondò a Costantinopoli una piccola comunità monastica, poi trasferita nei domini veneziani in Grecia. A causa della guerra greco-turca, nel 1715 tale comunità fu costretta a trasferirsi a Venezia, dove il governo veneziano le concesse l'isola di San Lazzaro nella quale i monaci mechitaristi, che avevano adottato nel frattempo la Regola di san Benedetto, risiedono tuttora. Nell'isola di San Lazzaro i monaci mechitaristi realizzarono un attivissimo focolaio di cultura e di spiritualità armena, divulgando l'importante patrimonio della loro letteratura religiosa con edizioni di alto livello scientifico. Divisi in due congregazioni, di Venezia e di Vienna, i mechitaristi contribuiscono oggi con i loro collegi all'educazione cristiana dei numerosi armeni sparsi in Occidente.

 

Omissis...

 


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net